Il nettunese è stato premiato a Riccione, il 1° febbraio 2020, come il più longevo bagnino d’Italia ancora in attività
Vincenzo Simeoni, un uomo di mare
Un’insegna con il dio Nettuno, barba bianca mossa dal vento, mantello rosso, svolazzante nell’aria, con lo sguardo minaccioso e il tridente inclinato nella mano destra, sul mare con i cavalloni e un gabbiano in volo, sovrasta la scritta Benvenuti na praia do Gabbiano. Un misto di italiano e argentino realizzato dall’artista Rodolfo Tirocchi, con la collaborazione della moglie Elvira, italiana, nata a San Juan in Argentina. Significa Benvenuti alla spiaggia del Gabbiano. Siamo a Nettuno, allo stabilimento balneare adiacente la basilica pontificia della Madonna delle Grazie e S. Maria Goretti e i titolari sono i coniugi Simeoni, Vincenzo e Daniela. Lui, Vincenzo Simeoni, è stato premiato a Riccione, il 1° febbraio 2020, come il più longevo bagnino, ancora in attività con ben cinquantacinque anni di servizio e con più di quattrocento salvataggi all’attivo. Perché a Riccione e non a Nettuno? La risposta è semplice, o almeno apparentemente è così: perché a Nettuno non c’è una sezione della Federazione Italiana Nuoto – Sezione Salvamento. È stato il presidente Paolo Barelli a consegnare a Vincenzo Simeoni una splendida targa argentata per Riconoscimento Diamante, accompagnata dal Diploma di Benemerenza, per gli oltre cinquanta anni di carriera. Ma Vincenzo Simeoni, di anni di carriera ne ha compiuti cinquantacinque per l’esattezza.
Nato a Nettuno il 4 marzo 1948, da Anna Catacci e Salvatore Simeoni, Vincenzo sin da bambino ha coltivato la passione per il mare e soprattutto per il pattino che riusciva a smuovere, con i remi, nella battigia della spiaggia delle Sirene, dove lo zio Angelo Catacci ha lavorato per tantissimi anni con la qualifica appunto di Assistente Bagnanti, il bagnino insomma. Ed è stato lo zio Angelo a fargli da maestro, insegnandogli tutti i trucchi del mestiere, oltre alla tecnica del remo e a fargli conosce ogni tipo di corrente marina.
In fatto di mare e di salvataggi, Vincenzo Simeoni, è davvero eccezionale. Come tutti i marinai, che sotto la rude scorza di un viso riarso dal mare e dai venti, nascondono un animo aperto a tutti i sentimenti e passione per il proprio mestiere. Quando poi un marinaio dalla lunga esperienza parla del mare e racconta episodi della sua vita fatta di sacrifici, gli occhi brillano di commozione, l’anima si apre, si fa grande e immensa come il mare, e chi ascolta partecipa.
Ricorda Vincenzo Simeoni: “Ho sempre lavorato alle Sirene, ad eccezione di una stagione, quella del 1970, quando mi chiamò la direzione dello stabilimento Calypso, sul lido di Ardea, traTorvajanica e Rio Torto, dove ho effettuato molti salvataggi, perché eravamo in mare aperto, tra i quali quello di Michele Parini, uno svizzero di Basilea, fabbricatore degli orologi Philip Watch, che era venuto ad abitare nella palazzina a lato dello stabilimento. Non faceva il bagno da noi; lui andava a fare il bagno di fronte a casa sua, dove la spiaggia era libera, ma non sapeva nuotare. Un giorno lo vidi correre verso il mare e poco più distante scorsi una persona che agitava le braccia. Buttai in mare il mio pattino rosso con due salvagenti e con grandi remate gli andai in soccorso; quando arrivai dovetti lottare con tutti e due per metterli in salvo sul pattino. Michele Parini mi è stato sempre riconoscente e mi ha voluto ospitare a Basilea in Svizzera. Pagò l’albergo e una settimana di vacanza, tutto spesato. La prima volta che mi presentò alla sua famiglia, gli disse indicandomi, che se lui era ancora vivo lo doveva a me”.
Vincenzo Simeoni ha un fisico asciutto (è stato sempre magro), ma una forza da sfidare e battere le correnti ostili. Non c’è alcun dubbio che San Francesco da Paola, il Patrono dei bagnini di salvataggio, proclamato santo da Leone X il 1° maggio 1519, gli abbia fatto più d’un piacere. Un altro salvataggio che fa pensare all’intervento del santo protettore, lo fece sempre al Calypso, nel 1970. Salvò due persone che a bordo di una barca, avevano perso il controllo dei remi e la corrente li spingeva verso sud, sballottandoli da un lato all’altro, da prua a poppa. Vincenzo non esitò un istante e, appena valutato il pericolo per i due incauti navigatori, salì sul pattino di salvataggio e a remi raggiunse la barca. Arrivò fino al largo di Rio Torto, aveva percorso circa due chilometri dal Calypso, quindi accostò la barca e disse ai due passeggeri di lanciargli la corda che legò al pattino e sempre a remi condusse i due audaci ma inesperti, bagnanti al salvo.
Dopo quella stagione estiva del 1970, Vincenzo Simeoni tornò a lavorare alle Sirene. Lo stabilimento con il ristorante erano ancora sul tratto di spiaggia; più avanti, verso la chiesa di San Rocco, c’era ancora il ponticello sul fiume Loricina, e qualche decina di metri più giù, il Salus aveva dovuto realizzare la direzione e il bar nelle cabine, dopo l’abbattimento del piccolo manufatto in cemento che ostruiva la visuale alla basilica pontificia. Il tutto consisteva in una striscia di sabbia, dove al massimo potevano essere piantati cinque file di ombrelloni. Di lato alla chiesa, oltre al chiosco bar di Assuntina e Vasco Matteoni, dentro l’acqua era stata realizzata una diga frangiflutto che diventò una trappola per i bagnanti, perché in fondo all’estremità, verso il Salus e Le Sirene, si era formata una voragine a causa delle correnti d’acqua che creavano un vortice, un mulinello, che spingeva giù chiunque si avvicinava, anche chi sapeva nuotare. Ciò causò più d’un affogamento, altri si salvarono grazie all’intervento di Vincenzo Simeoni. D’inverno, in quel tratto, il mare arrivava fin sotto il chiosco bar, d’estate invece si formava una striscia di sabbia. L’idea di prendere la concessione per quel tratto di spiaggia gli venne in quel periodo, quando molto spesso doveva fischiare e urlare ai bagnanti di non fare il bagno in quel punto.
Ottenne la concessione nel 1987, quando la spiaggia era minuscola; oggi, invece, è lo stabilimento Il Gabbiano, con ristorante e bar sulla spiaggia, aperto quasi tutto l’anno, specie nelle domeniche assolate. L’ambiente, tutto in legno con una vetrata dalla quale si riesce a vedere Torre Astura, è facilmente raggiungibile, a un passo dal marciapiede. La striscia di sabbia è diventata una vera e propria spiaggia, sempre pulita. Spesso si vede Vincenzo Simeoni sopra un trattorino fare avanti e indietro per mantenerla pulita. Molte persone si fermano al bancone del bar, nel quale è piacevole sostare, anche per un semplice aperitivo. E questa è un’altra sfida che Vincenzo Simeoni, l’uomo di mare, ha saputo vincere.
Silvano Casaldi