LETTERATURA
Letteratura del nonsenso come scopriremo fra poco e Letteratura ricca di senso. Entrambe possono essere dei ‘classici’, cioè si possono leggere su più piani interpretativi. Chiunque ne trarrebbe un piacere se non addirittura un motivo di riflessioni su più fronti. Quanti classici per i bimbi sono poi diventati letture dei grandi per il ritrovamento di un significato profondo nella bella storia che li aveva affascinati da piccoli. Pinocchio, Alice delle meraviglie, I viaggi di Gulliver e tanti altri, non sono solo libri per bambini.
I vari social, se pur a distanza, ci hanno permesso di colloquiare in questi giorni d’isolamento, ma la lettura di un libro ha dato l’opportunità di entrare in un ‘altro’ mondo, ove viene stimolata la possibilità immaginativa per intraprendere con nuovi compagni, nuovi viaggi e fare esperienze inaspettate.
Lo stesso vale per quanti in questi giorni li hanno dedicati alla scrittura: poesie, racconti, esperienze, ricordi. Un’opportunità inaspettata di ‘viaggiare’, di scoprire quante cose si possono raccontare nei momenti di raccoglimento favoriti dall’isolamento e dal silenzio.
Giuliana
SENZA PIETÀ
di Giuliana Bianchi Caleri
Pochi versi possono bastare per esprimere il senso di smarrimento e di paura che ha afferrato gli animi.
Nel turbinio di idee che avvolge oggi le menti degli uomini, una si è fatta strada inesorabile: il pensiero della fine della vita. Pur nella consapevolezza che per tutti noi esiste un termine, la nostra dipartita ci appariva dapprima come un qualcosa di individuale, il cui dolore era circoscritto al mondo a noi più vicino.
Poi… poi tutto si è dilatato: dardi invisibili, scagliati forse da un’antica divinità maligna, hanno preso a volare nell’aria, a colpire come frecce avvelenate che si introducono nelle nostre viscere, senza riparo, se non confidando nella sorte.
E la vita comincia ad appassire… come i fili d’erba di un prato che ha esaurito le sue sostanze nutritive, ovvero non è più abbeverato dalla pioggia.
Ed il giallo del prato fa da richiamo al lento consumarsi di una candela “moribonda”, che conosce la propria sorte, anche se non vorrebbe arrendersi alla fine, fino a conservare un ultimo guizzo di luce.
Ma infine l’individuo prende consapevolezza della precarietà del presente, che evapora verso l’ignoto, sino a perdersi tra l’oscurità del fumo in un mare di lava.
Ancora una volta, l’umanità si trova così a vivere senza pietà alcuna di fronte a calamità di varia natura, indipendenti… o talora dipendenti rispetto ai nostri comportamenti. È la storia dell’uomo che si ripete inesorabile, nonostante ciò che noi consideriamo progresso e lo sviluppo delle scienze.
Resta un ultimo pensiero: quale sarà “La vita nova”, di dantesca memoria, che ci attende?
La barra del tempo
improvvisa si chiude
e impavidi balzano
i pensieri della fine.
Dardi invisibili
saettano nell’aria
senza una meta …
senza un perché
a rubare una vita,
ombra trasparente
che piano appassisce
come fili d’erba
di un prato ingiallito
e intanto …
una candela moribonda
lenta si consuma.
Il presente diviene
l’inutile nulla
che rapido evapora
tra fumi di lava.
Maggio 2020
LA LETTERATURA DEL
“NONSENSO”
di Alessandro Evangelisti
UN PO’ PER CELIA
Il genere letterario del nonsenso sollecita un tipo di umorismo molto particolare. Tende a destare ilarità perché, in realtà, il significato di quanto esposto sfugge al lettore, che è sorpreso da una narrazione in cui alcuni elementi significanti del linguaggio sono bilanciati da altri elementi che negano il significato intuibile, e in cui il senso logico ed il valore delle cose vi appare capovolto. In ciò, dietro uno svagato candore, lo “scrittore dell’assurdo” si rivela spesso un arguto conoscitore dell’animo umano. Versi, poesie, romanzi e racconti brevi, testi di canzoni, articoli di giornalismo, sono stati creati sullo stile bizzarro del nonsenso.
