La rivista dei gesuiti presso la biblioteca Chris Cappell
La Civiltà Cattolica
In occasione dei 170 anni di attività, la rivista dei gesuiti “La Civiltà Cattolica” ha presentato la sua prima pubblicazione in lingua cinese, quale segno di amicizia verso il ruolo che questa lingua svolge ai nostri giorni nel contesto globale.
La rivista, che proprio per questo importante anniversario ha ricevuto ad inizio anno anche gli auguri del Santo Padre, esce in 5 lingue già dal 2017 (italiano, inglese, francese, spagnolo, coreano) ed oggi si aggiunge la sesta lingua, il cinese appunto. Nel suo messaggio rivolto a padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, il Papa aveva infatti dichiarato: “Grazie al nuovo respiro internazionale che anima la rivista, si sentono salire dalle pagine le voci di tante frontiere che si ascoltano”.
L’importanza di questo quindicinale, si ritrova anche nelle parole dei suoi più affezionati lettori, che la definiscono un “prezioso scrigno”, un concentrato di attualità, cultura, religione ma anche di riflessioni e insegnamenti con lo sguardo al futuro.
Anche per questo la rivista è motivo di orgoglio per la Biblioteca Chris Cappell di Anzio, che ne custodisce al suo interno un patrimonio raro, composto da una vastissima raccolta di volumi sempre aggiornati che partono dal 2002, grazie all’impegno della Fondazione Christian Cappelluti Onlus, e che possono essere consultati da tutti gli utenti.
Fondata nel 1850, La Civiltà Cattolica ha saputo guadagnarsi la fiducia di tanti lettori, fino a conquistare il ruolo di solido strumento di arricchimento culturale e scientifico per tutte le persone che sono alla ricerca di bellezza e verità; anche scuole ed università ne usufruiscono grazie alla sua versione cartacea ma anche digitale che è possibile consultare all’indirizzo www.civiltacattolica.it .
Tanti sono infatti gli insegnanti che utilizzano questa rivista internazionale quale veicolo autorevole di aggiornamento e formazione su argomenti di cultura, teologia, filosofia, storia, sociologia, economia, politica, scienze, letteratura, arte e cinema.
Parcheggi rosa
Sono in fase di completamento i lavori per la disposizione sul territorio comunale di 24 parcheggi rosa dedicati alle donne in stato di gravidanza e alle neo mamme. Il progetto “C’è un posto rosa, un parcheggio per amico”, promosso nei mesi scorsi dall’Assessore Ilaria Coppola, prevede l’istituzione di questi posti riservati, contrassegnati da apposita segnaletica, nei punti più frequentati della città di Nettuno dalle donne in dolce attesa e dalle neo mamme.
Le residenti nel comune di Nettuno potranno richiedere, con apposita modulistica che sarà possibile scaricare dal sito istituzionale dell’Ente o essere ritirata all’Ufficio Relazione con il Pubblico, il rilascio del contrassegno per la sosta nei “parcheggi rosa” che dovrà essere applicato sul cruscotto della vettura.
Le donne in stato di gravidanza e le neo mamme con questo contrassegno saranno esentate dal pagamento del ticket nelle strisce blu.
