Il Comune di Nettuno deve riaprire un confronto con il Ministero della Difesa
Problema Poligono militare
Con l’inizio della buona stagione si tornerà a parlare degli accessi a Torre Astura e dei problemi connessi alle possibilità di fruire delle bellezze naturali di questa parte del territorio cittadino ma al termine dell’estate tutto passerà nel dimenticatoio così come purtroppo avviene da molti anni. Per questo è opportuno e necessario tentare di ricordare, ancora una volta, i termini dei rapporti tra il Comune ed il Ministero Difesa.
Alla fine degli anni ‘70 il Ministero ritenne di porre fine al regime delle servitù militari per il territorio comunale che ne era in gran parte soggetto. Nel Poligono si svolgeva, a quei tempi, una intensa attività di esperienza e dalle batterie di tiro situate all’esterno della Città (Zona Cavalli, Biancardi ecc...) partivano giornalmente i tiri che attraversavano il cielo di Nettuno per terminare sul territorio del poligono. Per evitare pericoli alle persone e cose per tiri di rimbalzo od altro i terreni contigui al Poligono venivano fatti sgombrare ed ai proprietari venivano corrisposti indennizzi. Lo Stato decise di porre fine a questo sistema ed avviò l’esproprio di tutte le aree soggette agli sgomberi. Il Consiglio Comunale ritenne unanimemente di opporsi a questa decisione e presentò ricorso straordinario al Capo dello Stato con una specifica azione legale. Seguirono lunghe trattative con gli organi ministeriali e la vertenza venne conclusa con l’accettazione da parte del Governo (nota del Ministro 14277 del 25.5.83) delle condizioni fissate dal Consiglio Comunale con delibera 238 del 1982. Il maggior risultato raggiunto è stato quello del riconoscimento in capo al Comune di Nettuno della proprietà di 83 ettari all’interno del Poligono per i quali il Ministero è tenuto al pagamento di canoni annuali. Gli altri benefici sono dettagliatamente riportati nel documento ed hanno trovato pratica attuazione e rispetto per tanti anni (sospensione dei tiri, eliminazione delle batterie esterne, sgombero della ex Caserma Donati e successivo abbattimento per la creazione del Piazzale Berlinguer, rispetto delle condizioni ambientali di Torre Astura e della Pineta, disponibilità di locali all’interno della Torre costruzione parcheggio all’ingresso della Pineta realizzato con fondi comunali, accesso pubblico alla Pineta per 22,5 ettari ed alle spiagge per oltre 13 ettari con garanzia dei servizi antincendio, sorveglianza e pulizia a carico del Ministero, utilizzo per anni dell’ex Presidio per il quale è stata successivamente vietata la vendita, utilizzo immediato dell’area del giardino di Via Gramsci curato per anni dal Comune e poi inspiegabilmente chiuso malgrado la presenza del muro di separazione dal Palazzo opera realizzata dal comune, l’accesso al Poligono per visite archeologiche ecc… Tutto quanto concordato con il Ministero ha trovato puntuale rispetto per tanti anni a partire dal 1983. Purtroppo da circa 15 anni poco alla volta i precitati benefici ottenuti sono stati unilateralmente modificati e ridotti dalle Autorità militari ministeriali senza giustificazioni valide. Non occorre dimenticare che, a seguito delle intese raggiunte, il Comune ha ritirato il ricorso al Capo dello Stato e che i patti definiti si rispettano. Tutto può essere aggiornato ma lo si deve fare insieme esaminando cause e modifiche. L’intera questione dei rapporti a suo tempo stabiliti e comprovati da lunghe trattative e dai protocolli non deve subire modifiche di parte.
E’ indispensabile che il Comune rivendichi il rispetto dei propri diritti senza pietire “concessioni annuali” e perciò occorre riaprire subito un serio confronto con il Ministero su tutta la materia a tutela degli interessi dei cittadini non escludendo azioni legali di tutela dei propri diritti.
Elio C.
La proposta di Letta e la fine della luna di miele
Il neoliberismo di Draghi
Mi tocca ripensare quanto scrissi su questo quindicinale qualche tempo fa, ai tempi della nomina di Draghi alla Presidenza del Consiglio; all’inizio avevo visto la cosa di buon occhio: un tecnico di prestigio sul piano internazionale (il recente G7 ce l’ha mostrato, dopo Biden, Draghi è stato il leader più ascoltato, poi la ‘promozione’ dell’Europa ecc), al di fuori della beghe della politica ‘politicante’ italiana dei nostri tempi, che avrebbe organizzato e gestito in maniera virtuosa la questione vaccini, incardinando poi le condizioni migliori per redigere il piano degli investimenti dei fondi del recovery plan, preparando il terreno per una ripresa a pieno titolo non solo dell’economia ma anche della politica e delle sue funzioni uscite profondamente lesionate dalle ultime vicende che hanno visto una crisi antica precipitare rovinosamente con la pandemia. Insomma, una parentesi nel decorso fisiologico della democrazia -peraltro neanche la prima parentesi nella nostra recente storia- per consentire l’espletamento di incombenze eccezionali, alle quali la nostra politica corrente usurata (forse degradata sarebbe il termine più adeguato), non sarebbe stata in grado di far fronte, insomma; un’emergenza per far fronte ad una emergenza.
