Il libro di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo
Il popolo e gli dei
Giuseppe De Rita, Antonio Galdo, “Il popolo e gli dei. Così la grande crisi ha diviso gli italiani””, Laterza edit., Roma-Bari 2016, pp. 101 Euro 8,50.
Questo libro è una scrittura a due realizzata nel 2015 dal giornalista A. Galdo al sociologo G. De Rita, la sua datazione fa si che essa non costituisca ormai una novità; la crisi che, grosso modo, può essere datata 2008-2015, era già in via di risoluzione, quindi l’argomento –molti diranno- è obsoleto e di pertinenza ormai storiografica.
Ma veramente la crisi oggi è da considerarsi cosa superata? Sarà, però i suoi devastanti effetti sono ancora tutti lì, le ripercussioni e le conseguenze, mentre sembra che la situazione precedente al 2007 non sia più ripristinabile; anzi sono in molti a ritenere che il sistema produttivo, le interconnessioni mondiali economico-finanziarie, le delocazioni di attività produttive e mercati, le diseguaglianze, i processi mondiali di pauperizzazione ecc. siano ormai caratteristiche endemiche e strutturali, costitutive del nuovo assetto capitalistico-finanziario in Italia come altrove. Pertanto la validità e l’attualità del testo è fuori discussione e le considerazioni espresse da G. De Rita, sociologo, già presidente del Censis insieme con A. Galdo giornalista scrittore e saggista, rivestono una rilevanza analitica notevole.
La tesi di fondo del saggio in questione è la progressiva eclisse di sovranità degli Stati che comporta uno scollamento generale fra potere e popolo; il primo infatti si disloca slittando sempre verso un indefinito altrove, nei mercati mondiali, nelle grandi corporation, nelle banche mondiali, in indefinite istituzioni sovranazionali, nei click che elettronicamente trasferiscono risorse, capitali e intere fortune da una parte all’altra del pianeta ecc.
E allora il ‘popolo’, oltre ad impoverirsi sempre di più, si rifugia progressivamente nel proprio particolare, nel proprio ristretto gruppo primario di appartenenza e nel populismo, politico, rendendosi sempre più suddito (cfr. p. 15) e delegittimando le istituzioni rappresentative ed intermedie, sempre più alla deriva verso conflittualità perniciose e permanenti, velleitarismi, egoismi, povertà morale e culturale (oltre che materiale) ecc.
La crisi -in Italia in primis, ma anche, in varia misura, nell’occidente tutto- ha reso permanenti, irreversibili, ha radicalizzato e ampliato queste macrodinamiche, caratteristiche e tendenze che vengono magistralmente illustrate (anche snocciolando dei dati numerici) e documentate nel libro, insieme a indicazioni di possibilità, di strade da intraprendere di percorsi da realizzare (con particolare riferimento al sud Italia –cfr. da p. 31 a p. 37) per uscire da una situazione che getta un’ombra inquietante sul futuro, anche quello immediato, della nostra nazione.
Il libro si articola in tre capitoli. Il primo si concentra più sugli aspetti relativi alla crisi della sovranità degli Stati e in particolare, della ns Italia, nella quale ai vecchi mali (vedi p.es. le pagine sulla ‘antica’ questione meridionale) se ne sono aggiunti altri. Il secondo riflette sulla opacità della politica italiana, iniziata dopo ‘mani pulite’ e l’ascesa dei carismi personali con la relativa crisi della forma partitica, che ha portato al trionfo dell’antipolitica e del populismo, insieme al falso mito del candidato reclutato fra cosiddetta ‘società civile’(cfr. p 52 e 53), l’illusione della democrazia via web(p.56 a 59) ecc. Il capitolo finale parla della crisi dei capisaldi dell’economia e della società italiana: la famiglia, il risparmio, l’impresa diffusa e territoriale, il crollo del ceto medio, il tutto sacrificato sull’altare dei mercati mondiali e di una delocalizzazione sconfinata. Una situazione complessiva dalla quale sarà difficile uscirne se non si riesce ad innescare un nuovo ciclo di sviluppo sociale, antropologico ed economico. Il libro si chiude poi con una pars construens dedicata al come fronteggiare e superare questa condizione di crisi: l’ottimismo della volontà: un ottimismo che personalmente ritengo resti tale, visto che, a distanza di cinque anni dalla stesura del libro nessuna delle indicazioni risolutorie si è verificata o è stata messa in atto, anzi mi sembra che le cose vadano sempre per il peggio.
Giuseppe Chitarrini
La breve storia di chi si è fatto da solo partendo dalla gavetta come barbiere
40 anni di attività di Elpidio
Sono in compagnia di Elpidio, titolare del negozio Beauty Day a Nettuno.
