Nel 1705 si convertì alla Chiesa Ortodossa assumendo il nome di Katerina Aleksevna.
Nel 1712 divenne la seconda moglie dello Zar Pietro dandogli 13 figli dei quali solo due superarono l’infanzia (Anna e Elisabetta).
Nel 1724 lo Zar la associò al Governo senza però nominare un legittimo Successore.
Alla morte del Sovrano, avvenuta nell’anno seguente, fu acclamata Imperatrice dai Reggimenti della Guardia Imperiale.
In realtà il potere effettivo era nelle mani del suo vecchio amante, il Principe Mensinov, e del Supremo Consiglio Privato.
A Caterina successe Pietro II che però morì in tenera età.
Salì al Trono di Russia Anna Ivanovna Romanova figlia di Ivan V di Russia e quindi nipote di Pietro il Grande.
Fu designata come Imperatrice dal Consiglio privato di Stato, formato da appartenenti alla Aristocrazia Terriera (i noti Boiardi), con l’intento di porre sul Trono una figura facilmente condizionabile.
Ma invece Anna si rivelò un personaggio tutt’altro che manovrabile. Difatti facendo affidamento alla popolarità di cui godeva presso i Reggimenti della Guardia Imperiale e all’appoggio della Piccola Nobiltà si comportò come una vera e propria Autocrate.
Uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di reintrodurre la Polizia Segreta che utilizzò per combattere gli oppositori; 30 mila dei quali furono esiliati in Siberia. Il Ministro Artemy Petrovich Volynsky fu addirittura condannato a morte mediante impiccagione pochi mesi primi della morte della Zarina.
Ostile alla Grande Nobiltà russa la allontanò dai posti di potere sostituendola con Personalità baltiche.
Partecipò alla Guerra di Successione Polacca (1733-1735) alla fine della quale riuscì a mettere sul Trono di Polonia Augusto III.
Inoltre entrò in guerra con l’Impero Ottomano ma a seguito della pace conclusa dall’Alleato Carlo VI, Imperatore del Sacro Romano Impero, fu costretta a restituire tutte le terre conquistate ad eccezione di Azov.
Con questa guerra iniziò una sistematica espansione sia verso l’Asia Centrale che verso Sud, che poi sarà proseguita da Caterina II.
Prese provvedimenti anche di natura interna: abolì la Legge di Pietro il Grande sul Maggiorascato ed inasprì le normative riguardanti la Servitù della Gleba.
Soffriva di disturbi circolatori probabilmente collegati alla sua notevole ‘stazza’(riferendosi alla quale Carly le disse che la si poteva paragonare al prosciutto della Vestfalia) per cui morì di nefrite a San Pietroburgo il 28 ottobre del 1740.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/24 di Sergio Bedeschi
I GRANDI SPAZI
Dalla Luna allo Spazio cosmico il passo è breve. Si fa per dire. Ma di certo non manca la poesia sullo spazio profondo, che parla di stelle, di costellazioni, di comete, di galassie, di altri mondi lontani. Se ne trovano in tutte le epoche, anche se è vero che negli ultimi anni sembrano più specifiche, più scientifiche ma non per questo meno affascinanti e suggestive. Sentite un po’ questa mia che parla dell’immensità dell’Universo messa a confronto con la nostra piccolezza:
Il Vangelo secondo Eisntein
Io singolo in infinito universo circondato
da oceani e da cieli aperti su immense montagne.
Più in là le stelle in sconfinati spazi,
sfondo di pianeti lontani.
Sospiri del cosmoidrogeni rotanti
turbinano su galassie ai confini del mondo
allargandosi in grande respiro.
Sparsi ovunque oscuri baratri,
come gorghi vorticanti in grande lago,
consumano i fluidi senza fine,
sprofondando ogni cosa nel grande mistero;
mentre corpi ribelli riaccendono,
a dispetto del caso, il fuoco della vita.
