Per esempio
Faccio solo due esempi: in un articolo pubblicato il 20 dicembre 2019 da Huffingtonpost.it (ll quotidiano in rete diretto da Lucia Annunziata), oltre a una insulsa svista nel sottotitolo, si legge “Altro paio di manico”. Il 17 dicembre Le Formiche (altro quotidiano on-line) pubblicava un articolo con la frase “I prosismi passi” (i fautori dei terremoti?). Nel secondo caso perfino Word si sarebbe accorto dell’errore (e difatti lo segnala in rosso nel mio testo), ma nel primo come può un povero programma informatico capire che il numero e il genere della parola manico è sbagliato?
E la sintassi?
Si certo Word è anche dotato di un correttore grammaticale-sintattico il quale però è stato compilato – credo – ai tempi di Ugo Foscolo perché è estremamente conservatore nelle sue scelte. E al contempo modernista e disincantato, tanto da segnalare come errore la parola “se” (senza accento) seguita da “stesso” o “medesimo”. Credo che tutte le persone dotate di un certo senso della sintassi disattivino il correttore grammaticale e fra queste i giornalisti che continuano a infarcire di “errori di stimpa” i propri scritti.
Crucifige Marchesini
E già sento i commenti malevoli nei miei confronti. Mi si dirà che sono un parruccone intollerante che la velocità dell’informazione esige certi sacrifici, che non si può stare attenti a tutto, che qualcosa ci sfuggirà inevitabilmente. Faccio modestamente presente che l’apprendimento della lingua è essenzialmente un fenomeno di imitazione (così avviene nel bambino) e che se le giovani generazioni cominceranno a parlare di manico invece di Manica i britannici fanno bene a lasciare l’UE.
Chomsky non era uno stupido
Mi fiderò ciecamente di un programma informatico-linguistico quando sarà in grado di indicarmi le due alternative della famosa frase ambigua di Chomsky They are flying machines. 1) Sono piloti di aerei 2) sono aerei. Fin qui neppure il Systran 2 c’è riuscito. Aspettiamo le meraviglie dei computer quantistici. Hors du texte, point de salut: quale computer sarebbe in grado di accorgersi che la frase italiana I vitelli dei romani sono belli cela un senso completamene diverso se letta in latino: Va’ Vitellio, al suono di guerra del dio romano. Aspettiamo le meraviglie dei quanta. Ma quanto dobbiamo aspettare per avere questi quanti, e quanti sono?
Sitografia:
https://www.huffingtonpost.it/entry/matteo-salvini-verso-il-processo-conte-e-di-maio-hanno-perduto-lonore_it_5dfc6866e4b05b08bab2fb36
https://formiche.net/2019/12/carelli-toninelli-di-maio/
Domenica 19 gennaio - ore 17.00
STORIA CONTEMPORANEA
Il fallimento
del regime sovietico
con Francesco Bonanni
Il Regime instaurato in Unione Sovietica soffriva di due rigidità:
1) Rigidità del Sistema Politico, caratterizzato da una ideologia estremamente dogmatica.
2) Rigidità del Sistema Economico basato su un assoluto burocratismo dirigistico.
Un Regime Totalitario com’era quello sovietico per sopravvivere attraverso un consenso interno e una capacità competitiva in campo internazionale (soprattutto per quanto riguardava la corsa agli armamenti ingaggiata con gli Stati Uniti) aveva assolutamente bisogno di essere fortemente supportato da un efficiente Sistema Produttivo. Invece è stata proprio la disastrosa inefficienza della conduzione dell’Economia Sovietica a causare il crollo dello stesso Sistema Politico. Difatti il Regime Sovietico, pur basato su un sistema politico fortemente totalitario, avrebbe potuto tuttavia sopravvivere a lungo proprio grazie alla lunga storia della Russia priva di una pur minima consuetudine liberal-democratica, ad eccezione della brevissima esperienza vissuta nel 1917 tra la Rivoluzione di Febbraio (di natura social-borghese) e il Colpo di Stato operato dai Bolscevichi. Fu proprio con la presa del potere da parte dei Bolscevichi che fu instaurata una Economia che, conformemente alla ideologia marxiana, era basata su una rigida pianificazione centralizzata. Ed è stata proprio l’Economia pianificata il tallone d’Achille dell’Impero Sovietico. Difatti la Pianificazione ha due difetti congeniti. Il primo è rappresentato dalla impossibilità a gestire un Sistema Economico da un gruppo di Burocrati che, sostituendosi al Mercato, decidono cosa produrre, come produrre e quanto produrre, col risultato di offrire ai potenziali consumatori beni non richiesti e spesso di qualità scadente. Il secondo consiste nella assoluta mancanza di interesse da parte dei lavoratori che, in quanto demotivati, operano con una scarsa produttività. Nella seconda metà del XVIII secolo il celebre economista scozzese Adamo Smith nei suoi noti saggi “La Teoria dei sentimenti morali” e “La ricchezza delle Nazioni” aveva ammonito che: “Non è dalla benevolenza macellaio, del birraio e del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo ma dalla cura che essi hanno del proprio interesse”. In economia è l’interesse personale la molla a lavorare e a produrre nella misura più efficiente e quindi più produttiva. Ogni Sistema Economico che non tenga conto di questo “principio naturale” è destinato a fallire. Ed il Sistema instaurato nell’Unione Sovietica ha rappresentato la totale negazione di questo basilare principio. La Russia pur disponendo di un territorio di notevoli dimensioni, il più vasto del pianeta, dotato di considerevoli risorse naturali, a causa della inefficienza del Regime collettivistico, ha visto collassare anche quello Politico. Difatti gli ambiziosi e quanto mai onerosi obiettivi di Grande Potenza politica e militare dell’Unione Sovietica non sono stati sufficientemente supportati da un adeguato Sistema Economico con il risultato che tutti conosciamo.