Ho sentito che questa attività ha festeggiato i suoi primi 40 anni, e, curiosa come sempre, mi faccio raccontare di questa passione
“Questa passione nasce per caso… Ho sempre lavorato, sin da quando ero un ragazzino. Ho fatto tanti lavori, e ogni lavoro mi è servito a crescere; lavorare mi è sempre piaciuto ed ho cominciato con la gavetta come tutti.
Pulivo i pavimenti, poi gli shampoo e ogni volta mi sentivo sempre più appassionato a ciò che stavo facendo.
La barba da uomo ho iniziato a farla sui palloncini: li gonfiavo, ci passavo sopra la schiuma da barba e con il rasoio andavo a pulire il palloncino.. non ti dico quanti ne sono scoppiati prima che imparassi a farla come si deve.Poi mi sono specializzato in accademia ed eccomi qui.
Ho aperto il salone inizialmente come taglio per soli uomini, poi con due donne in casa (mia moglie Carmela e mia figlia Elena), ho deciso di trasformarlo e di aprirlo sia agli uomini che alle donne.
Questi quarant’anni di attività sono volati… sempre lo stesso posto per tutto questo tempo.
Ci sono cresciuto con la mia attività e le ho dato tutto me stesso, insieme a mia moglie e a mia figlia.”
- E’ vero che voi parrucchieri siete anche un pò psicologi?
“Mah… trovi il cliente esigente, trovi il cliente che si accontenta, trovi il cliente pignolo e trovi il cliente che si fida di te… Poi ci sono quelli che amano parlare dei loro problemi e tu sei li che li ascolti, come quelli che magari leggono la semplice rivista e non dicono mezza parola… Per me quello che è importante è che quando escono dal mio salone siano soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto, che magari entrano spenti in viso ed escono poi sorridenti.”
- So che sei anche attivo nel sociale, mi puoi dire in che modo?
“Non amo molto parlare di questo, perché per me se fai qualcosa per gli altri non hai nulla da dimostrare. Diciamo che mi piace aiutare il prossimo, mi piace sostenere chi si trova in difficoltà.
E’ capitato di aiutare e sostenere le attività della Parrocchia di Sant’Anna magari organizzando una riffa il cui ricavato andava a sostenere una persona meno fortunata di me, ma come detto, non amo questo tipo di visibilità; preferisco “fare” e rimanere invisibile. Aiutare il prossimo credo sia un dovere morale che io sento molto forte vivendo all’interno di una comunità e quando mi capita occasione non mi tiro indietro”
Grazie di cuore Elpidio, sia per esserti messo a nudo con me raccontandoti, sia per il contributo sociale che dai ogni giorno alla tua comunità, anche solo regalando un sorriso.
Barbara Balestrieri
ANCRI Anzio-Nettuno
Il 7 gennaio è stata la Giornata Nazionale della Bandiera (ufficializzata a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797) tricolore verde, bianco e rosso. L’Associazione Nazionale Insigniti dell’ordine dei Cavalieri al Merito della Repubblica Italiana (ANCRI) ha organizzato la “Festa del Tricolore” presso la Scuola Superiore di Polizia in Roma. L’evento è stato introdotto e moderato dal Prefetto Francesco Tagliente e dal Presidente Tommaso Bove, grande assente per motivi di salute il Presidente Nazionale Onorario Antonio Alderisio. La banda musicale della Polizia di Stato, diretta dal maestro Maurizio Billi, ha suonato per i numerosi soci Ancri ed altre personalità, brani musicali narrati dallo storico del Risorgimento Michele D’Andrea ed interpretato dal tenore Francesco Grollo, in un suggestivo percorso del nostro Inno Nazionale. Alla cerimonia è intervenuto il capo ufficio del Cerimoniale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Enrico Passero, che ha spiegato le disposizioni sull’uso, sull’esposizione, sulla tutela e conservazione del Tricolore. Il dr. Tagliente ha illustrato, in un video, gli aspetti protocollari dell’esposizione della Bandiera. Il Prof. Michele D’Andrea ha illustrato, dopo l’esecuzione del Nabucco, del Nessun dorma, e dell’inno Nazionale, il significato delle parole che costituiscono. “Il canto degli italiani” , composto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847. Il Capo della Polizia Franco Gabrielli ha esordito nel dire “ Oggi con questo inno svelato, abbiamo recuperato la ricchezza del nostro Inno e che le bandiere non sono pezzi di stoffa ma il portato di storie e tradizioni e che in quel tricolore vi è la credibilità delle istituzioni. E’ giusto lavorare nelle scuole affinché questa credibilità torni ad esserci ed ha ringraziato l’Associazione ANCRI. Il Prefetto Francesco Tagliente ed il Presidente dell’ANCRI Tommaso Bove hanno consegnato al Capo della Polizia una copia del volume di Michele d’Andrea “ Vestire gli onori”, manuale illustrato sull’uso delle decorazioni con gli abiti civili e le uniformi. Erano presenti moltissimi soci venuti da tutta Italia e molte personalità locali.
Eduardo Belcastro