Il recordman Fabio Sakara ha incontrato gli alunni delle classi terze della scuola media Orazio per raccontare che la solidarietà non ha confini
Quando ti prendi cura di una persona vinci sempre
Sorriso luminoso, occhi vivaci, corporatura da body-guard, ma soprattutto un cuore grandissimo. Lui è Fabio Sakara, un uomo che ha scelto di donare speranza a chiunque abbia il privilegio di conoscerlo.
“I sogni si realizzano. La parola “impossibile” non esiste. E se vi dicono ‘Tanto non ci riuscirai’, voi dimostrate loro il contrario”.
È una delle prime frasi che Fabio pronuncia, con decisione e con una sincerità disarmante, durante l’incontro da lui tenuto con tutte le classi terze della Scuola Media “Orazio”. Davanti agli occhi di noi ragazzi, Fabio ha indossato solo la sua determinazione, il suo coraggio, l’autenticità di uno sguardo rivolto ai più deboli, ai meno fortunati ai quali regala sorrisi contagiosi.
Fabio Sakara vive a Pomezia da sempre; da piccolo abitava nelle case popolari, una zona sicuramente poco prestigiosa della città… unappuntamentoquotidiano caratterizzava le sue giornate: il calcio. Sorridiamo, perché è una passione comune a molti ragazzi presenti all’interno dell’aula video, in cui si tiene l’incontro. Non ci è difficile immaginarlo correre dietro a un pallone, ridendo e urlando con i suoi amici. Purtroppo, quella carriera luminosa che Fabio sognava sui campi di calcio, viene interrotta da un infortunio al ginocchio.
Dieci interventi, una protesi al ginocchio, un corpo che accumula giorno dopo giorno chili, un sorriso che lentamente si spegne, mille sogni infranti. Rimaniamo in silenzio, tocchiamo con mano la sua delusione. Ma la vita, nel momento più buio del suo scorrere, gli offre la vicinanza degli amici, il sostegno del fratello Alessio, una seconda possibilità.
Oggi Fabio Sakara è sposato, ha due splendide bambine e una nuova storia da raccontare, iniziata così per caso, così come per caso nascono spesso tutte le idee migliori.
Un giorno, nell’estate del 2018, mentre la sua famiglia era già al mare, Fabio decide di raggiungerla; potrà farlo solo a piedi, perché la sua macchina è già stata presa dalla moglie. In fondo, deve fare “solo” 10 chilometri sotto un sole cocente, non sarà il suo fisico “importante” a fermarlo. Giunto sulla spiaggia di Torvaianica, Fabio non vede Stefano, il suo amico e vicino di ombrellone. L’amico ha contratto una bruttissima polmonite ed è ricoverato in terapia intensiva. Così Fabio, fedele da sempre al valore dell’amicizia, decide di far sentire il suo sostegno a Stefano facendogliuna promessa: fino a quando non sarà uscito dall’ospedale, lui percorrerà, tutti i giorni, a piedi, i 10 km che separano casa sua dalla spiaggia.
Passa una settimana, passano due settimane. Stefano è ancora ricoverato, non riesce a guarire. Passa anche la terza settimana, quotidianamente scandita dal ritmo regolare dei passi di Fabio, che risuonano sulla strada che da Pomezia conduce a Torvaianica. Dopo trenta giorni, Stefano esce dall’ospedale, Fabio può interrompere la sua promessa, mai, neppure per una volta, tradita.
Dalla costanza di quel fioretto, nascerà l’idea di un nuovo progetto, di una nuova sfida da portare avanti: “Decido con Stefano di mettere in rete un’esperienza mai vista prima, una camminata di solidarietà, e di invitare tutta la città di Pomezia a percorrere insieme a me quei 10 chilometri che conoscevo perfettamente”. Fabio ci confida che, quando il 12 agosto alle ore 12:00, vede le settanta persone,pronte a camminare al suo fianco, rimane assolutamente sorpreso.“Abbiamo camminato con un solo scopo: stare insieme”, aggiunge Fabio.Poi, improvvisamente, la voce gli si incrina, proprio mentre ricorda uno degli incontri che hanno segnato profondamente la sua esistenza: “In quell’occasione ho conosciuto una delle persone più importanti della mia vita: Angela”.
Angela Barone lo aveva contattato su Messenger, scrivendogli che le sarebbe piaciuto camminare accanto a lui, ma che non avrebbe potuto farlo, perché la chemioterapia, che stava seguendo, non le permetteva di esporsi al sole. Fabio non sa nulla di Angela, non conosce nemmeno il suo volto, sa solo che, ancora una volta, deve fare una promessa: le porterà, direttamente a casa sua, quella birra, che insieme avrebbero potuto bere alla fine della camminata. Ma Fabio non sa neppure che Angela abita a Roma, a 35 chilometri da Pomezia. Un sabato mattina, si mette in cammino, e dopo nove ore, con la bottiglia di birra in mano, Fabio giunge davanti al condominio dove vive Angela, ignara di tutto.