Comune di Nettuno
Riceviamo e pubblichiamo il pensiero del professor Marafini sulla didattica a distanza
Contro i virus dell’intelletto
Un periodo come quello che stiamo vivendo, dominato dalla pandemia dovrebbe indurci a fermarci per riflettere sulle nostre fragilità e soprattutto sui nostri limiti umani. Il progresso sempre più accelerato delle conoscenze scientifiche nell’ultima parte del secolo scorso e l’applicazione tecnica senza freni che ne è conseguita, ci ha indotti a ritenere che nessuna meta fosse impossibile da raggiungere. Un discorso così fatto ha la sostanza di un vero e proprio delirio di onnipotenza: oggi l’uomo si sente in grado di ricreare la natura e se stesso! Questo modo di pensare si è affermato nella cosiddetta globalizzazione degli ultimi decenni. Propagandata come la soluzione di tutti i mali storici dell’umanità: fame, guerre, carestie e malattie, essa ha invece accresciuto esponenzialmente le ingiustizie e le disparità economico- sociali che ne sono all’origine. La concentrazione della potenza economica e tecnica nelle mani di pochi grandi gruppi finanziari internazionali ha ingigantito i gravi problemi irrisolti del secolo appena trascorso, alimentando divisioni e odii reciproci. Oggi appare incombente la realizzazione di una società di individui apparentemente liberi, ma in realtà eterodiretti: infatti usi, costumi e pensiero vengono omologati, anzi addirittura creati dalla struttura del potere, al di là della peggiore previsione onirica di un romanzo di fantascienza. Questa possibilità sembra tanto più concreta in questo periodo di pandemia in cui siamo oppressi dall’angoscia causata dalla tragica diffusione del coronavirus. A dispetto delle nostre conoscenze, non abbiamo ancora un’idea chiara e certa sulla sua origine e sul modo di combatterla efficacemente. Certamente ci vorrebbe giustizia economica, anzitutto, ma i signori degli oligopolii, al di là di qualche dichiarazione filantropica, non saranno certo disposti a cederne il controllo. Riguardo alle Istituzioni, i politici faranno mostra di modificarle nell’interesse dei cittadini, giustificando il tutto con l’attuale stato di necessità: ciò accade in particolare con la scuola pubblica, chiusa per distanziamento sociale. Ci si sarebbe potuto porre un problema di validità dell’anno scolastico, ma, per salvare una qualche forma di legalità, si è fatto ricorso alla “didattica a distanza”, nella cui promozione hanno dato il meglio ( o il peggio ) di sé gli pseudopedagogisti del Ministero, da sempre favorevoli all’e-learning. Si è incrementato a dismisura il lavoro dei docenti a casa, costretti a trascorrere intere giornate davanti al PC per ideare compiti da inviare agli allievi, ricevere e correggere gli elaborati, rinviarli; inoltre, per collegarsi in videoconf
erenze con colleghi e dirigenti. Un lavoro non soltanto eccessivo ( qualcuno pensa che sia il triplo o quadruplo del normale), ma anche inutile : infatti, si può ragionevolmente supporre che l’elaborato ricevuto sia stato eseguito dall’alunno? Inoltre nella videolezione con le classi manca il rapporto diretto che si aveva in aula, con la possibilità di far domande, riflettere, fare chiarimenti. Ne consegue anche un grave senso di frustrazione per una professione che è stata, nel corso degli anni, vilipesa e snaturata. Ma l’attuale Ministro e l’informazione mettono l’accento esclusivamente sui disagi degli studenti e delle loro famiglie, affermando che rispondono positivamente con l’impegno da casa; inoltre, molti alunni non hanno la disponibilità di PC o smartphone. Come ciliegina sulla torta si pone infine la garanzia della promozione garantita per tutti, sottolineando che non si tratta però di un “sei politico”, poiché si daranno i voti “reali”con l’impegno del recupero a settembre. Impegno che, per chi conosce le dinamiche, ricade totalmente sulle spalle del docente, perché, come affermato in tante normative e circolari ( già da L. Berlinguer e Fioroni ), se il recupero non avrà esito positivo sarà colpa dell’insegnante che non ha saputo condurlo, non delle carenze dell’alunno; sarebbe più intellettualmente onesto, viste le difficoltà, dichiarare il presente come anno di grazia. Invece si vuol salvare l’apparenza di un esame “serio”, almeno per la scuola media superiore, per cui si è deciso di svolgere una sola prova orale, abbassandone di fatto la qualità al di sotto di quello svolto sinora con la tesina nella scuola media inferiore. A cose fatte, il MIUR ed il suo braccio armato, l’Invalsi, snoccioleranno la solita litania delle statistiche OCSE che dimostrerebbero che i nostri studenti sono tra i meno preparati in Europa. Se fosse vero, è un effetto puramente voluto da anni di politica scolastica dissennata, che ha svuotato la scuola della sua funzione fondamentale, la trasmissione e riproduzione delle conoscenze, per riempirla con i più variegati “bisogni sociali”. Tutte le riforme, realizzate da direzioni di destra e di sinistra, hanno messo al centro della scuola il giovane non più come allievo, ma come “utente”, che ha il diritto di scegliere cosa gli serva prendere dall’offerta formativa di un Istituto; anzi, questo processo si è attuato compiutamente e ideologicamente con la gestione della sinistra. Ricordiamo che fu il ministro Berlinguer che regalò ai giovani il politically correct “Statuto dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti”, che sanciva la centralità dello studente nel processo educativo: in esso si afferma tra l’altro che il docente all’inizio dell’anno deve “contrattare” con la classe il programma da svolgere, motivandolo; inoltre, affermando che qualsiasi sanzione disciplinare debba avere carattere “rieducativo”, di fatto la abolisce, istituendo anche degli organi di garanzia in cui l’insegnante si trova in minoranza.
