MODERATA FONTE 1555-1592 è pseudonimo di Modesta Pozzo de’ Zorzi, da lei stessa creato: la Modestia, virtù legata in modo particolare al femminile, si trasforma in più sobria e neutra moderazione, categoria sia etica che poetica, e il pozzo, luogo artificiale da cui si attinge l’acqua per scopi pratici, di sussistenza, diviene un’aulica fonte.
Moderata Fonte è qui ritratta nell’abbigliamento sfarzoso che era di moda tra le gentildonne veneziane nella seconda metà del secolo XVI. La frivolezza dell’abbigliamento contrasta con la corona di lauro che spunta tra i capelli, simbolo di raggiunta gloria poetica, e la severità del volto. Lo sguardo pare alludere a una dimensione interiore e segreta, oltre il presente, con malinconica consapevolezza.
Quando fu così ritratta, Moderata Fonte aveva trentaquattro anni, gliene restavano appena tre da vivere.
FORMAZIONE CULTURALE Alla modesta educazione ricevuta in convento, si aggiunge quella ricevuta in casa prima dal nonno,essendo rimasta orfana, e poi da altri parenti, persone colte e favorevoli all’affermazione culturale e sociale delle donne. In questo ambiente Modesta sviluppa la sua passione per lo scrivere e comincia a pubblicare le sue prime opere: Tredici canti del Floridoro (1581), Le Feste, (1581) ed altri minori.
I TREDICI CANTI DEL FLORIDORO: un poema cavalleresco, nel quale Moderata Fonte anticipa già alcune riflessioni sulla condizione femminile dell’epoca, affermando che la presunta inferiorità della donna rispetto all’uomo non è determinata da fattori naturali, ma dalla diversa educazione ricevuta e rivendicando per le donne il diritto allo studio e a un ruolo non subalterno: se quando nasce una figliuola al padre/la ponesse col figlio a un’opra uguale, i risultati sarebbero gli stessi, ma perché in altri affar viene allevata/per l’education poco è stimata.
IL MERITO DELLE DONNE: la sua opera maggiore, scritta in forma di dialogo, un testo illuminante sulla condizione femminile del tempo. Sette donne veneziane colte e raffinate, unite da cara e discreta amicizia, senza haver rispetto di uomini che le notassero o le impedissero, quindi in assoluta libertà, si incontrano nel bellissimo giardino rinascimentale di una villa dove discutono sulla condizione della donna e sui rapporti con l’uomo, ma non solo. Ognuna delle protagoniste rappresenta una particolare condizione - la donna sposata da tempo, la sposa novella, la vecchia vedova, la madre attempata con la figlia, la vedova giovane e l’intellettuale nubile, la cosiddetta “dimessa”. Nei dialoghi emergono le situazioni negative legate alla condizione femminile: la mancata istruzione, innanzitutto, la soggezione al marito e la difficoltà a rompere un matrimonio, il doversi occupare quasi esclusivamente della casa, la monacazione forzata, il problema delle meretrici. Il lungo dialogo alterna momenti di vitalità e consapevolezza a sbandamenti e capitolazioni, comprensibili nella difficile ricerca di un nuovo rapporto tra i sessi in un’epoca nella quale l’emancipazione femminile rimane l’isolata aspirazione di pochissime donne, che hanno potuto accedere al patrimonio culturale, di cui l’uomo è unico depositario. Nel discorso sulla superiorità maschile, ad esempio, emerge l’uso strumentale che gli uomini fanno della cultura e i motivi per i quali essi amano definirsi superiori. In realtà, l’autorità che gli uomini si sono arrogati è il frutto di un abuso storico: se siamo loro inferiori d’autorità, ma non di merito, questo è un abuso, che si è messo nel Mondo, che poi a lungo andare si hanno fatto lecito, e ordinario […] e più oltre si legge essi usurpano arrogantemente la signoria che vogliono aver sopra di noi, […] ma conoscendo molto bene quanto vagliamo, invidendo al nostro merito, cercano di distruggerci.
La grande domanda di quest’opera è Qual è la cagion che ci fa loro donazion del cuore e schiave volontarie fin alla morte? Le sette amiche non riescono a sviscerare fino in fondo la questione complessa dell’affettività e divagano su altri argomenti. Sensibile al nuovo spirito scientifico, Moderata Fonte si dilunga a descrivere fenomeni naturali, caratteristiche e proprietà di piante e animali, insieme a discipline quali la scultura, la pittura e la poesia. L’ostentazione orgogliosa di nozioni scientifiche, oltre che letterarie, storiche e artistiche è un elemento chiave per la comprensione dell’opera di Moderata Fonte. Torna a più riprese l’argomento dominante del Floridoro, l’educazione delle bambine: Sogliono anco molti a questo proposito proibir alle lor donne imparar a legger, e scriver, allegando ciò esser ruina di molte donne, quasi che dalla virtù ne segua il vizio suo contrario, e pur non si aveggiono[…] che più facilmente possi cascar in errore un ignorante, che un saputo, et intelligente.
In sintesi, ciò che Moderata vuole dimostrare è che le donne, se solo fossero lasciate libere di studiare, di esprimersi, di lavorare, di essere padrone del proprio destino, potrebbero essere pari e forse anche superiori agli uomini.
Dopo aver sposato nel 1583, a 27 anni, Filippo de’ Zorzi, un importante uomo veneziano, Moderata si vede costretta a sacrificare molto la propria attività letteraria. Muore di parto nel 1592, all’età di trentasette anni.
