MONDO e REALTÀ
A cavallo tra ‘500 e ‘600, in Italia un pittore la guarda tutta senza distinzione, ma con l’intervento di un raggio luminosissimo illumina una parte di essa per esaltare momenti particolari e di quel raggio ne fa la propria cifra stilistica. In Francia, un secolo dopo una Rivoluzione sconvolgerà i dogmi che separavano le classi sociali e un certo Rousseau sostiene della naturalità incontaminata dell’uomo appena nato raccontando il mito del ‘buon selvaggio’. Negli stessi anni in Inghilterra giovani poeti si abbandonano alla gioia della contemplazione della natura e di un prato fiorito. La Realtà tra il noi e ciò che sta fuori di noi, la scienza ne ha dimostrato la totalità indistinguibile di cui tutto e tutti facciamo parte
Leggo in questi giorni, La vita delle piante, di Emanuele Coccia che immerge ogni cosa in un unico respiro: l’atmosfera. «Il mondo è la materia, la forma, lo spazio e la realtà del respiro».
Con quanto sta accadendo vicino e lontano da noi, una riflessione è necessaria.
Giuliana
ROBERTO PEDRONA
Come ogni volta per chiudere l’anno appena trascorso e sentirci più uniti in un momento importante, alcune poesie degli amici del simposio sono stata scelte da Roberto Pedrona, lette da lui e incise su un CD.
Roberto ama la natura, cura gli animali (è un veterinario), ma la sua grande passione è il teatro: immedesimarsi nel personaggio per riuscire a farne rivivere il carattere. Nella lettura è spontaneo, ponderato, di eloquio essenziale dall’accento profondo, egli si apre con aperta e semplice naturalezza al contesto sociale che lo attornia.
La sua è l’esempio di una voce che pro-viene dal profondo dell’essere che del flusso primigenio ne trasmette l’incontaminato messaggio simile al movimento di quell’insetto che accarezza delicatamente un fiore, ne assorbe il nettare per trasformarlo in dolce miele. Natura naturans della specie umana che nasce suono, si fa poesia, musica di un archetipo solo umano che continua a respirare il palpito di ogni essere vivente con-fondendosi con esso. Il motivo musicale classico ritrovato e riconosciuto per il timbro essenziale quale atavico precordio di comunicazione in fieri dell’origine del linguaggio, accompagna la personale passione di Roberto che istintivamente lo ha scelto per unirsi al Tutto in un unico canto d’amore.
Giuliana Bellorini
IL ROMANTICISMO INGLESE
e
WILLIAM WORDSWORTH
di Alessandro Evangelisti
I POETI DEL LAGO
Il poeta inglese William Wordsworth (1770-1850) nacque nel Distretto dei Laghi (Lake District, The Lakes, Lakeland), una regione nel Nord-Ovest dell’Inghilterra, famosa per i suoi laghi e le sue montagne. Vi trascorse la sua felice infanzia e gran parte della età adulta.
Quei luoghi, che divennero per lui la maggior fonte di ispirazione poetica, sono legati alla poesia del XIX Secolo per le opere dei c.d. Poeti del Lago, di cui Wordsdworth faceva parte insieme a Samuel Taylor Coleridge (1772-1834) e Robert Southey (1774-1843).
Le loro opere contribuirono alla nascita del Movimento Romantico nella letteratura inglese.
Wordsworth e Coleridge scrissero nel 1798 un’opera congiunta, Ballate Liriche (Lyrical Ballads), alla cui seconda edizione Wordsworth aggiunse una Prefazione, ritenuta da allora Il Manifesto del Romanticismo Inglese. Vi si indicava quale dovesse essere l’oggetto e il linguaggio (semplice) della poesia, che poteva trarre ispirazione da ogni comune situazione o accadimento o momento della vita.
In particolare per Wordsworth, l’interesse era di scoprire nella poesia il rapporto tra essere umano e natura, nonché le intuizioni, le emozioni e le sensazioni che nascono da tale contatto.
