all’ufficio tributi; all’ufficio anagrafe il cav. Marcello e successivamente Ezio Penna. Erano tutti dipendenti che avevano una grande voglia di lavorare, in più vi era l’avvocato Edoardo Marotta, un validissimo amico oltre che collaboratore, che curava la parte legale e sicuramente mi ha evitato di fare qualche fesseria grazie ai suoi preziosi consigli e difatti non ho avuto mai preoccupazioni di alcun genere, anche se non sono mancate le azioni di indagine che sono sempre terminate con assoluzioni. Quello era un periodo in cui bisognava costruire la città e con quegli uomini si gettarono poi le basi dell’attuale Pomezia”.
- Quali furono le deliberazioni più significative di quel periodo?
“Iniziammo per prima cosa il programma scolastico, che oggi è la spina dorsale dell’attuale edilizia scolastica del nostro territorio e costruimmo le scuole su tutto il territorio comunale, gettando le basi per avere oggi quella tranquillità di acqua potabile. Infatti nel 1967 andai con l’allora ingegnere Ferrante al Ministero dei lavori Pubblici e ottenemmo 570 metri cubi di acqua al secondo. Fu un grande risultato se consideriamo che oggi tanti Comuni limitrofi in estate soffrono la sete, mentre noi abbiamo serenità e acqua a disposizione. Fu fatto il primo piano regolatore della storia del Comune di Pomezia, primo ed unico fino ad oggi. Fu adottato nel dicembre del 1967 e in esso furono immessi tutti i concetti per la realizzazione della città: la 167, la zona industriale, la salvaguardia delle aree turistiche e archeologiche. Per i numerosi reperti trovati nel corso degli scavi nell’area archeologica ritenni logico che dovessero essere conservati qui anziché essere ammassati nei magazzini e negli scantinati dei musei romani, per cui, quando i carabinieri lasciarono la caserma di Pratica di Mare, stabilimmo fin da allora che quell’edificio doveva diventare un Museo dove esporre i reperti archeologici della zona di Pratica di Mare. Furono quindi gettate le basi per tante cose importanti, fu bloccato con il piano regolatore lo sviluppo rivoluzionario di Torvaianica che era sorta attraverso una lottizzazione approvata dal Ministero dei lavori Pubblici nel 1957 e di cui non mi sento assolutamente responsabile della cattiva visione che si ha oggi di questa zona e di questo litorale che sarebbe stato meraviglioso se fosse stato salvaguardato lo “ius aedificandi” al di sotto della strada litoranea. Furono realizzate tutte le strade e tutte le fognature e Pomezia è stata tra le prime città ad avere un acquedotto. Il gas metano nel 1976 era già in funzione nelle case di Pomezia, risultato che lo stesso Comune di Roma ha ottenuto qualche decennio dopo”.
- Quali erano i suoi rapporti con il mondo del lavoro?
“Durante il famoso ’68, io giovane Sindaco, mi sono trovato in una zona industriale in pieno fermento ma che seguivo con impegno assoluto, perché partecipavo a tutte le manifestazioni sindacali ed ero vicino ai lavoratori per la mia forma mentale. Infatti nel 1964 avevo fondato il circolo ACLI che era l’associazione dei lavoratori cristiani e nel mondo sindacale ci stavo abbastanza bene e fu in quel periodo che andai a finire sulle pagine della stampa non solo italiana, ma anche americana, tanto che il giorno successivo Giulio Andreotti mi telefonò per sapere che cosa era successo e perché mi ero messo la fascia tricolore e avevo requisito la Litton Italia che era una azienda americana. Io gli spiegai che la Litton aveva compiuto una azione di chiusura della fabbrica buttando fuori tutti i lavoratori. Io non potendo operare in altro modo non feci altro che mettermi la fascia tricolore e presentarmi ai cancelli della fabbrica e in nome del popolo italiano requisire la stessa fabbrica facendo entrare tutti i lavoratori. L’onorevole Andreotti, che poi seppi era stato chiamato anche dall’ambasciatore americano in Italia, mi chiese se non ero impazzito, al che revocai immediatamente il sequestro della fabbrica che a sua volta ritornò alla normalità.
Questo episodio mi diede grande rispetto nella città e tra i lavoratori. Mi interessavo anche delle loro esigenze familiari. Allora in tante famiglie già lavoravano mariti e mogli e per questo diedi vita agli asili comunali e feci fare le sezioni che aprivano alle 7.00 di mattina e chiudevano alle 18.00, garantendo quindi un importante servizio alle famiglie. Per avviare tanti ragazzini allo sport, con l’assessore Antonio Panaccione e l’amico Sandro Palazzotti, vennero costituiti i Centri Olimpia. Organizzati dal Comune, questi centri indirizzavano i ragazzi a tutte le attività sportive. Le famiglie versavano al Comune una quota di iscrizione e con questa l’amministrazione pagava gli istruttori. Dopo un po’ di tempo gli istruttori pensarono bene di gestire direttamente tali centri, incassando direttamente le quote perché cosi facendo guadagnavano di più, ma in tal modo hanno fatto chiudere questa iniziativa comunale.
In quel periodo io e l’assessore Panaccione ci adoperammo per intensificare i rapporti tra i giovani di Pomezia e i ragazzi della città tedesca di Singen che venivano a curare il loro cimitero di guerra.
Fummo noi due e nessun altro che promuovemmo il gemellaggio con Singen che poi io, in qualità di Primo Cittadino di Pomezia, sottoscrissi nel 1974 con il borgomastro Mohrle. Nel 1978 lasciai la poltrona di Sindaco e nel 1979 fui eletto consigliere regionale subentrando, perche ero stato il secondo tra i non eletti della lista della Dc, e ci sono stato fino alle elezioni del 1980, dove non fui rieletto perché penalizzato da un gioco di squadra e non da una reale quantità di voti ottenuti. In quella mia breve esperienza di consigliere regionale, facendo parte della prima commissione che si interessava di lavori pubblici, urbanistica e trasporti, partecipai alla famosa legge sulla sanatoria edilizia e alla formazione di varie leggi che riguardavano l’urbanistica, inoltre ci interessammo anche del passaggio delle ditte di trasporto private alla Stefer prima e Acotral dopo. Quando nel 1980 non fui più rieletto alla Regione sono rientrato nella vita politica pometina facendo altre due volte il Sindaco, poi l’assessore e il consigliere comunale, lavorando per questa città dove ritengo di avere dato il massimo delle mie capacità lavorative e di avere portato un contributo efficace”.
Antonio Sessa