Il Litorale • 18/2020
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Anche se Gregorio I Magno (590-610) è ritenuto il fonda-
tore del Potere Temporale dei Papi, la nascita di una effetti-
va sovranità territoriale del Pontefice Romano, ufficial-
mente riconosciuta, risale al 728 con la donazione di Sutri
da parte del Re longobardo Liutprando a Gregorio II (715-
731).
ANNO XX - N° 18 - 16/31 OTTOBRE 2020 Il Litorale Pag. 27
S i m p o s i o
LIBERO INCONTRO ARTISTICO CULTURALE
ROMA CAPITALE D’ITALIA
Fine del potere temporale papale
2ª parte
di Francesco Bonanni
altri termini, «libertà positiva». Occorre ribadire un concet-
to, fondamentale contro certe tendenze falsamente demo-
cratiche: che condizione per il raggiungimento della libertà
positiva, cioè di un regime di vera e non illusoria «autono-
mia», è una situazione di libertà come non-impedimento,
che permetta agli uomini di pensare, di discutere, di giudi-
care liberamente; una situazione che li ponga in grado di
scegliere liberamente i propri capi, convalidando col pro-
prio consenso il potere di quelle vere e non illusorie élites,
che per essere tali devono accettare di continuamente «pro-
porsi» invece di «imporsi» una volta per tutte. Ma perché
ciò avvenga occorre che sia assicurato nello Stato il libero
gioco delle forse politiche (che non è possibile senza il ri-
spetto delle opinioni individuali), che sia garantita alle mi-
noranze la possibilità di trasformarsi in maggioranza; oc-
corre infine e soprattutto che alle decisioni di questa non
venga attribuito altro che un valore «prammatico» (ricor-
dando che, come dice un proverbio inglese, la ragione per
cui si contestano le teste è più semplice contarle che ta-
gliarle), mai un valore assoluto, che implichi sottostare ad
esse come ad una verità indiscutibile e definitiva. Per tutte
queste ragioni, la democrazia ugualitaria non va confusa
con un’altra e ben diversa forma di democrazia, che può
essere designata «democrazia totalitaria» e che costituisce
una minaccia ben più grave e radicale a quell’idea di liber-
tà sulla quale storicamente si è fondato lo Stato moderno.
La legittimità democratica non può nascere che a un patto:
che al potere liberamente consentito sia assegnato come fi-
ne la libertà.
L’idea di libertà non ha bisogno di essere di nuovo inventa-
ta. Essa ha bisogno di essere di nuovo insegnata e di nuovo
rivendicata. Per difendere e rafforzare la libertà occorre
l’opera di tutti.
«Misero quel paese – ha scritto Gaetano Salvemini – in cui
la fede nella libertà è monopolio di un solo partito». So-
prattutto in momenti difficili come quelli che viviamo, so-
no necessarie l’unione e la compattezza di tutti i democra-
tici per evitare che intrighi di governo, maneggi di chiese o
assalti di reazionari prevalgano sulle libere forze che ten-
dono a un civile progresso.
Per la I, II, III, IV e V parte vedi Il Litorale
di metà giugno, agosto, metà settembre, ottobre 2020
L’Italia divisa tra longobardi e bizantini alla morte di Liut-
prando (712-744) La diocesi di Roma fa parte dei territori bi-
zantini
Christine istruisce
quattro uomini
part. miniatura
del 1410-1414c.-
The Queen
Manuscript
Difficili rapporti tra il Papato e i Sovrani longobardi
Quando Liutprando nel 739 cinse d’assedio la città di Ro-
ma Papa Gregorio III chiese aiuto a Carlo Martello, all’e-
poca Maestro di Palazzo del Re di Francia appartenente al-
la Dinastia dei cosiddetti Re Fannulloni (1). Così l’inter-
vento di Carlo Martello, anche se solo diplomatico, indusse
Liutprando a desistere dai suoi propositi bellicosi. Ma i
rapporti conflittuali con i Longobardi continuarono.
Nella Primavera del 743 Papa Zaccaria incontrò a Terni
Liutprando al quale chiese, ottenendola, la restituzione, per
“Donationis Titulo”, di quattro città da lui occupate (Ninfa,
Norma, Palestrina e Vetralla) nonché di una parte dei terri-
tori di proprietà della Chiesa situati in Sabina, che trent’an-
ni prima erano stati sottratti dai longobardi Duchi di Spole-
to. Infine Zaccaria fu il primo Pontefice che si rifiutò di
chiedere all’Imperatore la conferma della sua elezione, co-
me era ormai cosuetudine consolidata sin dall’epoca di Bo-
nifacio V.
