pressa o di sovranità limitata. Tutte situazioni in palese violazione, tra l’altro, della Carta delle Nazioni Unite e in particolare della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” del 1948, che i diritti di libertà individuale e collettiva pone a base della comunità internazionale.
In Italia, la Costituzione repubblicana fissa le fondamentali libertà civili e politiche contemporanee, quali le libertà personali (domicilio, circolazione, corrispondenza ecc. ); le libertà di pensiero, di coscienza e di religione; quelle di iniziativa economica e di proprietà privata, pur nei limiti stabiliti dalla legge; infine, la libertà di riunione e di associazioni in partiti politici, allo scopo di concorrere democraticamente a determinare la politica nazionale.
La Costituzione non si accontenta di determinare un orientamento democratico della società politica, garantendo le libertà fondamentali dell’autorità pubblica, ma tende a realizzare un ordinamento democratico della società civile, garantendo le libertà anche nei confronti dell’autorità privata (che è quanto dire della altrui libertà). Tuttavia, anche il nuovo tipo di Stato democratico, malgrado il maggiore impegno ideologico e scientifico che ne assiste l’ispirazione di fondo, non è immune dai pericoli degenerativi, che anzi vanno assumendo nuove forme ed una più vigorosa concretezza proprio in relazione al rinnovarsi delle strutture e del modo d’intendere la convivenza democratica.
Le tendenze egemoniche della concentrazione industriale sembrano infatti attingere nuova linfa dal connubio tra il capitale pubblico e quello privato sul piano dell’economia di mercato, nonché della programmazione a modelli settoriali differenziati sempre più limitando, in nome della competitività a livello internazionale e dell’adeguamento tecnologico, lo spazio della piccola media intrapresa economica e le effettive possibilità di una razionale ripresa dell’attività agricola. Altrettanto forte è la controspinta involutiva dell’egemonizzazione e della radicalizzazione della lotta di classe in chiave indiscriminatamente rivendicativa.
Oggi, tuttavia, l’ordinamento democratico non deve cimentarsi solo contro le spinte involutive interne e contro il globale giudizio di disvalore avanzato dai suoi tradizionali avversari. L’inquietudine e il disorientamento delle coscienze che corrodono il tessuto connettivo della società nell’avanzante era della meccanica stanno ricollocando la prospettiva umana al centro della problematica generale. La logica spietata dei più avanzati processi di produzione, di distribuzione e di consumo dei beni, ampliati dalla conflittualità economica sul piano internazionale, la fredda consequenzialità delle scienze, l’automatismo delle tecniche organizzative di massa, le alterazioni dell’ambiente e dei nuclei affettivi, quale conseguenza dell’industrializzazione intensiva e dell’inurbamento convulso e irrazionale, lo squilibrio tra qualità e quantità a tutto vantaggio di quest’ultima: in questi aspetti «fantastici e folli» (come li definisce Marcuse) della società tecnologica, l’antica tensione dell’uomo verso la libertà incontra insidie inconsuete, minacce senza volto o mascherate dietro allettati lusinghe di benessere, tirannidi psicologiche di cui spesso l’individuo serve inconsciamente la causa.
Tali condizionamenti possono assumere aspetti antitetici eppure paradossalmente convergenti: come non è libero l’uomo che il sistema produttivo rende schiavo del bisogno dei beni materiali, così non è libero quello che sconti l’appagamento dei bisogni primari con la privazione delle libertà spirituali. Non è libero l’uomo che la violenza dei pregiudizi e dei dogmi riducono alla condizione di uomo senza qualità, ma non è libero neanche chi viene sospinto a posizioni di potere e di ricchezza dalla frenesia del successo e del dominio, che la logica del sistema impone come un costume di vita. Nel momento in cui l’uomo prende coscienza di questa tragica realtà, riaffiora in lui l’antico dilemma se ritrovare la libertà in sé stesso e quindi nel rifiuto totale del sistema o ricercare criticamente in questo i motivi per una libera convivenza civile.
Lo sviluppo della civiltà industriale porta dunque, o no, ad un aumento del grado di libertà?
Continua
Vedi I parte e II pare nel Il Litorale di metà giugno e agosto 2020
12 settembre
Santissimo nome di Maria
A tutte le mamme, le nonne le zie e le amiche
Quante Marie ci sono!
Ave Maria
E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.
Fabrizio De André
LE DONNE E LA II GUERRA MONDIALE 2ª parte
di Francesco Bonanni
Dopo un periodo di rientro alle cure domestiche, o nelle migliori delle ipotesi a compiti subalterni sia nella Pubblica Amministrazione che nel settore produttivo privato nell’intervallo tra le due guerre mondiali, le donne ritornarono protagoniste degli eventi bellici. Con lo scoppio della 2ª Guerra Mondiale le donne furono di nuovo ammesse nelle fabbriche e negli uffici lasciati dagli uomini inviati al Fronte. Si ripeté lo stesso copione sperimentato per la prima volta durante la Grande Guerra. Le donne furono impiegate in mansioni che in tempo di pace venivano considerate di competenza esclusivamente maschile.
