mo, il filosofo e l’accademico considerato il padre della Scienza Moderna, in quanto ha introdotto il metodo scientifico (detto anche metodo galileiano o metodo sperimentale) e per il ruolo svolto nella Rivoluzione Astronomica, con l’accettazione del Sistema Eliocentrico enunciato nella Teoria Copernicana. È anche il secolo di Francesco Bacone, il filosofo inglese che sostituì una nuova fisica, sperimentale ed induttiva, all’antica, aprioristica e deduttiva. È inoltre l’epoca in cui si sviluppò l’Empirismo come corrente filosofica che pone nell’esperienza la fonte di conoscenza riallacciandosi al pensiero di alcuni filosofi antichi quali gli Epicurei, gli Stoici e gli Scettici. Tra i maggiori esponenti dell’Empirismo ci fu, oltre che a Bacone, il medico e filosofo inglese John Locke, riconosciuto padre del Liberalismo Moderno ed uno dei più influenti anticipatori dell’Illuminismo e del Criticismo. Il Seicento è ricordato in Europa come il secolo dell’affermazione definitiva dell’Assolutismo Monarchico in Politica, della Rivoluzione Scientifica nelle Scienze e del Barocco nell’Arte e nella Letteratura. Per l’Italia fu un periodo fecondo nelle Arti ma decisamente negativo in Politica e in Economia. Per quanto riguarda la situazione politica, il nostro Paese era dominato dall’allora grande Potenza Spagnola che tanti danni produsse soprattutto nel Meridione con una sorta di Feudalizzazione del territorio con le relative negative conseguenze sia in campo sociale che economico. A tale proposito va ricordato che i Napoletani erano definiti per tradizione “Mangiatori di foglie”, cioè di verdure e di minestre molto elaborate ed articolate da fare. Mangiatori di foglie ma non Vegani. Essi infatti non consumavano queste foglie da sole ma abbondantemente accompagnate da pezzi di carne. La foglia associata a carne di vario tipo dava luogo ad un gustosissimo piatto che ancor oggi si prepara ed è chiamato “A menesta maritata”, composto da sei tipi di verdure ai quali si aggiungono tre tipi di carne: di manzo, di maiale e di gallina.
Solo nel Seicento, a causa dell’impoverimento sia della città che di tutto il Meridione, per la carenza di carne questa fu sostituita dalla pasta, per cui da “Mangiafoglie” si trasformarono in “Mangiamaccheroni”. Ma nelle Arti, sia figurative che musicali e teatrali, questo secolo si espresse in una affascinante forma originale: il Barocco. Infine in Pittura troviamo il trionfo di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, nella scia del quale brilla per la sua geniale e drammatica espressività Artemisia Gentileschi.
ESSERE DONNA
Essere donna: nella diversità sappiamo guardarci dentro. Nel faticoso incedere di tre passi avanti e due indietro riusciamo sapientemente a ridefinire il nostro essere ed il nostro stare.
Tele di donne
Punti incerti
su ruvida tela di canapa,
punti invisibili
su organza e seta.
Scampoli di vita,
intreccio di fili,
nodi, strappi,
cuciture di fili emotivi,
di fili di sapienza.
Faticosa tela
in continuo ridefinirsi.
Ivana Moser
Domenica 15 marzo - ore 17.00
ARTE CONTEMPORANEA
con Vincenzo Scozzarella
PITTURA RUSSA /2ª parte
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi di tutti gli interessati
SIGNORA o SIGNORINA – non so
Usi in Italia e nel mondo
di Giancarlo Marchesini
8 marzo - Con l’approssimarsi della Giornata Internazionale della Donna mi torna in mente un aneddoto che amava raccontare una mia conoscente, impiegata in una sede consolare: un connazionale si presentò a lei per ottenere un certificato di residenza e esordì dicendo: “Signora o signorina? [lunga pausa] non so”. L’invito a chiarire lo stato civile venne reiterato più volte fino a che lei spazientita disse che, coniugata o no, nulla cambiava al suo modo di esercitare la professione. La risposta fu: “ Signora o signorina? [lunga pausa] non so”.
8 marzo 2020 - Questo episodio d’altri tempi è ormai superato dall’evoluzione della nostra società e con essa della lingua. “Signorina” indicava originariamente una donna di giovane età o non sposata. Signora si sta imponendo come termine universale e civicamente corretto. Ma continuano ad esserci eccezioni nella percezione dei singoli. Quando alla fine della seduta di laurea, al momento della proclamazione, il Presidente di sessione annuncia che “la signora XY ha ottenuto la laurea in XY” ci sono delle giovani che si sentono offese, come se stessero loro dicendo che sono vecchie. Per non oltraggiare le giovani laureate potremmo, forse, tornare al “signorina”. Ma se poi l’interessata convive con un compagno (o una compagna) o è una ragazza madre? E c’è pure l’altra faccia della medaglia: in tempi relativamente recenti (2015) l’onorevole Pina Picierno ha reagito vivamente contro Matteo Salvini che l’apostrofava con un “signorina” dicendo “ Signorina lo dici a tua sorella!”.
Un’occhiata fuori dai nostri confini - Prima ancora di precipitarsi su internet per cercare le occorrenze dei due termini – signora o signorina – dovremmo chiederci se questo sviluppo deriva da esigenze interne della nostra lingua o se la cultura italiana va al traino di altre culture europee.