1) RE FANNULLONI: appellativo attribuito ai Sovrani Franchi
appartenenti alla Dinastia dei Merovingi a significare il periodo di
decadenza che si verificò dalla morte di DagobertoI fino al 731,
quando Childerico III fu dtronizzato da Pipino il Breve.
superiorità naturale degli uomini, giustificando così il ruo-
lo subalterno delle donne nella società, nella politica, nella
cultura e nella famiglia.
Aumenta l’autonomia del Vescovo di Roma
Le ragioni sono state dette la volta scorsa.
Con la caduta dell’Esarcato, l’autonomia del Vescovo di
Roma aumentò in notevole misura in seguito alla fine del
Potere Imperiale che provocò in Occidente la scomparsa
del Senato e del Praefectus Urbis.
Il conseguente ampliamento delle prerogative del Vescovo
di Roma comportò una serie di nuove funzioni da svolgere:
1 - la creazione di una Milizia Locale per la difesa dell’Ur-
be.
2 - l’elezione del Vescovo di Roma che prima era attribuita
al Clero, alla Milizia e al Populus, rappresentato dai capi
delle Grandi Famiglie ed era sottoposta all’approvazione
dell’Imperatore che aveva mantenuto le prerogative di
“Pontifex Maximus”, come in epoca pagana.
L’Imperatore, infatti, concentrava nella sua persona oltre
che il Potere Militare e Politico anche quello Religioso sin
dall’epoca di Costantino.
Proprio in virtù di tale “Potestas Religiosa” egli poteva in-
terferire in tutte le attività della Chiesa, comprese le que-
stioni dogmatiche.
366 – 384 per la prima volta il primato va al Pontefice.
È il papa siriano Damaso che lo afferma: un primato che
comprende tutte le altre Sedi Patriarcali.
Tradizione antica quella di Pontefice.
Figura che risale all’antica Roma. Il Pontefice era un Sa-
cerdote della Religione Romana il cui Collegio (Collegium
Pontificum), secondo la Tradizione, fu istituito da Numa
Pompilio, il secondo Re di Roma.
Pontifex, in latino, deriva da “pontem facere”, cioè co-
struttore di ponti con un evidente significato metaforico di
ponte tra la Divinità e i comuni mortali.
Nel Cattolicesimo il Pontefice sarà chiamato Papa:
1 - in occasioni di incontri con il popolo dei fedeli come ad
esempio quando viene annunciato l’elezione di un nuovo
Pontefice con la nota formula: “Nuntio vobis gaudium ma-
gnum, habemus Papam”.
2 - Nei documenti solenni è il termine Pontefice ad essere
sempre usato.
3 - Dal punto di vista storico-etimologico il termine Papa
già esisteva nella lingua greca. Il vocabolario greco la defi-
nisce “parola onomatopeica” che significa padre, in senso
familiare e quindi affettuoso.
Nei primi secoli del Cristianesimo
il termine fu usato per rivolgersi ai membri del Clero e so-
prattutto ai Vescovi e ancor oggi il Patriarca Copto di Ales-
sandria di Egitto è chiamato Papa.
Verso il secolo IX-X, nella Chiesa Cattolica Romana è di-
ventato titolo esclusivo del Vescovo di Roma.
SCRITTURA AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
QUERELLE DES FEMMES:
Querelle del femminismo,
dibattito/polemica femminista,
discussione di genere. /1
di Ivana Moser
La Querelle des Femmes, ossia il dibattito/polemica lega-
to ai meriti e alla dignità delle donne, sarà oggetto di alcuni
articoli di questa rubrica (origine, aspetti generali, tradizio-
ne letteraria in Italia).
Creazione concettuale del Novecento, la Querelle des Fem-
mes riaccende l’interesse della storiografia, dopo i primi
approcci negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso,
negli anni Novanta, in connessione con la rielaborazione
del concetto di femminismo e con l’intento/desiderio di
cercare un senso all’interno della storia per una migliore e
più equa interpretazione del presente. Diventa così un sin-
golare fatto storico, un fenomeno che ancora necessita di
interpretazione e perciò, in quanto tale, l’interesse per la
Querelle des Femmes continua a essere di piena attualità.