Verso l’esterno senza requie
sulle curve del tempo.
E sull’ultime strade, periferia del tutto,
antiche polveri testimoniano delle nostre origini.
Dio è finito colà frantumato in mille pezzi
entro freddi assoluti, senza caldi soli
o raggianti lune.
E io qui fragile minuto
infinitesimo tendente a zero.
Si tratta anche qui della contemplazione di un cielo notturno, ispiratore di grandi spazi, e forse di qualcosa di più.
Sarà forse perché ci siamo abituati a guardare quel cielo da grandi altezze che noi piloti ci sentiamo privilegiati rispetto al resto del mondo.
ETTORE MALOSSO PILOTA SCRITTORE FILOSOFO
Tra quei piloti c’è anche Ettore Malosso che dal suo aereo contempla il firmamento:
Una notte nel cielo
… il cielo è tutto una stella, ecco il Grande Carro,
poi le Pleiadi Sorelle, ecco l’immobile Stella Polare
attorno alla quale ruota tutto il mio mondo.
Contemplo le tremule stelle che pian piano se ne vanno.
Ascolto il silenzio e aspetto… aspetto finché la prima stella
ancora mi parla nel chiarore di una nuova aurora…
La Scienza, la Cosmologia, l’Astronomia, il Firmamento, l’incanto della Luna, storie leggende mitologie tutte scritte nei disegni fantasiosi delle Costellazioni. E volevate che questa “fredda” Scienza non facesse parte della Poesia?
ORIONE A FORMA DI ROMBO
Sentite un po’ quest’altro pilota che ci racconta del suo periodico appuntamento con la costellazione di Orione quando dopo il decollo porta il suo aereo alle quote più alte:
Orione
Orione, compagna di molte stagioni
le notti che fuggi dal sole.
Ti trovo sopra le nubi piovose o le grigie nebbie
ad aspettarmi ogni sera.
Conosco le tue abitatrici
che proteggono in geometria di rombo
nebulose lontane, ove forse
in altri me stesso soffia ancora la vita.
Cinque amiche splendenti
tre in fila più due,
anche se ho sonno vi guardo
lunghe ore di sogni perduti.
Quest’ultimo pilota sono ancora io: ve lo confesso soltanto ora, un po’ per pudore, un po’ per farmi perdonare del mio imperdonabile narcisismo. Perché, se non lo ve hanno mai detto, noi poeti (o poetastri che sia) siamo tutti degli impenitenti narcisisti. Altrimenti come faremmo a scrivere tutte quelle cose lì? E ho anche di peggio da proporvi visto che la Tecnologia deve aver il suo posto in questa rubrichetta e ovviamente ne avrà sempre di più dato che viviamo nel secolo della Tecnologia.
CARO, VECCHIO COMPAGNO
Vi propongo questa poesia che racconta la messa a riposo del DC 9, un aereo civile da 120 posti in cui ho volato per molti anni e ce ora viene ritirato dalla linea. Si può avere nostalgia per una macchina? Per un cumulo di metalli? Per due ali e una fusoliera? Vediamo un po’:
Rottamazione
Addio amico mio, metallo nudo infuocato dal sole o inumidito
dalle notti di nebbia. Addio.
Quante pene, gioie, paure abbiamo diviso lontani
in ogni angolo del mondo mentre altri tranquillamente
cenavano attorno ad un tavolo guardando la TV
o dormivano in morbidi letti.
Ti ho amato come un cavallo errante
nelle rapide soste durante le notti di luna,
la criniera alta sopra l’ambiziosa coda
e quel cantuccio quieto silente ove io sedevo
aspettando di galoppare sopra le bianche nuvole.
La tua vecchiezza, della mia fedele compagna,
avanza inseguendo le stelle.
Ora capisco a modo mio
perché l’uomo aspira ai cieli più alti.