Domenica 26 gennaio - ore 17.00
STORIA ARTE MODERNA
con Antonio Silvestri
CARAVAGGIO
Realtà senza gerarchie
Un chicco d’uva, una foglia secca meritano la stessa attenzione di un santo o un gran signore.
Caravaggio viene dalla scuola lombarda ove si guarda la realtà così com’è senza idealizzazione. Per le sue rappresentazioni preferisce l’uomo comune, preso dalla strada e ne illuminerà fortemente il prodigioso dell’ ‘evento’ religioso o laico. Inventerà un nuovo modo di fare pittura.
Caravaggio e il suo tempo
di Francesco Bonanni
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio dal nome del paese in cui visse (e non dal paese in cui nacque, come comunemente viene scritto, in quanto sembra più probabile che fosse Milano a dargli i natali), ha rappresentato il genio ed il grande innovatore della pittura tra il Cinquecento ed il Seicento.
Secondo lo storico dell’arte Peter Robb, autore di una nota biografia del pittore, «Caravaggio aveva da poco fatto irruzione sulla scena che si trovò sotto attacco. I pittori affermati lo odiavano perché sovvertiva la struttura professionale attraverso la quale avevano fatto carriera e perché faceva apparire gli estenuanti contorcimenti della “Maniera”, giunta ormai al capolinea, una stupidaggine. Soprattutto non potevano sopportare che nonostante il suo temperamento, visto che era un solitario, egli diventasse a Roma agli inizi del Seicento l’idolo universale dei giovani pittori.
Essi imitavano il suo stile personale nella vita e vedevano nella sua opera il paradigma dell’arte moderna.
Anche i pittori più anziani si misero goffamente, a metà carriera, a tentare di cambiare bandiera stilistica».
Figlio di un Architetto fece le prime esperienze di apprendistato nell’ambito della pittura lombardo-veneta con artisti nei quali già compare quel controllo dell’effetto cromatico luminoso che caratterizzerà la sua pittura.
Nel 1593, a solo venticinque anni si trasferì a Roma e nel 1606, per aver ucciso un uomo per un banale litigio, fu costretto a fuggire prima a Napoli e successivamente a Malta.
Dopo aver peregrinato in varie località della Penisola poté tornare a Roma grazie al condono concesso dal Papa. Ma durante il viaggio, colpito da forti febbri, morì in circostanze poco chiare sulla spiaggia di Porto Ercole il 18 luglio del 1810.
Durante i tredici mesi trascorsi a Roma ebbe modo di maturare il suo stile divenendo il pittore di riferimento di tutta la pittura europea del XVII secolo.
Caravaggio visse a cavallo di due secoli densi di novità in tutti i campi, novità che in piena modernità posero le basi di quella rivoluzione culturale specificatamente ed esclusivamente europea che è stata definita “Illuminismo”.
E ciò avvenne tra numerosi contrasti, animose dispute e massacranti conflitti.
Ma alla fine, quasi per una sorta di eterogenesi dei fini, tali avvenimenti forgiarono la Civiltà Europea, basata sui solidi valori dell’antica Cultura greco-romana.
È questo il periodo che decretò la fine della “Auctoritas” e quindi l’affrancamento della speculazione filosofica e della ricerca scientifica, completamente liberate dai vincoli del Dogmatismo Teologico.
È l’epoca della piena affermazione della “Conoscenza Funzionale”, cioè della conoscenza finalizzata a scopi pratici per cui Scienza e Tecnologia in una sorta di fusione si indirizzarono alla ricerca della conoscenza della Natura al fine di modificarla in base alle esigenze dell’Uomo.
Concludendo si può sicuramente affermare che Caravaggio, come massima espressione del suo tempo, ha incarnato tutta la violenza, tutta la contraddittorietà, tutta la drammaticità ma soprattutto tutta la grandezza di quell’epoca.