SUL PRINCIPIO DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni di tutti
LE ANIME DEL MONDO
di Adriana Cosma
Ci sono diverse versioni di un universo animato da una essenza eterna.
1- Il Principio Universale, visto secondo prospettive diverse che è fondamento del panteismo (una visione del reale per cui ogni cosa è permeata da un Dio immanente) e dell’immanentismo (ciò che esiste, in quanto parte della realtà abitata dall’uomo).
2 - Le dimensioni ipostatiche di Plotino (sussistere alla divinità) che seguono un movimento di precessione dall’Uno-intelletto-anima superiore (ponte fra divino e umano)–anima inferiore terrena.
3 - Il Tao, la natura infinita eterna molteplice viva e autogenerantesi, che tuttavia è unica non divisa che si mostra attraverso le fasi di manifestazione del Qi energia cosmica rivelata.
4 - Lo sciamanesimo animista in cui tutto è animato, ma manca la visione dell’Uno-dio; esistono invece Flussi di Energie che si intersecano fra le quali si destreggia lo sciamano, quale direttore d’orchestra viaggia nelle diverse dimensioni, sogna in diversi mondi e acquista il potere delle energie cosmiche per usarlo in beneficio del proprio popolo. Energie che si incarnano animando tutto e manifestandosi oltre che nella vita anche in spiriti benigni e maligni.
5 - Gli Shinto dello Scintoismo Giapponese spiriti sacri che si muovono in tutte le cose: una religione della natura.
6 - Gli Shen, nella spiritualità cinese: lo spirito divino che scende sull’uomo e nell’uomo, fino a farne parte: la sua dimora d’elezione è il cuore
7 - Gli antenati nel tempo sacro degli aborigeni.
8 - L’anima universale africana.
Giordano Bruno:
“tutti gli esseri sono fenomeni viventi dell’unica sostanza metafisica in cui le differenze sono solo quantitative non qualitative. “Tutto è vivo animato da una mente divina creatrice di infiniti universi perché sarebbe limitativo pensarla capace di creare un mondo solo. L’anima dell’universo, la mente che creando è forma di ogni cosa. (La grandezza di Bruno è diversa perché volta ad una rivoluzione della visione universale è imperniata sul superamento delle concezioni statiche dell’universo incarnate dall’aristotelismo tolemaico ed allora avversate da Aristarco di Samo nella sua visione del moto rotatorio della terra tesa sul proprio asse intorno al sole e sulla visione ellittica del cosmo di Ipazia, (poi rivalutate dalla nota rivoluzione copernicana).
Cerchiamo nel mondo il riflesso della vita che sentiamo in noi. Qualcuno lo chiama spirito, personalità, energia individuale, ma per tutti, anche se in modo diverso è il riflesso dell’anima del mondo.
OSSERVATORIO
LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Espressioni idiomatiche
“Chi va piano va sano e va lontano”
di Giancarlo Marchesini
L’espressione idiomatica del giorno è il noto proverbio “chi va piano va sano e va lontano”. Cerchiamo prima di tutto di approfondirne il significato. La prima raccomandazione che se ne ricava è “evitare le decisioni affrettate”: l’impazienza porta con sé il rischio di risultati controproducenti, tanto al livello dell’attività fisica (pensiamo agli sportivi dilettanti) che al livello di decisioni che hanno importanza per la nostra vita. Il “lontano” indica che i migliori risultati si ottengono studiando e portando a termine una ben precisa strategia d’azione: si fa più strada e si raggiunge la meta se non ci si affretta.
È interessante notare che lo stesso proverbio è presente in altre lingue, ma con formulazioni diverse. Ogni lingua ha la sua storia e il proprio modo di rappresentare la realtà (Voltaire parlava di génie de la langue) e variano quindi i modi di esprimere la stessa saggezza popolare. Il corrispondente inglese di chi va piano va sano e va lontano è slow and steady wins the race: l’inglese mette l’accento su velocità e costanza e il lontano viene rappresentato come vittoria nella corsa (ogni inglese penserà ai cavalli, animali considerati nobili nella tradizione britannica).
In francese esistono almeno due espressioni idiomatiche: 1) petit à petit, l’oiseau fait son nid e 2) qui veut voyager loin ménage sa monture. Le immagini sono quella dell’uccellino che costruisce il suo nido amorevolmente e con metodo e quella del viaggiatore che sa risparmiare la sua cavalcatura.
Ultimo esempio, il tedesco Eile mit Weile (affrettarsi sì, ma tempo al tempo) che corrisponde esattamente al latino festina lente (datti una mossa ma con giudizio).
Al di là delle singole parole esaminiamo i concetti portanti del nostro proverbio nelle varie lingue: l’inglese mette in evidenza la vittoria nella gara, il francese la cura, la preparazione e l’assenza di precipitazione, il tedesco (e il latino) ci propongono un equilibrio fra impulso e preparazione.
Quale di queste versioni è più espressiva? Tutte nello stesso modo e intensità perché rispecchiano una visione del mondo che cambia da un’area linguistica all’altra. Per definire queste aree linguistiche il grande studioso russo Jurij Michajlovič Lotman ha coniato il termine semiosfera (in cui la radice “semio” si riferisce alla semiotica, quindi ai segni e alla lingua).
