La mostra promossa da La Stella del Mare alla riscoperta della storia di Nettuno
Dai Frangipane agli Orsini
Un grande plauso va all’Associazione “La Stella del Mare” con Presidente Gianfranco Rabini per aver ideato la mostra “Dai Frangipane agli Orsini” che ha abbellito le sale del Forte Sangallo di Nettuno dal 15 al 30 settembre. E va naturalmente a tutti coloro che hanno contribuito al suo successo: tra cui la Prof.ssa Maria Di Fronzo, il Prof. Clemente Marigliani, la Prof. Angelina Vannini (storia della moda), Stefano Garau (grafica e allestimento fotografico). Ricordiamo che “La Stella del Mare” è impegnata nel valorizzare il territorio di Nettuno ed organizza ogni anno rievocazioni storiche.
Questa Mostra si è proposto il compito di divulgare le vicende storiche del Medio Evo e dell’epoca comunale, partendo dai Frangipane con uno sguardo alla moda del tempo, alla musica, alla vita sociale. Anche Nettuno, durante il Medio Evo era una città vitale in cui dominavano i Frangipane e gli Orsini, prima che il feudo fosse ceduto ai Colonna. Proprio per focalizzare l’attenzione su tali potenti famiglie sono state organizzate due conferenze. Giovedì 22 settembre, dalle ore 17:30, la Prof.ssa Maria Di Fronzo (storica del Medio Evo e ricercatrice Treccani) ha trattato ad un pubblico molto attento ed agli studenti presenti, la storia di “Corradino nella Divina Commedia di Dante e nelle fonti coeve”, servendosi anche di slide. Figlio dell’imperatore Corrado IV di Svevia, è stato duca di Svevia, re di Sicilia e re di Gerusalemme.
Dopo la morte dello zio Manfredi, avvenuta durante la battaglia di Benevento il 26 febbraio 1266, scese in Italia, rivendicando il suo regno a Carlo I d’Angiò. I Romani lo accolsero molto bene. Era bello, alto, biondo, aveva appena 15 anni, ma anche lui fu scomunicato mettendosi contro il papato come i suoi predecessori. Presso Tagliacozzo si scontrò con gli Angioini molto meno numerosi del suo esercito, ma ben organizzati dal consigliere di Carlo, Alardo di Valery, il quale mise in campo un falso re e poi 800 cavalieri nascosti che fecero strage dell’esercito avversario. “… e là da Tagliacozzo dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo.” (Dante – Inferno- Canto XXVIII).
Corradino con pochi fedelissimi riuscì a scappare e tornò a Roma, ma questa volta i Romani non lo accolsero, temendo la crudele repressione di Carlo D’Angiò che li considerava dei traditori. Raggiunta Torre Astura presso Nettuno, tenuta dalla famiglia Frangipane, fu catturato dalle truppe Angioine. Forse Giovanni Frangipane non voleva tradirlo, ma lo fece perché assediato per via mare. Portato a Napoli, Corradino fu condannato come usurpatore con un processo farsa e venne decapitato nell’attuale piazza del Mercato il 29 ottobre 1268.
La salma fu recuperata e tumulata solo con l’intervento della madre Elisabetta di Baviera. Sul luogo dell’esecuzione vi è ancora una colonna commemorativa, mentre le spoglie si trovano nella vicina chiesa di Santa Maria del Carmine.
Dopo l’8 settembre 1943 i monaci del Carmine le occultarono per non farle trovare ai soldati di Hitler che voleva riportarle in Germania. Alla vicenda dello sfortunato Corradino si sono ispirati tanti racconti, tante leggende. Dante lo ricorda nel canto XX del Purgatorio “Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima fé Corradino”; molto nota è la poesia che gli ha dedicato Aleardo Aleardi che inizia con queste parole: “Un giovinetto pallido e bello, con la chioma d’oro, con la pupilla color del mare, con un viso gentil da sventurato…” Il suo fascino continua fino ai nostri giorni nel ‘Sentiero di Corradino’ in Abruzzo, ideato dalla Prof.ssa Laura Micalizio. Ripercorre , dal borgo Sante Marie, attraverso il territorio della Marsica, l’itineraio del giovane principe per raggiungere i Piani Palentini presso Tagliacozzo.
