La prematura scomparsa di Francesco Caroli ha colto tutti di sorpresa. Oltre che essere una pietra miliare del corpo della Polizia Locale era un bravo attore
In memoria di Francesco Caroli
La scomparsa di Francesco Caroli è stata un fulmine a ciel sereno. Una doccia fredda per tutti, parenti e amici. Chi ha ricevuto le prime telefonate non credeva alle sue orecchie: “Ma come? Ha scritto poco fa!” oppure “Sarebbe venuto alle prove stasera!” E invece non si è presentato neanche al lavoro, lui, una pietra miliare a Pomezia, commissario della Polizia Locale. Francesco era tante cose: un padre, un parente, certo, ma anche un fine attore. Pluripremiato alle ultime rassegne del “Piccolo Palcoscenico”, aveva letteralmente sbancato incassando un riconoscimento dopo l’altro, con la tipica umiltà che lo ha sempre contraddistinto. “Miglior attore protagonista” è ormai un suo imperituro epitaffio. Ovviamente, perché Francesco era sempre il grande protagonista, il nodo centrale delle trame nelle pièce della nostra compagnia. Era il pirandelliano Ciampa del Berretto a sonagli. C’è chi, nella compagnia, come me, aspettava da decenni una sua replica de L’uomo dal fiore in bocca – il copione che è rimasto sul suo letto, con lui. Era anche il ferroviere, abile manutentore di Minne vaganti, in lite con Eleonora, covava un amore mai confessato per Clotilde. E adesso che la sua assenza ha lasciato un vuoto incolmabile, tutta la compagnia filodrammatica si sta chiedendo come andrà avanti. È una domanda legittima, perché non esiste un Malato immaginario senza Argante: ed ora il nostro Molière non sarà più lo stesso. Dai più giovani ai meno giovani, i componenti del Piccolo Palcoscenico piangono la sua tragica assenza.
Helena: “Non è la prima volta che piango la tua morte. Quante ne abbiamo fatte di prove prima di andare in scena con Il malato immaginario. Una corsa contro il tempo, pensavamo di non farcela, giorno e notte in teatro a far prove su prove e poi «Cinque minuti. Chi è di scena. Sipario!» e come sempre la magia del teatro. Le lacrime mi annebbiano la vista e quanto vorrei che questo pianto fosse un’esercitazione per poi tornare in scena con te. Dovresti vedermi, questa volta m’è venuto proprio bene. Ho saputo da poco più di un’ora che sei venuto a mancare e non riesco a crederci, appena mi è stato confermato fosse tutto vero la voce mi si è spezzata e non ho potuto far altro che piangere. Ho un bellissimo ricordo di te e sono sicura che questa fitta che sento io al petto, la senta ogni persona che ha avuto il piacere di conoscerti”.
Marco: “Il tuo bellissimo ricordo ci scoppierà dentro ogni volta che solcheremo il palco tentando di essere fantastici come te”.
Ermes: “France’, io ti aspetto alle prossime prove, al prossimo montaggio di palcoscenico, al prossimo viaggio insieme a ridere a cantare e a mangiare panini. Ti aspetto perché senza di te nulla può essere più come prima”. Arianna: “Quello che mi mancherà di più saranno i tuoi piccoli gesti quotidiani, l’incontrarti la mattina sulla via per la scuola, o nei pressi della piazza quando uscivo con gli amici, quei due o tre passaggi che sono riuscita a rubarti e che non ti pesava mai di offrirmi, fino ai momenti prima di andare in scena insieme, quando mi stringevi la spalla o la mano, rassicurandomi”.
Roberto: “Ero convinto di avere tempo da condividere con il Francesco umile e appassionato che insegnava con il semplice esempio, ma non è andata così. France’, grazie per quelle scene provate e riprovate, grazie per la tua pazienza, grazie per il tuo tempo, tempo che ero convinto di avere”.
Marta: “Caro Francesco, te ne sei andato di venerdì, così, senza avvisare. Mi verrebbe quasi da rimproverartelo: Ciampa! Che fine hanno fatto le regole del buon costume? Neanche un saluto? Che strazio. E adesso? Le “Minne” senza te sono una povera cosa. Eri (e non solo sul palco) il caro e complice amico di Alfredo, tutto cinismo, sarcasmo e… tanto amore ancora da dare e dichiarare. Per me, facciamo così, hai fatto una grande scorpacciata di minne siciliane e sei scappato fra le nuvole per complimentarti con Sant’Agata. Non accetto altre spiegazioni. Sei stato grande. Ti voglio bene. Molti applausi e... sipario”.