Germania - Le cittadine tedesche sono fieramente opposte all’uso di Fräulein ed esigono l’appellativo Frau (signora). A parte il distinguo sociale (sposata/non sposata), resta il fatto che il termine Fräulein è neutro (per una semplice questione di grammatica, come tutti i diminutivi tedeschi). Il fatto di sentirsi denominare con un appellativo neutro evidentemente turba le donne tedesche (donna oggetto: si salvi chi può!). Di qui l’uso generalizzato del termine Frau quando si parla con una persona alla quale non si dà del tu. Ma quando gli adulti smettono di dare del tu? Immagino che un maestro di scuola elementare non si rivolgerà a una ragazzina di 8 anni dicendole Frau Müller.
Paesi francofoni -I francofoni (Francia, Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Canada cui si aggiungono numerosi paesi africani e, perché no, la nostra Val d’Aosta) si muovono più o meno sulla stessa linea, anche se la parola Mademoiselle non presenta problemi di genere come il corrispettivo tedesco. Ma, si dicono le parlanti francese, se consideriamo vetusta la parola damoiseau (che indicava storicamente un giovane nobile non ancora diventato cavaliere e che nell’uso odierno identifica un giovane “marpione”), perché dovremmo continuare ad usare mademoiselle? Va bene, chiamiamole tutte signore… Anche se la legislazione francese prevede, soltanto dal 2013, che la donna possa conservare il cognome da nubile. E, con un briciolo di perfidia, faccio notare che la parola nubile in francese indica una donna in età da marito, atta alla riproduzione, alla faccia nel nostro codice civile che predica semplicemente il suo stato libero.
Gli ineffabili anglofoni - Gli anglofoni sono teoricamente molto più equanimi: Mister viene usato per un uomo, Miss per una donna non coniugata Mrs per una donna coniugata. Ma, a partire dagli anni ‘80 ha fatto capolino il termine Ms (impiegato per donne sposate e non sposate). L’argomento è che conoscere lo stato civile di una donna è un’incursione nella sua privacy e che potrebbe ledere le pari opportunità (questa spiegazione non vale ovviamente per le partecipanti al concorso di Miss World che sono condannate ad essere signorine e basta). Va detto però che, tanto negli Stati Uniti che in Gran Bretagna, quando una donna decide di adottare il cognome del marito (e sono la maggioranza) viene identificata soltanto con quello. Se, ad esempio Amelia Smith ha sposato John Brown, diventa, nell’uso protocollare, Mrs John Brown. La sua personalità, la sua storia personale scompaiono fagocitate dal maschio / marito.
E, allora, in Italia? - C’è chi dice che cambiando la lingua si cambia la società e chi dice che prima cambia la società poi la lingua. In realtà non si tratta di sapere se è nata prima la gallina-società o l’uovo-lingua, ci troviamo di fronte a un feed-back nel senso che i due fenomeni si influenzano l’un l’altro. Da circa due generazioni abbiamo insegnato ai nostri ragazzi che la parola negro è stata abolita, che non si dice perché politicamente scorretta. Il titolo originale (1939) del famoso romanzo di Agatha Christie era Ten Little Niggers (il modo peggiore in cui un anglofono possa parlare di un nero). L’editore americano volle cambiarlo in Dieci piccoli indiani pensando che la minoranza amerindia sarebbe stata meno suscettibile della ben più numerosa parte nera della società americana. Ripeto: lingua e società sono in un rapporto di feedback (il termine usato normalmente nel linguaggio scientifico è retroazione). Ma quando sui social leggiamo insulti quali “sporco negro”, (ed è il meno pesante anche se resta infamante per chi lo scrive e per chi lo subisce) possiamo chiederci cosa hanno imparato quelle due famose generazioni di ragazzi. Sono le tastiere che creano i leoni o sono i leoni che si gettano sulle tastiere? Ecco un altro feedback. La possibilità di poter esprimere in rete non tanto le proprie idee ma uno starnazzare infestante dà sfogo a sentimenti repressi: frustrazione, avvilimento, inferiorità, incapacità di reagire, disfatta sociale.
Mutatis mutandis - Lo stesso vale ovviamente per le donne: vittime di un sessismo e di un maschilismo che denunciano profondi, profondissimi complessi di inadeguatezza e di inferiorità. Vittime di violenze casalinghe, di stupri, di prevaricazioni sul lavoro, di giudizi superficiali sul loro modo di abbigliarsi e di imporre la propria personalità. E la lingua non fa altro che ribadire questo atteggiamento incancrenito. In alcuni paesi (fra cui il nostro) continua a sembrare essenziale distinguere fra donne sposate e donne non sposate. Talvolta, come si è visto, neppure le donne vedono la necessità di un cambiamento della lingua e soccombono alla misoginia dell’animale dominante.
Uno sfogo personale, per finire - E per favore non venitemi a dire che il sessismo è politicamente scorretto. È una brutta traduzione che ci viene dall’inglese. La parola politica deriva dal greco polis e indica il “complesso delle attività che si riferiscono alla ‘vita pubblica’ e agli ‘affari pubblici’ di una determinata comunità di uomini” (cfr. Enciclopedia Treccani). La nostra (italiana) nozione di politica è quella dei rapporti fra noi e i nostri rappresentanti eletti, i rapporti (le tresche?) fra i partiti, gli intrallazzi e gli inciuci (brutta parola che sta a indicare intrighi, intese raggiunte sottobanco, di nascosto).
Il sessismo verbale nulla ha a che vedere con la politica: è rozzezza, ignoranza, grossolanità, inettitudine, insomma uno schifo prima che un’abominazione.