Il SETTECENTO E LA MUSICA/4
di Gianluca Farulla
(La Sapienza Università ex allievo L. M. Chris Cappell College)
Il primato dell’intelletto sulla sensibilità
LeonhardEuler (1707-1783)
Euler matematico e filosofo svizzero nelle sue Lettere a una Principessa Tedesca (1775) scrive che il piacere per un brano musicale deriva dalla percezione dell’ordine e non dalle stranezze dell’immaginazione come si suole credere. Ammette però che le sue ricerche sono da considerare il risultato del giudizio di un uomo che non conosce a fondo l’estetica musicale.
Nella quinta Lettera, Sull’unisono e sulle ottave, dice:
«[…] quanto più una proporzione è semplice o espressa con piccoli numeri, più essa si presenta distintamente all’intelletto, suscitandovi un sentimento di piacere.
Questo principio generale è valido anche per l’architettura che ricorre a proporzioni matematiche semplici perché suscitano piacere nell’intelletto […].
Lo stesso accade per la musica, dove gli accordi piacciono solo quando lo spirito riesce a scoprirvi la proporzione sussistente fra i vari suoni, e tanto più facilmente riesce a coglierla quanto più essa è espressa con piccoli numeri […].
Ordine come armonia e misura procura piacere
L’armonia fra i suoni deriva dalle loro differenze, in quanto essi sono bassi o alti, gravi o acuti e questa differenza è data dal numero di vibrazioni che ciascun suono manda in uno stesso tratto di tempo […].
La differenza fra la velocità delle vibrazioni dei diversi suoni è ciò che propriamente si chiama armonia, la quale si produce quando, nell’ascoltare una musica, si comprendono i rapporti o le proporzioni che le vibrazioni di tutti i suoni hanno fra loro.
Ma, oltre l’armonia, la musica ha in sé ancora un altro genere di ordine: la misura, per la quale si assegna a ciascun suono una certa durata; la percezione della misura equivale alla conoscenza della durata di tutti i suoni e delle proporzioni che ne nascono e stabilisce se un suono dura 2,3,4 volte più di un altro».
Teoria del piacere e del dispiacere
È nell’ottava Lettera che si passa dai rapporti matematici a una formulazione sulla teoria del piacere e del dispiacere:
«I rapporti matematici semplici relativi al numero di vibrazioni prodotte dagli strumenti musicali nell’aria formano il correlato oggettivo e la base del piacere.
Il dispiacere al contrario, è il risultato della percezione di rapporti complessi.
Il piacere coincide con la percezione dell’ordine e quindi con l’armonia e la misura, ma esse non sono sufficienti; il piacere nasce anche dalla capacità dell’ascoltatore di indovinare le intenzioni e i sentimenti del compositore, la cui esecuzione, in quanto la si giudica riuscita, riempie lo spirito di una piacevole soddisfazione».
La dissonanza al contrario:
«[…] è un rapporto fra note espresso da numeri complessi che risulta difficilmente percepibile dall’animo umano, ma trae la sua legittimazione dal piano e dall’intenzione del compositore».
I RACCONTI DAL FARO
SENZA COMMENTO
Il popolo Inuit condivideva in passato il nome di “eskimesi” con altre genti, abitanti entro il Circolo Polare Artico. In un mondo che non offre molto, un mondo difficile alla vita, in cui costante è la lotta per la sopravvivenza, il poeta Inuit rispecchia l’ambiente in cui vive: è modesto e riservato, la sua inclinazione d’animo è meditativa.
L’alba, che per noi che possiamo permettercela ogni giorno è una cosa quasi banale, quando arriva dopo una notte polare lunga sei mesi, dopo un freddissimo e interminabile Inverno, fa elevare un canto: “[…] ... c’è solo / una cosa grande, / la sola cosa: / vivere per vedere […] / il grande giorno che albeggia, / e la fioca luce che riempie il mondo.”
Ad Oriente del Faro, dopo una lunga oscurità, l’alba dovrà sorgere ancora.
Il Guardiano del Faro
Quando un Amico se ne va,
non importa sapere se la direzione sarà la Gioia, la Serenità o il Nulla.
L’amico Sergio Fumi da pochi giorni se n’è andato, il suo corpo ha lasciato questa terra. Il suo garbo, il suo sorriso, il lento incedere sostenuto dalle premure di Anna Maria, la sua compagna di vita, il discorrere pacato e sempre briosamente arguto, sono l’immagine al di là del tempo che ci ha lasciato. È l’immagine della consolazione, che sapeva sempre trovare, e della fiducia che voleva infondere a chiunque la cercasse.
Lui, psichiatra, conosceva bene la complessità delle emozioni che generano inquietudini e ansia e, nonostante timori, disagi e sofferenze non lo avessero risparmiato specialmente negli ultimi anni, aveva sempre
una parola di conforto come amico e un consiglio come medico. Per tutti.
“Sono arrivato a novant’anni senza farci caso. Quando me ne sono accorto mi sono spaventato. Novanta è un bel traguardo, ma quando se ne raggiunge uno si desidera sempre il prossimo. Comunque, in novant'anni
mi sono capitate molte cose […]."