Con la complicità del marito della donna, la sorpresa riesce perfettamente: tutta la faticadel viaggio di Fabio si scioglie dentro l’abbraccio sorpreso e commosso di Angela. La ripresa video di quell’abbraccio buca lo schermo, la risata aperta e trascinante di Angela penetra nei cuori di tutti noi, gli occhi di molti studenti diventano improvvisamente lucidi di commozione di fronte a una nuova promessa mantenuta, di fronte ad Angela e a quella sua forma speciale di bellezza che solo le donne coraggiose e guerriere riescono a trasmettere. Il 16 settembre, Fabio organizza una nuova camminata, le 70 persone si sonotrasformatein 370 cuori pulsanti; accanto a lui, questa volta, c’è anche Angela con la sua meravigliosa parrucca azzurra da Fata turchina. Intanto, la Rai si accorge di Fabio, parla di lui la trasmissione “Vieni da Me”, condotta da Caterina Balivo. Ma il più grande successo di quella camminata è, senza dubbio, una telefonatagiunta da Roma: Fabio dovrà recarsi al Senato per ritirare il premio “Eccellenza per solidarietà, 2018”.
“Mi sembrava impossibile essere lì”, aggiunge candidamente Fabio, “io così impacciato in giacca e cravatta, con quel premio in mano, tra tutte quelle persone illustri che avevano fatto gesti straordinari”. Ed è proprio questa la qualità che più rende speciale e degno di ammirazione Fabio Sakara, la sua genuina umiltà,di fronte alla quale non si può che rimanere in adorante silenzio.
Ma quell’umiltà non impedisce a Fabio di credere nelle grandi sfide, in progetti ambiziosi al limite dell’umano. Un giorno, i genitori di una bambina morta difibrosi cistica, contattano Fabio e gli chiedono di fare qualcosa per evitare che il dolore che li ha distrutti possa attraversare altre famiglie. Fabio riflette a lungo per capire cosa possa fare per quei genitori, ha bisogno di una nuova idea, di un progetto che possa dare una piccola consolazione alla disperazione di quei genitori, che, invece di incattivirsi nei confrontidella vita, hanno trasformato la loro sofferenza in amore per gli altri. Si allenerà per sei lunghi mesi, per tentare di realizzare quello che mai era stato fatto prima di allora: il 30marzo monta in sella a una bicicletta statica e dà inizio alla sua sfida. Fabio, con la sua protesi al ginocchio, pedalerà per 24 ore ininterrottamente. “Mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta. ‘Tu sei matto!’, ‘Con quella gamba come fai?!’ Questi erano i commenti”.
Ma si sbagliavano: nonostante il blocco renale, i 29 litri d’acqua bevuti, i due scompensi cardiaci, le bottiglie d’acqua gelata gettate sulle sue gambe per dare sollievo ai muscoli in fiamme… inizia il countdown!
10… 9… Nel video, tutte le persone che lo incitano a non mollare, le biciclette posizionate attorno a Fabio lungo Piazza Indipendenza, mai vuote, nemmeno di notte… 8… i soccorritori alle sue spalle, pronti a intervenire in qualsiasi momento. 7… la figlia, aggrappata alle transenne, con i suoi occhi orgogliosi fissi sul padre, il suo grande eroe. 6… 5… Gli allenatori accanto a lui, certi che, come i grandi campioni, Fabio non si sarebbe mai arreso… 4… La moglie che gli sussurra all’orecchio “Sei bellissimo!”, fiera di quell’uomo che non ha mai tradito alcuna promessa… 3… Gli amici che credono in lui, perché hanno conosciuto profondamente il suo grande cuore. 2… Accanto a lui, quella bambina che non invecchierà mai e che per i suoi genitori rimarrà un ricordo senza tempo… 1… La mano di Angela sulla spalla di Fabio… avrebbe pensato dopo ai fastidi causati dalla seduta di chemio che aveva terminato, poco prima di raggiungere il suo amico. 0! La città va in delirio, Fabio rilassa le spalle, ferma le gambe che non sente più da ore, ma sente il calore della gente, vede la pioggia di coriandoli, prova la soddisfazione di avercela fatta!0!Fabio Sakara è il primo disabile a pedalare per 24 ore ininterrottamente. 0! Fabio ci dice che, dopo quell’esperienza, difficilmente si spaventa di fronte a qualcosa.0!Fabio che riceve direttamente dall’America l’attestato del suo record, che dedicherà alla città di Pomezia, facendolo appendere nella biblioteca comunale. Il nostro cuore si riempie di una strana felicità. Nonostante la gioia per il nostro campione, proviamo una sensazione di malinconia, abbiamo l’impressione che lui ci stia nascondendo qualcosa; Fabio, con la voce spezzata aggiunge: “Ragazzi, non abbiate mai paura di piangere. Non vergognatevi. Nella vita si piange, e questo non rende meno forti”. Si ferma per un attimo, respira profondamente… “Il 27 giugno, Angela non ce l’ha fatta. Ha perso la sua battaglia”.