Una poesia
Nella poesia Solitario Vagavo Come Una Nuvola - I Narcisi (I Wandered Lonely As A Cloud -The Daffodils), scritta nel 1804 e pubblicata nel 1807, Wordsworth descrive l’esperienza di una passeggiata con la sorella Dorothy nei pressi della loro casa, in riva al Lago Ullswater nel Distretto dei Laghi.
I WANDERED LONELY AS A CLOUD
- THE DAFFODILS
I wandered lonely as a cloud
That floats on high o’er vales and hills,
When all at once I saw a crowd,
A host, of golden daffodils;
Beside the lake, beneath the trees,
Fluttering and dancing in the breeze.
Continuous as the stars that shine
And twinkle on the Milky Way,
They stretched in never-ending line
Along the margin of a bay:
Ten thousand saw I at a glance,
Tossing their heads in sprightly dance.
The waves beside them danced; but they
Out-did the sparkling waves in glee:
A poet could not but be gay,
In such a jocund company:
I gazed – and gazed – but little thought
What wealth the show to me had brought:
For oft, when on my couch I lie
In vacant or in pensive mood,
They flash upon that inward eye
Which is the bliss of solitude;
And then my heart with pleasure fills,
And dances with the daffodils.
SOLITARIO VAGAVO COME UNA NUVOLA
- I NARCISI
Solitario vagavo come una nuvola
Che alta fluttua su valli e colli,
Quando improvvisa una massa vidi,
Gran numero, di dorati narcisi;
Dappresso al lago, sotto gli alberi,
Frementi nella brezza e danzanti.
Ininterrotti come le stelle che splendono
E brillano nella Via Lattea,
All’infinito s’estendevano
Per il margine d’una baia:
A diecimila allo sguardo ne vidi,
Le loro cime dondolando in vivace danza.
Le onde a loro accanto danzavano; ma
In gaiezza superàvan essi le spumanti onde:
Solo felice essere può un poeta,
In tale amèna compagnia:
Guardavo fissamente - e guardavo - ma poco contavo
Quanta ricchezza recato m’avéa quella visione:
Per cui spesso, quando disteso sono sul mio divano
Con animo assente o pensoso,
Ricompaiono essi a quell’interiore occhio
Che d’estrema felicità è per la solitudine;
E allora di gioia il mio cuore è còlmo,
E con i narcisi danza.
Traduzione di Alessandro Evangelisti
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
A ruota libera (per oggi)
di Giancarlo Marchesini
Andrà meglio nel 2020?
Si è concluso un altro anno con i tradizionali strafalcioni linguistici che allietano (si fa per dire) le nostre letture. Possiamo aspettarci di meglio per l’anno appena iniziato?
Errori di stampa, correttori di bozze… e Word
Mi è capitato di osservare che sempre di più gli articoli che appaiono sulla nostra stampa, tanto quella su supporto cartaceo tanto quella in rete, presentano sviste, imprecisioni, errori di stampa (con un collega per celia li chiamavano errori di “stimpa”) che non sarebbero stati tollerati fino a dieci anni fa. C’era una volta… il correttore di bozze, specie umana in via di estinzione visto il solerte, ma invasivo, uso dei correttori ortografici tipo Word. C’erano addirittura correttori di bozze (umani) che usavano leggere le prime tirature a stampa da destra verso sinistra per evitare di fare caso al senso del manoscritto e tralasciare qualche svarione tipografico.
Fiducia mal riposta
Ora la gente si fida ciecamente di Word il quale, povero soft, è solo in grado di analizzare tutte le parole presenti nella sua memoria (o quelle che aggiungiamo ai nostri dizionari personali) ma non è capace di immetterle in un senso compiuto. Il grande linguista di origini lituane e francese per adozione Greimas disse: “Fuori del testo non c’è salvezza” (Hors du texte, point de salut) e, appunto, l’analisi del correttore ortografico non si basa su un testo ma sulle singole unità linguistiche che lo compongono.