Giovedì 29 settembre è stata la volta della conferenza “I Predicatori e gli scrittori di religione dell’età comunale davanti alla moda femminile”, tenuta dal Prof. Clemente Marigliani storico ed autore di molti libri su Anzio e Nettuno. Anche quella è stata molto interessante per conoscere la vita al tempo dei Comuni.
Rita Cerasani
“Coffeland. Storia che domina il mondo” di Sedgewick
La produzione del caffè
Augustine Sedgewick, “Coffeland. Storia che domina il mondo”, Einaudi, Torino 2021, pp. 488. 34,00 Euro.
Si può tracciare un percorso della storia del capitalismo ricorrendo alla narrazione delle vicende storiche di una bevanda? Sembra di si, che sia possibile; almeno Augustine Sedgewick, docente di economia, in una delle più prestigiose università nuovayorchesi ci prova in maniera egregia con questo suo studio che descrive il percorso della produzione del caffè: da prodotto esotico usato come curiosità ‘dal nuovo mondo’ in alcune delle corti nobiliari occidentali del 6-700, a bevanda di uso quotidiano in tutto il pianeta. Una merce che fin dall’inizio della sua storia in occidente si è rivelata capace di produrre grandi profitti e ricchezze generando una accumulazione fin dalla seconda metà del 1500 con il primissimo colonialismo, e poi consolidatasi a fine 700 e con la rivoluzione industriale, che ha dato vita a quella che può essere considerata la prima fase della globalizzazione, cominciando da quel paradiso in terra (così viene descritto dagli esploratori, colonizzatori e missionari) denominato El Salvador, dove si innescò -appunto- il primo commercio su scala planetaria e multinazionale di quella che allora era considerata una pregiata bevanda.
Una storia poco conosciuta, perché se si conosce, bene o male, la storia del capitalismo nel suo complesso, non si conosce approfonditamente le singole specifiche storie che lo compongono e sono a suo fondamento: la storia del caffè è paradigmatica delle dinamiche dello sviluppo capitalistico e questo libro ne dà un esauriente rendiconto. L’autrice ricostruisce questa storia illustrando le strategie di una famiglia inglese, che alla metà del 1800 si stabilì a El Salvador dando vita alla produzione ed esportazione su scala industriale e planetaria di questo prodotto della terra, scardinando rapidamente quella che era l’economia locale e a medio raggio del prodotto.
Da una scala sostenibile si passò a una scala di produttività intensiva, nella quale le aree produttive soppiantarono ogni altra attività, raggiungendo una intensità produttiva che non lasciava spazi, soppiantando ogni altra area di produzione-coltivazione e dando vita a un’economia altamente capitalizzata, tendenzialmente monopolistica e generatrice di povertà e disparità sociali, soprattutto nel Salvador e in tutta l’area centro americana. Un percorso storico, politico, sociale ed economico che dette vita successivamente a una serie di episodi di violenza e di repressione, soprattutto alla fine degli anni 50, con l’avvento di un regime di ispirazione marxista nell’area latino americana: il castrismo, che dette adito a una serie di ‘misure preventive’, di contromisure sovvertitrici della pur incerta vita democratica, che culminarono con il sanguinoso colpo di stato dell’ottobre 1979.
Insomma, una storia originale e inedita riguardante un percorso esemplificativo dell’affermarsi di una economia e di una politica legate a un prodotto di rilevanza planetaria: il caffè. Una storia inscritta in due storie parallele: quella della produzione -appunto- del caffè e quella dell’affermarsi, attraverso questa tipica produzione, di una aggressiva economia capitalistica che dal locale si espandesul mercato globale.
Giuseppe Chitarrini