Aspetti generali
Il complesso e lungo fenomeno storico della Querelle des
Femmes, che ha per oggetto l’interpretazione e la valuta-
zione dei sessi e delle loro relazioni sociali, si sviluppa in
gran parte dell’Occidente europeo e dura diversi secoli, co-
minciando dalla fine del Medioevo, sviluppandosi in modo
considerevole con l’Umanesimo e prolungandosi fino al
XVIII secolo. Si tratta di un dibattito/polemica che si espri-
me in particolare con la parola, che coinvolge donne e uo-
mini dei circoli intellettuali e politici dell’epoca e si mani-
festa pubblicamente sotto forma di discussioni e soprattut-
to di testi scritti. Va detto che l’intento di molti autori è
quello di dimostrare l’inferiorità naturale delle donne e la
Il perché dell’appellativo francese
L’episodio più celebre, considerato il primo dibattito let-
terario, si verifica in Francia, dove la scrittrice francese
di origini italiane Christine de Pizan (1365-1430), la
prima donna che fa della scrittura il suo mestiere, scatena
un dibattito/polemica pubblico sull’opera Roman de la
Rose di Jean de Meun, denunciando le ingiurie e la sva-
lutazione del sesso femminile presenti nell’opera, “vera e
propria enciclopedia della misoginia medievale”. Nel di-
battito vengono coinvolte molte figure del primo umane-
simo francese, laici e religiosi, intellettuali e uomini poli-
tici di prestigio e presto il dibattito si allontana dall’origi-
nario oggetto di disputa per focalizzarsi più in generale
sul valore e sulla dignità delle donne.
In breve, il Roman de la Rose è un poema allegorico che
si inserisce nella tradizione dell’amor cortese scritto in-
torno al 1255 da Guillaume de Lorris, “completato” poi
(aggiunta di una seconda parte completamente differente
dalla prima tra il 1275 e il 1280) da Jean de Meun. Al-
l’originale di Guillaume de Lorris, scritto con grazia e
pudore e che termina prima che avvenga l'unione amoro-
sa con la Rosa, allegoria del sesso femminile, si contrap-
pone l’aggiunta di Jean de Meun che narra la conquista
della Rosa in tono sfrontato e dissacrante, risultando for-
temente e apertamente misogina e misogama.
Alcuni esempi: “[…] Le donne, in verità, sono quasi tutte
avide di prendere e ingorde d’arraffare e di divorare […],
[…] spendono troppo per i vestiti, si truccano e si curano
per vedere, per essere vedute, per stimolare nei compagni
il desiderio di giacere con loro […], […] certo, se voglia-
mo dire la verità, le donne arrecano gran vergogna a Dio,
come pazze e forsennate,
quando non si considera-
no paghe della bellezza
che Dio dona loro […],
[…] Siete, siete state e
sarete tutte puttane, nei
fatti o nelle intenzioni!
[…], […] quando tenete
i vostri amanti fra le
braccia in faccia vi dico-
no che vi amano, e die-
tro le spalle vi danno
della puttana, e dicono
tutto il peggio che viene
loro in mente, quando
sono fra di loro […], […
] Signori cari, guardatevi
dalle donne, se vi pre-
mono i vostri corpi e le
vostre anime […].
Christine de Pizan prende pubblicamente la parola e la
penna contro il contenuto del completamento di tale ope-
ra, suscitando dure reazioni e critiche. Dinanzi alla di-
mensione estremamente aggressiva assunta dalla polemi-
ca, Christine decide di riunire in un dossier tutte le lettere
e i documenti scambiati in quella prima fase della discus-
sione, Epistres sur le Roman de la Rose, e nel 1402 ne in-
via un esemplare a Isabella di Baviera, regina di Francia,
e a Guillaume Tignonville, vescovo di Parigi. Con questo
gesto la scrittrice coinvolge i poteri della città (civile e
religioso), trasformando il dibattito in una questione pub-
blica.
Dopo l’intervento di Christine de Pizan, la Querelle di-
viene popolare e si estende ampiamente in tutto l’Occi-
dente europeo. Il dibattito/polemica abbandona l’oggetto
primario (opera di Jean de Meun) e si apre alla partecipa-
zione di donne e uomini di altri luoghi e di altri contesti,
che discutono su una questione che li riguarda entrambi,
ovvero il valore dei sessi. Altre donne e altri uomini in-
tervengono nella tradizione inaugurata da Christine. Le
italiane Laura Cereta, Moderata Fonte e Lucrezia Mari-
nelli sono alcune delle donne che, con i loro scritti, pren-
dono parte al dibattito Querelle des Femmes nei secoli
XV, XVI e XVII.
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