Iniziò pure la riforma degli indirizzi di studio, per adeguare la formazione dei nostri studenti agli standard europei. Prima di allora avevamo Licei che preparavano bene al proseguimento degli studi, Istituti Tecnici e Professionali che formavano validi quadri intermedi ed operai specializzati; i nostri studenti meno preparati erano superiori ai migliori della corrispondente scuola francese o inglese. La riforma svuotò di contenuto le singole materie per rendere lo studio più “leggero” ed alla portata di tutti. Del resto, lo scopo principale della scuola non era più quello di fornire molti individui preparati, bensì era quello esplicitamente dichiarato nelle commissioni europee (v. Trattato di Lisbona, per es. ) di “non lasciare nessuno indietro”, di togliere i giovani dalla strada. Furono aboliti gli esami intermedi e si abbassò la qualità di quello finale, alterandolo profondamente nelle modalità di svolgimento e nelle valutazioni; il risultato è l’ammissione generalizzata e la promozione al 98%, in pratica totale. Purtroppo, questa non coincide più né con la promozione sociale, né con una decente crescita culturale dell’individuo, come si vorrebbe far credere. Oggi gli assertori e difensori ad oltranza della “didattica a distanza” affermano che al giovane non sono più necessarie nozioni specifiche, ma “competenze” che gli consentano di orientarsi. Ciò che è stato scritto già molti anni fa da un commissione UE che affermava la necessità di formare i giovani ad una cittadinanza europea, perciò stabiliva per i programmi scolastici di tutti i Paesi aderenti delle linee-guida, pomposamente battezzate assi irrinunciabili dei saperi.
Sono quattro:
1) linguistico;
2) matematico;
3) scientifico;
4) storico-sociale,
esposti ed articolati in maniera alquanto farraginosa, per ognuno dei quali il giovane deve acquisire specifiche competenze.
In estrema sintesi: padronanza della comunicazione verbale e scritta nella lingua madre ed almeno un’altra della comunità; capacità di ragionare “per problemi”, sviluppando abilità utili ad “orientarsi” nel contesto della vita familiare, sociale e del lavoro; conoscenze di base della storia e dell’arte europee in modo tale da apprezzare il patrimonio artistico; conoscenza elementare di diritti universali e individuali. Così il giovane cittadino potrà spostarsi come una merce intercambiabile nel mercato del lavoro europeo! A me sembra invece che tutta questa artificiosa costruzione sia fatta ad arte affinché il Potere economico-finanziario domini la vita e la mente degli individui, inducendoli a credere di essere liberi. Parallelamente all’imposizione delle riforme suaccennate, è stato svilito il ruolo culturale dei docenti, fino al punto da ritenerli inadeguati al nuovo tipo di scuola; è stata introdotta forzosamente una loro formazione ad hoc secondo i dettami dei pedagogisti dell’uniformità dell’apprendimento, base del successo formativo garantito per lo studente.
Tutta questa architettura dovrebbe essere di necessità distrutta, ma l’impresa non è affatto semplice. Una cosa fondamentale che dovrebbero fare gli insegnanti, sarebbe quella di costruirsi una loro Associazione Professionale autonoma, indipendente da partiti e sindacati che hanno veicolato le ideologie e che hanno distrutto il loro ruolo e asservito la funzione docente demagogicamente agli interessi sociali dell’utenza. Forse, una prima forma di protesta potrebbe attuarsi col rifiuto civile di assolvere i gravosi e inutili compiti burocratici della didattica a distanza.
Stefano Marafini