Sono trascorsi altri tre anni da queste parole, per significare che la vita è una cosa grande e vale sempre la pena viverla fino in fondo.
È così che tutti noi, gli amici del Simposio, vogliamo ricordarlo. Con tanto affetto e gratitudine.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/21
di Sergio Bedeschi
I FRATELLI MONGOLFIER
Volendo palare dei fratelli Mongolfier è difficile dire se la loro splendida impresa debba essere catalogata come evento sportivo, scientifico o tecnologico. O magari in tutti tre i modi. Prima di loro nessuno si era sollevato da terra se non per parziali e goffi tentativi che si erano conclusi sempre con un brusco, quando non tragico contatto con la Madre Terra. Da Icaro che aveva tentato con le ali di cera con il risultato che sappiamo, a Leonardo che, nonostante avesse dentro al capoccione intuizioni formidabili, di fatto però non tentò mai di persona. Piuttosto preferì affidare a un suo giovane collaboratore incosciente e baldanzoso la guida della sua ala battente. Il povero Tommaso Masini, lanciatosi da una collina di Fiesole, precipitò quasi subito rompendosi una gamba.
GIANBATTISTA DANTI, ALTRO CHE LEONARDO!
Meglio di loro fece sicuramente Gianbattista Danti di Perugia (di sicuro troppo presto dimenticato dalla Storia) il quale, con più avvedutezza, scommise sull’ala fissa. Siamo nel 1498 quando, contando sulle correnti ascensionali, intraprende con parziale successo diversi voli planati finendo puntualmente nelle acque del Trasimeno. Ma di lì a poco anche lui fa il passo più lungo della gamba: durante una gran festa a Perugia si lancia da un montarozzo per rompersi subito una gamba. Fine dell’avventura.
UN’ALTRA RIVOLUZIONE FRANCESE!
Ecco perchéil 19 settembre 1783, quando la mongolfiera dei due fratelliMongolfiersi alza sopra Versailles scoppia la “vera” rivoluzione francese, anzi mondiale, con sei anni di anticipo! C’è una folla immensa, sono tutti lì col naso per aria a strillare per l’emozione.C’è pure Luigi XVI con la regina Maria Antonietta a guardare. Finalmente si vola!Non proprio un aeroplano, soltanto un aerostato ad aria calda per carità, ma che importa, si vola! E allora perché perdere l’occasione di scriverci sopra subito una bella poesia, anzi una Ode? E a chi tocca? A Vincenzo Monti tocca! Sì, proprio lui, quello dell’“Iliade”. Ricordate al Liceo quando ci parlava della guerra di Troia?
Cantami o Diva, del Pelide,
l’ira funesta, che infiniti addusse
lutti agli Achei…
Mannaggia! Aveva riscritto il poema di Omero in bell’italiano senza conoscere il greco. Ma è mai possibile? Negli anni di Liceo non l’avevamo mai sospettato, noi del Classico che (lo potevamo ben dire) sapevamo il greco antico meglio di lui! Ci aveva fregato tutti col suo verseggiareforbito e musicale. Ma il Foscolo, col caratterino che aveva, non gliela perdonò mai e gliene disse di tutti i colori:
Questi è Monti poeta e cavaliero,
Gran traduttor dei traduttor d’Omero.
Lui non se la prese più di tanto e tirò dritto per la sua strada. In fin dei conti aveva un buon carattere. Restarono amici lo stesso. A noi però qui interessa il Monti cronista sportivo che, con quartine in settenario che sono niente male, esalta la grande impresa di una macchina che ben può definirsi un nuovo prodigio della Scienza e della Tecnica. Naturalmente inizia le cose alla grande come si usava allora, paragonando l’evento alla mitologica avventura di Giasone che salpa per il Mar Nero alla ricerca del Vello d’Oro:
Quando Giason dal Pelio / spinse nel mar gli abeti…
ma poi tutto il resto è ammirazione, stupefazione, gioia, euforia, diletto ed estasi per questo pallone che sale in cielo. Poco importa se nel primo volo lassù, nella cesta legata all’involucro, non ci sono esseri umani, ma più semplicemente tre docili animali domestici, una pecora, un’oca e un gallo. Tanto un mese dopo l’impresa sarà ripetuta e questa volta partiranno alcuni audaci sopra Parigi.
EVVIVA MONGOLFIER!
Ma l’Ode del Monti è tutta per il momento magico di Versailles:
Ode al signor Mongolfier
Per lui del pondo immemore,
Mirabil cosa! In alto
Va la materia, e insolito
Porta alle nubi assalto.
Il gran prodigio immobili
I riguardanti lassa,
E di terrore un palpito
In ogni cor trapassa.
Tace la terra, e suonano
Del ciel le vie deserte:
Stan mille volti pallidi
E mille bocche aperte.
Sorge il diletto e l’estasi
In mezzo allo spavento,
E i piè mal fermi agognano
Ir dietro al guardo attento…
Oggi quelli che vanno in mongolfiera sono ritenuti degli sportivi allo stato puro. Avete visto? Cercavamo Sport, Scienza e Tecnologia nella poesia. Li abbiamo trovati tutti messi assieme.