Nessuno di noi studenti riesce a dire qualcosa, il dolore di Fabio è il nostro dolore. Fabio era riuscito a farci amare quella donna fragile dal cuore forte, dal sorriso aperto incorniciato da una affascinante parrucca azzurra.
Anche noi, come Fabio, abbiamo bisogno che la mano di Angela si poggi sulla nostra spalla, che ci consoli da un dolore che non siamo pronti a sopportare. Noi volevamo soltanto che, nella scena conclusiva della favola, la fanciulla si salvasse, perché le persone buone meritano sempre il lieto fine. Le lacrime scendono giù fino al cuore e lì rimangono, un applauso interrompe quel silenzio irreale.
“Queste non sono lacrime di tristezza, aver conosciuto Angela è stato un privilegio! Questo è per lei!” dice Fabio in un video che riprende la camminata in onore di Angela, alla quale hanno partecipato circa 1000 persone. Dopo quell’ultimo saluto ad Angela, Fabio ammette di aver pensato di non avere più nulla da offrire; quel dolore lo aveva interamente svuotato. Comprendiamo le sue parole, leggiamo sul suo volto la logica di quel dolore, ma ancora una volta Fabio ci sorprende quando aggiunge: “Poi, un giorno, mi sono detto: se mollo io, che speranza posso dare a coloro che ne hanno bisogno?” Il nostro guerriero decide, quindi, di non smettere, anzi, si spinge ancora più lontano, in Brasile. In seguito a una telefonata, agli inizi di Febbraio di quest’anno, Fabio parte alla volta di Rocinha; il Maestro Manuel Costa ha intrapreso una strada difficilissima e molto pericolosa: ha deciso di insegnare capoeira ai bambini di Rocinha, la favela più tristemente famosa di Rio de Janeiro. Qui, il maestro ha stretto un accordo con i narcotrafficanti che controllano l’intera zona: tutti i bambini che avessero scelto di seguire le sue lezioni di capoeira, invece che la strada del crimine, della droga, della violenza, sarebbero entrati sotto la sua protezione. Secondo l’accordo, inoltre, nella via, dove il maestro con la ventina di bambini che lo seguono, abita, nessun narcotrafficante deve mettere piede. Con i bambini del Maestro Costa, Fabio ha vissuto per sei giorni, provando sulla sua pelle, le condizioni disumane nei quali essi vivono o meglio sopravvivono. “Loro hanno perso tutto, o meglio non hanno mai avuto nulla, ma continuano a sorridere” e rivolgendosi a noi, Fabio aggiunge “quante volte voi vi lamentate della vostra vita, quante volte vi sentite terribilmente sfortunati? I bambini di Rocinha non si chiedono se siano felici, loro non conoscono cosa sia la felicità, ma nonostante questo sorridono. Essere felici è una scelta; Io ho deciso di essere felice. Voi?”.
Ci guarda fissi negli occhi Fabio, quando pronuncia queste parole, la sua chiarezza non ci concede possibilità d’appello; non possiamo fare altro che riflettere su tutti i nostri inutili capricci, le nostre banali superficialità. L’incontro con Fabio ci ha cambiati, l’ho visto chiaramente negli sguardi dei miei compagni di classe, l’ho letto nei loro sorrisi ammirati e nelle loro lacrime sincere. In fondo, il bello della scuola è proprio questo: si impara in ogni modo e in ogni momento, si impara con un libro aperto sul banco, ma si impara anche di fronte a due occhi che non ti lasciano scampo perché raccontano tutto con sincerità: il dolore, la gioia, le cadute e il coraggio di rialzarsi.
“Io cammino perché è l’unico modo per unire tutti gli uomini; la solidarietà non ha confini, siamo tutti uguali e tutti diversi” ci dice Sakara quando il nostro incontro sta per terminare e ci saluta con un ultimo grande monito: “Se non siete pronti a mantenere una promessa, non fatela”.
Raffaella Cecchini
Scuola Orazio Classe 3B