Credo piaccia a tutti noi pensare che le parole che Francesco stava in questi giorni mandando a memoria fossero la cosa più calzante e inerente al suo trapasso. Nel suo copione, l’uomo dal fiore in bocca avrebbe presto pronunciato sul palco queste parole: “Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso... Lei passa per via; un altro passante, all’improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese le dice: “Scusi, permette? lei, egregio signore, ci ha la morte addosso ”. E con quelle due dita protese, la piglia e butta via... Sarebbe magnifica! Ma la morte non è come uno di questi insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l’hanno addosso; nessuno la vede; ed essi pensano quieti e tranquilli a ciò che faranno domani e doman l’altro”. Potendo, ciascuno di noi avrebbe certo preso quell’insetto schifoso e lo avrebbe schiacciato via, per toglierlo dalla spalla di Francesco. Il grande dolore è che questo insetto non esiste, o non ci è stato possibile vederlo.
Marta Mariani
Ciao Francesco,
Lo so che oramai le lettere non si scrivono più, si mandano i messaggi sul cellulare, ma io volevo raccontarti un sogno che ho fatto e siccome è un po’ lungo preferisco scriverti una lettera. Il sogno inizia che ero una ragazzina e frequentavo un gruppo di giovani, ci chiamavamo Movimento Giovanile, tra loro c’era un ragazzo, pensa era di Ottobre come me, si facevano tante cose insieme, ma tante, ed a forza di passare il tempo insieme è nata una grandissima amicizia, di quelle con la “A” maiuscola. In questo sogno ho visto tante scene che mi è sembrato come se le avessi vissute, a te è mai capitato? Ho visto che festeggiavamo insieme i nostri compleanni, che costruivamo i carri di carnevale e sfilavamo per le vie di Pomezia, cantavamo in chiesa in un grande coro, rappresentavamo la passione di Gesù in piazza in mezzo ad una folla silenziosa e commossa. In questo sogno mi sembrava di percorrere le tappe di una vita, eh sì, perché passavano gli anni ma questo Amico c’era sempre, frequentava la mia famiglia ed era diventato un grande amico anche di mamma, insomma per me e le mie sorelle era un fratello. Ad un certo punto cambia scena e mi trovo su un palcoscenico a recitare una commedia ed indovina un po’ chi c’era che recitava con me? Lui, il mio Amico, eravamo giovani, inesperti ma c’era tanto pubblico che applaudiva, bello vero? Cambia nuovamente scena e questo Amico lo vedo in Africa, a fare il missionario insieme ad altri amici, a mia mamma e mia sorella, proprio una bella persona, con dei bei principi, altruista, generoso, gentile e umile, la persona ideale che vorresti incontrare veramente nella vita. Scusa se mi dilungo, ma questo sogno non è breve; continuano a passare gli anni, lui diventa vigile urbano e guida anche le moto, a casa lo chiamiamo “Chips” come la serie televisiva, troppo forte! Ad un certo punto io mi vedo vestita di bianco e chi guida la macchina della sposa, che poi ero io? Lui, il mio Amico, poi in un’altra scena, è lui che si sposa ed in un’altra ancora ha in braccio le sue bellissime bimbe e così continua la nostra amicizia fatta di gioie, di risate, di belle cose ma anche di grandi dolori, ma lui è sempre presente. Ad un certo punto un rumore mi sveglia… mannaggia, stavo facendo proprio un bel sogno, mi alzo, bevo un bicchiere d’acqua, è ancora notte fonda, torno a letto e mi sforzo di riprendere il mio sogno. Mi trovo nuovamente su un palcoscenico con il mio Amico, la nostra passione giovanile è ripresa, recitiamo una commedia di Pirandello, il nostro idolo. C’è tanta gente che applaude, il sipario si apre e si chiude e si va di teatro in teatro a fare spettacoli. Lui è bravissimo, un vero talento, ed io imparo, imparo tanto, adoro recitare con lui, oramai lo chiamo Ciampa, tanto gli calza bene quel ruolo, ma lui è eccezionale in ogni ruolo, ha una dote naturale e così, insieme, cresce il nostro amore per il teatro.
Durante il sonno mi agito, si vede che quelle sensazioni di ansia, paura, tensione e gioia che sogno mentre recito, le vivo davvero anche mentre dormo… a te è mai successo? Drrriiiinnn. La sveglia! No! voglio continuare a dormire, devo continuare il mio sogno, non voglio svegliarmi, non ce la faccio a pensare a cosa succederà oggi, proprio non ce la faccio a perdere il mio Amico. Questa lettera la metterò in una lanterna, sai di quelle che si accendono in riva al mare, all’inizio dell’estate, così volerà in cielo e salirà su ed ancora più su, fino ad arrivare a Dio… così la potrai leggere.
Sipario!
Giovanna D’Orazio