Mi sembra che le cose non vadano così. Il ‘vizio’ o la ‘vocazione’ della politica, tanto più se corroborato dalle tecnocrazie sovranazionali, non configurano, come credevo, un intervento virtuoso, e il successivo ritiro in buon ordine a cose fatte per lasciare il posto alla politica rappresentata. Questa mia pensata è stata veramente ingenua. Draghi si avvia ad assolvere un ruolo che, conformemente alla anomalia che lo ha portato alla Presidenza del Consiglio, non può non avere una caratterizzazione inedita e insolita per la politica e la stessa vita democratica italiana; viene a configurarsi uno scenario politico eterogeneo, una ibridazione tecnocratizzata e virata inequivocabilmente verso destra.
Detta così la cosa può sembrare forse una congettura po’ fantasy e naif, però tale congettura credo di poter dire, che vada concretizzandosi di giorno in giorno, lasciando immaginare, nel medio termine, uno scenario politico composto da un gruppo di potere (tendenzialmente una oligarchia) di tecnocrati egemoni con vago retrogusto militaresco. Quasi ad ‘ornamento’ leggittimante di questo nucleo sostanziale, ci sono gli spezzoni composti da politicanti di destra, di centro, di sinistra, divisi e litigiosi, uniti nel buon viso a cattivo gioco, tanto per fare la figura della democrazia rappresentativa. Una ipotizzabile compagine ad alta componente di expertise, che però -anche per quanto riguarda la campagna vaccinale- ha infilato non pochi errori, per i quali qualunque altro governo, soprattutto il precedente, sarebbe stato crocefisso. In tutto questo frangente l’episodio, forse probante, che mi lascia deluso e sconcertato, ma non sorpreso se fosse plausibile la congettura detta, è la risposta, data con sorprendente sufficienza, da Draghi alla ‘propostina’ (ina) pallidamente e remotamente di sinistra (tuttavia unica in questo ultimo trentennio liberista) fatta dall’ex democristiano Letta, sulla tassazione riguardante le successioni superiori ai 5.000.000, finalizzata alle prossime generazioni che erediteranno solo i debiti. L’idea (next generation tax) non andava liquidata con sufficienza e rapido fastidio, poteva invece essere considerata oltre che per i suoi aspetti economici-finanziari, anche per la sua valenza solidaristica e di coesione sociale fra vecchi e giovani: un nuovo patto sociale in una società sempre più conflittuale, piena di contraddizioni e sempre più impoverita. Draghi ha preferito accontentare i no tax: gli spiriti ‘libberi’, che non vogliono lacci e lacciuoli e altri ‘impicci’ etico-normativi: i No tax e (parenti stretti dei no mask perché anche la mascherina costituiva un insulto alla ‘libbertà: a tal proposito forse l’esempio dell’Inghilterra e Israele dovrebbero farci riflettere).
Probabilmente si sta alzando una folata di deregolazione, di ‘libberi’ tutti (quelli che possono permetterselo), che, nel mondo del lavoro e della produzione, significa anche rincorsa verso il profitto a ogni costo, senza se e senza ma, una restaurazione ottocentesca della quale sono indicatori, per esempio, l’aumento esponenziale di incidenti sul, per e da lavoro, un lavoro sempre più precario, squalificato, liquido. I segnali sono tanti (cash back, i licenziamenti…); tutti elementi ‘sparsi’ che però ci indicano che stiamo andando verso una ‘ripresa’ sotto l’egida di un neoliberalismo che credevo morto e sepolto dagli aa 90. L’esempio più evidente è, appunto, il no alla next generation tax. Un no con il quale, credo, si sia persa una occasione di solidarietà per una ripartenza veramente ‘nuova’ e diversa. Così, per stare dietro agli antichi egoismi (in Italia –unica probabilmente in tutto il mondo occidentale- le tasse di successione, sia per chi eredita l’appartamentino dei genitori sia per chi eredita, tenute, complessi residenziali, castelli è una flax del 4%) si ridisegna uno scenario di stucchevole solita ‘normalità’.
Giuseppe Chitarrini