SCRITTURA AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
VENEZIA:
centro editoriale
del rinascimento e
un’“eccezione”
Prima di affrontare le singole personalità femminili veneziane, le tre “ribelli”, rappresentanti della Querelle des Fammes, un breve ritratto della Venezia dei secoli XVI e XVII e il suo ruolo preminente in ambito editoriale.
VENEZIA E L’EDITORIA Durante l’era rinascimentale Venezia diventa un centro molto fertile della Querelle e, considerata sullo sfondo del dibattito a livello europeo, definita un’“eccezione” in senso assolutamente positivo, […] in nessun altro luogo si osserva una tale densità di discorsi e di ‹nodi› discorsivi che uniscono tanti campi diversi sotto il segno della Querelle […] Venezia produce fino alla prima metà del Cinquecento oltre il 50% delle opere femminili; nelle opere a stampa scritte da donne si osserva inoltre un forte aumento di argomenti profani. (Zimmermann, «‹L’eccezione veneziana›» 2014). In effetti Venezia ha rappresentato, all’epoca, un luogo esclusivo per le prerogative dimostrate nell’ambito librario, così come nella produzione letteraria femminile. La città offriva già in quegli anni le condizioni giuste per la produzione e prolificazione letteraria e proprio in questa città sono stati stampati quei «testi di qualità esemplare» che sono divenuti dei veri e propri ‹classici› della Querelle.
VENEZIA E LE DONNE Venezia si distingue rispetto ad altre situazioni italiane ed europee per una maggiore attenzione alla situazione della donna: le bambine vanno alla scuola pubblica, anche se in
percentuale minima rispetto ai maschi, e non possono comunque accedere agli studi superiori. Le donne possono ereditare al pari dei fratelli (anche se con notevoli limitazioni per i beni immobili), possono fare esse stesse testamento, hanno diritto ad una dote congrua, possono testimoniare in giudizio, possono esercitare un’attività economica anche a livello imprenditoriale. Anche a Venezia, tuttavia, le donne non possano ricoprire nessun tipo di carica politica: esse, pertanto, devono essere sempre, o quasi, rappresentate dal marito o dai fratelli maschi, ed hanno come destino il matrimonio o il convento.
VENEZIA E LA QUERELLE Due fattori hanno agevolato un particolare radicamento della “Querelle” in area veneziana. Da un lato il clima libertino che ha caratterizzato la stessa città avversaria di quei nemici che impedivano il libero agire, e dall’altro, in particolare alla fine del Cinquecento, il clima misogino diffuso all’interno della città, che sembra essere divenuta il centro del misoginismo italiano, e per reazione, all’inizio del nuovo secolo, la culla del moderno femminismo europeo (Daria Perocco, Alla ricerca di una letterata, 2007), dove compaiono a stampa gli interventi diretti di alcune scrittrici a difesa del proprio sesso: le tre “ribelli”, Moderata Fonte, Lucrezia Marinella, Arcangela Tarabotti, personalità che verranno affrontate nei prossimi articoli.
Qui, in conclusione, alcune righe su Venezia della lunga introduzione nella tradizione umanistica lausurbis che precede l’opera di Moderata Fonte. L’autrice sembra stabilire un rapporto diretto fra la città e le donne veneziane quando inserisce i termini-chiave della “querelle” – «eccellenze, nobiltà e dignità»:
[…] Questa città però è differentissima de tutte le altre ed è nuova e meravigliosa opera della man di Dio; e sì per questo, come per molte rare se sopranaturali eccellenze in nobiltà e dignità avanza già tutte le altre città del mondo, così antiche come moderne, onde dirittamente può chiamarsi Metropoli dell’universo. […] In questa dunque veramente città divina, residenzia de tutte le grazie ed eccellenze sopranaturali, fra le più chiare e reputate famiglie si trovarono, non ha gran tempo ed ancor si trovano alcune nobili e valorose donne di età e stato diferenti, ma di sangue e costumi conformi, gentili, virtuose e di elevato ingegno[…].