Continuano le conferenze stampa del Presidente del Consiglio e continua la confusione tra i cittadini agli arresti domiciliari
Nonostante tutto gli italiani premiano Conte
Ascolto sempre, da cittadino osservante, gli annunci delle Autorità che governano le sorti del nostro Paese e lo faccio con lo spirito di chi cerca di ricavarne il contenuto istituzionale che essi contengono nel tentativo, a volte arduo, di separare quello che annunciano rispetto alla demagogia di cui sono spesso spudoratamente infarciti. E’ passato ormai qualche giorno dai 42 minuti di conferenza che il Presidente del Consiglio Conte del 26 aprile ha voluto infliggere al Popolo Italiano e, purtroppo, sono costretto ad accodarmi al coro di critiche che essa ha generato. Debbo ammettere che ho dovuto fare uno sforzo per ascoltarla fino in fondo e ciò non solo per la vaghezza di ciò che enunciava ma principalmente per il modo con cui venivano impartite, al popolo di Cittadini agli arresti domiciliari, le modalità di comportamento della cosiddetta fase due che, poi si rivelerà, per molti aspetti una fase uno bis. Chi non fosse disposto a considerare questa pagina della nostra storia come drammatica e difficile da gestire sarebbe un incosciente. Che il Presidente del Consiglio si trovi a confronto con una difficile gatta da pelare è fuori di discussione; quello che mi sento di mettere in dubbio sono le sue capacità di gestire la situazione nel modo adeguato alla sua gravità. Torniamo al concreto della conferenza-comizio del 26 aprile della quale i ringraziamenti, gli autoincensamenti e gli inutili salamelecchi, hanno occupato almeno un quarto del tempo. Nessuno ha insegnato al Presidente che i bollettini di guerra non sono di quelli che prepara un casalino qualunque ma sono comunicati stringati, sintetici ed estremamente chiari: insomma, un’altra cosa. Ma una domanda turba le mie notti insonni passate al termine di una giornata di fronte allo schermo di un computer: il Presidente ha speso qualche minuto iniziale della sua allocuzione a lodare coloro che avevano fatto lo studio “strutturato”, “completo” “estremamente efficace” di cui si stava apprestando a fare la sintesi e poi ha enunciato che quello studio era tanto eccezionale che dall’estero gliene avevano già chiesto una copia. Dopo averne ascoltato le linee essenziali e le logiche che ne guidano i contenuti vorrei sapere chi sono quegli “statisti” esteri che ne hanno chiesto un copia per domandare loro che cosa ne avrebbero fatto. Ripeto che so benissimo che la situazione è grave e difficile ma è proprio questa la ragione di una critica che non può che essere costruttiva visto che riguarda la salute di tutti ed anche quella “vulnerabile” del sottoscritto . Per dare un segno concreto del mio tentativo alla oggettività non sparerò alla Croce Rossa e non parlerò del rebus “congiunti” e nemmeno di “funerali con 15 partecipanti” ed eviterò anche di alludere allo scivolone del Presidente pronto a riconsiderare la celebrazione delle messe dopo un’ora e la bacchettata sulla punte delle dita della CEI. Quello che ho trovato estremamente irritante è stato il linguaggio da sedia gestatoria con i “concediamo”, “non è concesso”, “è concesso” che precedevano ogni norma di comportamento. Mi permetto di dire al Presidente che, non so che ne pensino i suoi accoliti e le migliaia di consulenti di cui dispone, ma lui a me non “concede” niente di quanto attiene alla mia libertà individuale che mi è già “concessa” dalla mia Costituzione e, prima ancora, dalla mia natura di uomo libero. Le istruzioni che vengono date “in tempo di guerra” non devono essere arzigogolate, non devono essere contraddittorie ma, innanzi tutto, devono essere logiche affinché vengano introitate da coloro che devono applicarle in modo naturale e rammentate con facilità in quanto conseguenti ad atti ordinari. Non mi chiederò perché sono aperti i negozi per bambini e le” librerie” (sic!) e le edicole (“presidio essenziale delle democrazia” del 21 secolo) e le rivendite di sigarette elettroniche e di tabacchi e di cialde di caffè e sono chiusi i negozi di pizzeria al taglio oppure i fioristi o le agenzie immobiliari. Ma mi domando perché anziani e bambini che stanno soffocando nel chiuso di un bilocale a piazza Bologna non possano andare a respirare nel giardino della loro villetta nei Castelli Romani e ritengo demenziale impedire ad adulti e bambini di poter andare a passeggiare nel prato, nel bosco o nella spiaggia che si trovano nella zona in cui abitano. E non mi posso non domandare una cosa che ritengo abbia anche un certo fondamento scientifico. Un epidemia non rispetta, o almeno lo fa, in condizioni normali, in modo quasi insignificante, la logica dei confini geografici. L’esperienza acquisita ci fa dire con certezza ormai che essa si muove, e va quindi controllata, attraverso i cluster che ne manifestano l’espansione e quindi in “distretti epidemici”. Ed allora un’altra domanda è: perché considerare alla stressa stregua distretti epidemici a contagio 100 e distretti epidemici a contagio 5? Il caos che regna a livello amministrativo è sotto gli occhi di tutti ed esso è anche figlio della illogicità mal digerita da parte di chi deve pagarne il prezzo. “Concedere” di alimentare il corpo e “non concedere” di alimentare lo spirito, anche se lo si può fare a rischio zero nel fresco di una chiesa, non è solo incapacità a comprendere i bisogni ma diventa arroganza e sudditanza cieca a quella scienza che, anche se ha il diritto di prevalere quando c’è un epidemia, non deve mai uccidere la politica e la logica. Molti italiani sono alla frutta e non c’è nessuna speranza del dolce e un capo supremo deve decidere e dare ordini e non affidarsi agli “atti d’amore” delle banche. Nonostante tutto gli Italiani premiano il Presidente del Consiglio col 54% di gradimento. E’ tipico del popolo in caso di pericolo: verrà il momento in cui si dovranno fare i conti. Sir Winston Churchill non fu nemmeno rieletto dagli inglesi: e lui la guerra l’aveva vinta.
Sergio Franchi