La semiosfera ha un centro (quello istituzionale, che contiene le espressioni comunemente accettate) e una periferia, che è a contatto con altre lingue, e dove avvengono le trasposizioni da una lingua all’altra. I termini stranieri penetrano la nostra lingua attraverso i confini della semiosfera e, se accettati, vengono trasposti con modalità compatibili con la nostra cultura: l’inglese remote working diventa, per un ghiribizzo della nostra amministrazione, smart working, (che in realtà dovrebbe indicare soluzioni di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare e non soltanto il lavoro a distanza), mentre i francesi optano per télétravail. La nostra DAD diventa remote learning e enseignement à distance.
Altra caratteristica dei proverbi è la rima o l’assonanza di alcune parole che li compongono (piano / sano / lontano, Eile / Weile) e questa è una delle ragioni per cui queste espressioni proverbi non possono essere tradotte alla lettera: perderebbero d’impatto.
L’esempio dei proverbi ci permette di capire che per fare una buona traduzione non possiamo limitarci a una trasposizione di parole: traduciamo un messaggio e non le unità linguistiche che lo compongono. A riprova, il nostro proverbio del giorno mal sopporta la traduzione automatica: Google propone per l’inglese who goes slow and steady wins (inglese,) qui va lentement et régulièrement gagne (francese) Wer langsam und stetig geht, gewinnt (tedesco) il che dimostra che l’algoritmo di Google si basa su un meccanismo di traduzione verso l’inglese da cui vengono derivate le traduzioni nelle altre lingue.
Timeo Google et dona ferens?
ROMA CAPITALE D’ITALIA
Fine del potere temporale papale
19ª parte
di Francesco Bonanni
Dopo l’umiliazione di Anagni Papa Bonifacio, stanco ed avvilito, il 25 settembre del 1303 rientrò a Roma protetto da una scorta fornita dai Principi Orsini.
Il Pontefice era afflitto da tempo da una fastidiosa gotta e da una grave forma di calcolosi renale. Malgrado si fosse rivolto al medico Anselmo d’Incisa, illustre “Luminare della Scienza di Ippocrate” che tra l’altro aveva curato anche Filippo IV il Bello, morì l’11 ottobre successivo e fu sepolto nella Basilica di San Pietro in una Cappella costruita da Arnolfo di Cambio.
Attualmente però le sue spoglie riposano nelle Grotte Vaticane a causa della distruzione della Cappella ove era stato sepolto. Distruzione avvenuta durante l’edificazione della nuova Basilica ad opera del Bramante prima e di Michelangelo poi.
Pochi mesi prima, precisamente il 12 marzo Filippo acerrimo nemico del Pontefice, aveva avviato le lunghe procedure per l’incriminazione di Bonifacio.
Il Sovrano francese non volle rinunciare nemmeno dopo la morte del Pontefice ad istruire il processo, avendo come obiettivo l’indebolimento del potere politico del Papato.
Cattività avignonese
Così venne considerato il periodo delle vicende sopra citate
Difatti alla morte di Bonifacio, seguita da un breve Pontificato di Benedetto XI durato appena otto mesi, dopo un lungo Conclave perugino il 5 giugno 1305 fu eletto al Soglio Pontificio il francese Bertrand de Got, Arcivescovo di Bordeaux, con il nome di Clemente V, che al momento della sua elezione non era presente al Conclave in quanto si trovava nella su Diocesi.
Ma il neo Papa francese non volle farsi incoronare a Roma. Fece invece convocare all’uopo i Cardinali a Lione e, sotto le forti pressioni di Filippo il Bello, riprese il processo a carico di Bonifacio VIII che durò dal 1310 al 1313.
Giustificazione dell’umiliazione del Re a Bonifacio VIII
Anche se la conclusione del processo non portò ad una chiara condanna del defunto Pontefice , tuttavia comportò l’annullamento di tutte le sentenze emesse da Bonifacio contro sia il Re di Francia che i Colonna, nonché l’assoluzione da ogni accusa dei responsabili dell’oltraggio di Anagni.
Con il nuovo Pontificato Filippo IV ottenne, con il Decreto Papale “Rex gloriae virtutum”, il riconoscimento della legittimità del suo comportamento contro Bonifacio, con la motivazione che il Re di Francia era stato mosso da “zelo e giustizia”, ed infine, la soppressione dell’Ordine dei Templari.
Avignone-Francia nuova Sede Pontificia
Con Papa Clemente V la Sede Pontificia nel 1309 fu trasferita ad Avignone, città della Francia meridionale, e così ebbe inizio quella che fu definita la “Cattività Avignonese”.
Tale termine fu coniato da Francesco Petrarca che nel sonetto 114 del “Canzoniere” De l’empia Babilonia, ond’e’ fuggita considerò il trasferimento ad Avignone una condizione di esilio simile a quella vissuta dagli antichi Ebrei a Babilonia.
La scelta di Avignone fu di natura puramente politica.
Papa Clemente difatti, pur essendo interessato a tenere stretti contatti col Sovrano francese, tuttavia per conservare un margine di autonomia nei confronti del Potere Regio decise di risiedere ad Avignone che era di proprietà dei Duchi d’Angiò, sovrani del Regno di Napoli, e che era nelle prossime vicinanze del Contado Venassino, feudo pontificio.