“Il Merito delle Donne”, opera pubblicata postuma nel 1600, è l’espressione compiuta della consapevolezza di donna di Moderata Fonte e un vero inno all’autodeterminazione femminile.
Domenica 20 novembre - ore 16.30
Clemente Marigliani
MICHELANGELO e
LA CAPPELLA SISTINA
Simposio in Via Venezia, 19-Anzio-RM
Lido di Cincinnato presso l’Istituto Suore Agostiniane
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Figure retoriche
e paradossi
di Giancarlo Marchesini
La nostra vita è intrisa di paradossi e la lingua ne è una testimonianza: il pane fresco in realtà è caldo perché è appena uscito dal forno. Un bicchiere è caduto dal tavolo e si è rotto in “mille pezzi”. Ma sono mille in realtà? Qualcuno li ha contati? Dammi una mano: in senso proprio o figurato? “Ella si va sentendosi laudare benignamente d’umiltà vestuta…”: ai nostri tempi Beatrice Portinari verrebbe accusata di oltraggio al pudore se non indossasse qualcosa in più della sua umiltà. E qui apprendiamo il valore intimo della metafora: un vocabolo o una locuzione usati per esprimere un concetto diverso da quello che normalmente significano. Fresco sta per caldo. Mille sta per tanti. La mano sta per aiuto.Vestire indica un modo di porsi e comportarsi.
Ha trascorso lunghi anni a studiare i classici greci. Ci sono anni lunghi e anni corti, a parte i bisestili? No, è un’iperbole. Ha volto la prua a nord: speriamo che il resto della nave abbia seguito la stessa rotta, altrimenti il vascello si spaccherebbe in due (questa è una sineddoche, una parte per il tutto).Quando do la mano al mio amico, me la taglia? No, è una metonimia, sovvertimento del significato.
Le metafore più efficaci sono quelle che nascondono, anzi implicano un aspetto paradossale. I paradossi danno un senso più profondo a quello che diciamo, immaginiamo, desideriamo.
Quando affermiamo che il nostro bicchiere si è rotto in mille pezzi stiamo in realtà – anche in questo caso – usando un'iperbole. L’iperbole non vuole alterare la realtà ma piuttosto rende la frase più credibile accentuandone il significato.
Un esempio storico: Zenone, Achille e la tartaruga
Le premesse: in una ipotetica gara di velocità, la tartaruga aveva un “vantaggio” rispetto al “piè veloce”Achille. Sulla base dell'esperienza pratica tutti, e fra gli altri il filosofo Zenone di Elea (489 – 431 a.C.), erano convinti che Achille l’avrebbe presto raggiunta e superata. Ma considerando la gara da un punto di vista teorico, e con gli strumenti matematici allora disponibili, Achille avrebbe dovuto superare un numero infinito di punti e quindi non sarebbe mai riuscito a “doppiare” la tartaruga.Zenone concluse quindi che la sua ipotetica gara si risolveva in un paradosso. L’enigma è stato sciolto molti secoli più tardi grazie all’applicazione del calcolo infinitesimale (non mi chiedete di illustrarvi come, so solo che lo fece Leibniz).
Quando diciamo “fuor di metafora” facciamo un richiamo a una concezione pratica della vita, nella quale Achille risulta sempre vittorioso. Ma fino a che punto è utile? “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, ammoniva Shakespeare, “La vita è sogno”, ribadisce Caldéron De La Barca.
Quanto sarebbe insulsa e monotona la nostra esistenza se non ci fossero paradossi e figure retoriche. Un giorno mi trovai a percorrere in macchina la strada che va da San Guido a Bolgheri. L'ipotiposi carducciana dei “giganti giovinetti in duplice filar” è talmente forte e così ben studiata che mi trovai a pensare, per ucronia, che la poesia di Carducci avesse ispirato la realizzazione della strada.
Ben studiata, ho detto, perché i processi artistici si fondano su un sostrato estetico in cui nulla è casuale. Jurij Lotman ha definito il mezzo artistico come un artificio che ha la funzione di eliminare gli automatismi del discorso ed espandere la percezione del lettore. Leggendo Davanti San Guido accettiamo un patto narrativo per cui i cipressi sono “giganti giovinetti”, che corrono incontro al poeta e lo riconoscono, inducendo in lui un’amara introspezione.
“Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, con il nostro bagaglio di metafore, paradossi e figure retoriche. E per fortuna. Sennò sai che noia!!
Simposio
Sabato 26 novembre 2022
ore 17.30 – Roma
Chiesa Evangelica Metodista - Via XX Settembre 122 C
PIANO FOR LIFE
Questo concerto inizia la cooperazione di incontri musicali in trasferta con “Piano For Life” per la lotta alla Neurofibromatosi infantile per aggiungere anche un fine benefico ad alcuni nostri incontri e raccogliere fondi per la ricerca di questa malattia rara in collaborazione con l'Università di Padova.
L'inganno
Ciò che è più terribile
di una guerra,
è che con l'idea
di un ideale
costringe una persona
senza colpa
a prendere le armi,
e diventare,
ciò che non aveva mai pensato...
Un assassino.
Pino Pieri
“Pagine di Teatro e Poesia per la PACE”
23 dicembre – ore 16.30
Cappella di Palazzo Sarsina