NEL TEMPO
Il nonsenso ha una lunga storia. Prima del XIX Secolo, ne furono espressione i giochi, le canzoni, i drammi e le rime, le filastrocche, della tradizione popolare orale. Seguì poi la fase delle assurdità intellettuali dei poeti di corte, con creazioni di sofisticate forme senza senso di parodie latine, religiose e di satira politica. Infine, fu nei primi anni del XIX Secolo che il nonsenso ebbe ad evolversi in genere letterario, distinguendosi dalle precedenti forme di sciocchezze.
Fu reso famoso dallo scrittore britannico Lewis Carroll (1832-1898) con i suoi libri “Alice nel Paese delle Meraviglie” (1865) e “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” (1871).
Nel Cap. VI del primo dei due libri troviamo un esempio di dialogo nonsenso, tra Alice e lo Stregatto (un gatto magico, adagiato su un albero del fitto bosco): Alice - “Stregatto, potresti dirmi quale strada devo prendere per uscire di qui?”
Stregatto - “Dipende in gran parte da dove vuoi andare”.
A. - “Non mi importa dove”.
S. - Allora non importa nemmeno quale strada prendi”.
A. - “… purché io arrivi da qualche parte”.
S. - “Ma da qualche parte ci arrivi di sicuro, se vai sempre avanti senza fermarti”.
IL TEATRO DELL’ASSURDO
Sulla scia di quel genere, negli anni ’40, ’50 e ’60 del secolo scorso, si sviluppò il c.d. Teatro dell’Assurdo per le opere di alcuni drammaturghi che prendevano spunto dal concetto della assurdità dell’Esistenza, elaborato dai filosofi dell’”Esistenzialismo”. Anche qui, i dialoghi - ripetitivi e serrati - sono caratterizzati dalla mancanza di un senso logico, ma in grado comunque di spingere al sorriso, nonostante il dramma che vivono i protagonisti.
L’irlandese Samuel B. Beckett (1906-1989) ne dà un esempio nella sua pièce “Aspettando Godot” (1953), costruita attorno al motivo di una estenuante attesa: sulla scena, due vagabondi attendono in una desolata strada di campagna, accanto ad un albero, l’arrivo di un certo “Signor Godot”.
Nell’arco dei due Atti, litigano, si lamentano del loro stato esistenziale e, attraverso discorsi sconnessi e superficiali su argomenti futili e banali, fanno emergere il nonsenso della vita umana.
L’attesa dei due personaggi risulterà alla fine vana, perché l’annunciato “Signor Godot” non verrà, non verrà più. Dopo essersi allora chiesti “Bene! Possiamo andare?” ed essersi risposti “Sì. Andiamo.”, il sipario calerà su di loro, che rimangono comunque immobili sulla scena, senza muoversi.
UN UMORISTA
Achille Campanile (1899-1977) fu spesso accostato alla corrente letteraria “dell’Assurdo”, anche se egli preferiva definirsi umorista. Scrisse un racconto breve nonsenso, “Gli asparagi e l’immortalità dell’anima” (1974), in cui si avventura nella surreale ricerca di una correlazione tra gli asparagi (legumi) e l’immortalità dell’anima (questione concettuale).
Pur non avendo trovato un rapporto evidente tra i due soggetti, arriva a scoprire casualmente che ambedue hanno in comune di lasciare dietro di loro un “qualcosa”: 1) l’anima, se ritenuta immortale, fa restare di noi la parte migliore; 2) gli asparagi, anche di loro resta qualcosa, ma, al contrario di ciò che resta dell’anima immortale, dell’asparago non resta affatto la parte migliore, anzi resta la parte peggiore, il gambo.
L’accostamento però non lo convince. Quindi, dopo essersi speso in una lunga elucubrazione nonsenso, giunge alla determinazione che, in effetti, da qualunque parte si esamini la questione, non c’è nulla in comune tra gli asparagi e l’immortalità dell’anima.
ANNA KARENINA di LEV TOLSTOJ
(1828-1910)
«Anna Karenina in quanto opera d’arte è la perfezione… e niente della letteratura europea della nostra epoca può esserle paragonato». Dostoevskij. (1821-1891)
È «il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo ». Vladimir Nabokov. (1899-1977)
Questo grande romanzo pubblicato nel 1877 è stato proposto sulla scena da più registi. La TV lo raccontò a più puntate con grandi attori di teatro come quello del 1970 del regista Sergio Bolchi con Lea Massari. E come film, famoso fu quello con Greta Garbo nel 1935.
Proprio per questo, ci si potrebbe domandare: già conosco la storia perché dovrei anche affrontare questo libro