Donne arruolate!
Con la Seconda Guerra mondiale si verificò un fatto nuovo: l’impiego di donne nelle stesse Forze Armate in alcuni Paesi belligeranti anche se, nella maggior parte dei casi, in ruoli non direttamente combattenti.
In Gran Bretagna
Nel 1940 ogni uomo idoneo fu chiamato per difendere il Paese dall’invasione tedesca. In tale frangente le donne furono ammesse a partecipare attivamente in vari ruoli al conflitto, con il risultato inevitabile di scardinare le tradizionali convenienze sociali e con le inevitabili conseguenze sull’accelerazione del processo di emancipazione diretto al conseguimento della parità dei sessi. Inizialmente vennero impiegate in quelle che furono definite Mansioni Speciali: Addetti Radar, Addetti alla Mappatura e Operatori Radiofonici. Restavano in servizio per otto ore al giorno pronte a scattare in qualsiasi momento, guadagnandosi col tempo il pieno rispetto dei colleghi maschi.
Donne pilota!
Inoltre la RAF (Royal Air Force) su richiesta di una giovane, figlia di un influente Membro del Parlamento, aprì alle donne i corsi di pilotaggio. Anche se i piloti donne non furono impiegati in ruoli direttamente combattenti, tuttavia svolsero una funzione importante ai fini bellici consentendo al Comando Caccia Britannico di disporre per il combattimento di tutti i piloti di sesso maschile. Difatti le donne pilota furono inquadrate nell’ATA (Air Transport Auxiliary) con il compito di trasferire gli aerei di nuova costruzione dalle fabbriche alle squadriglie. Volavano a vista disponendo unicamente di mappe senza l’ausilio di radio guida. Sebbene fossero costantemente esposte a eventuali rischi di attacchi nemici, non avevano nessuna possibilità di difesa in quanto quegli aerei pur disponendo di armamenti, erano però privi di munizioni. Finalmente quelle giovani Britanniche si sentivano libere anche se la strada verso l’emancipazione è stata molto lunga. Dovevano scontrarsi con tutta una serie di preconcetti profondamente radicati nella Società.
Negli Stati Uniti
Il 5 agosto 1943 fu istituito il Women Airforce Service Pilots (WASP acronimo che nella lingua inglese coincide con il termine “vespa”). Fu un’organizzazione pionieristica costituita da donne pilota che, pur nello “status di personale civile”, durante la seconda guerra mondiale pilotarono aerei militari sotto il comando della U.S. Army Airforce. Anche loro con gli stessi incarichi ausiliari delle colleghe inglesi. Solo nel 1977 alle WASP fu riconosciuto “Status di Veterano”.
In Francia
In base ad una legge del 1938 che prevedeva l’arruolamento di donne unicamente in tempo di guerra, fu istituito l’arruolamento volontario femminile sia nella AFAT (Ausiliarie Femminili nell’Armèe) che nella FAF (Forze Ausiliarie Femminili).
In Germania
Anche la Germania Nazista impiegò durante la guerra nelle tre Forze Armate personale femminile con funzioni ausiliarie.
Circa la metà di loro erano volontarie. Le altre prestavano servizio obbligatorio collegato allo sforzo bellico. Operarono soprattutto in territorio del Reich e solo in misura minore furono impiegate in territori occupati, per un ammontare complessivo di circa 500 mila unità.
Furono impiegate in vari servizi:
- Servizio Sanitario Militare
- Servizio Amministrativo in qualità di dattilografe
- Comunicazioni come telegrafiste e telefoniste
- Servizio Meteorologico e nelle Protezione Civile Ausiliaria
- Difesa Antiaerea come Operatrici di Apparati di ascolto.
Infine alcune furono arruolate nelle famigerate SS. settore militare, ad eccezione delle Infermiere volontarie destinate a prestare assistenza sanitaria negli Ospedali da Campo e sulle Navi Ospedale. Solo quando il gettito delle leve maschili non poté più soddisfare le crescenti necessità di Specialisti, la Regia Aeronautica decise di arruolare personale femminile nel delicato Settore delle Trasmissioni.
Nel 1940 la Federazione di Milano con la collaborazione del locale Fascio Femminile organizzò i primi corsi di Radiotelegrafia destinati alle ragazze tra i 18 e i 21 anni. Successivamente questa iniziativa si estese a numerose altre Federazioni.
Anche la Regia Aeronautica arruolò nel Settore delle Telecomunicazioni personale femminile appartenenti alla fascia di età di 18 ai 40 anni.
Alla fine del Corso le Allieve conseguivano il Brevetto di Marconiste-Aerologiste-Telescriventiste per essere assegnate ai CAV (Centri di Assistenza al Volo). Potevano frequentare la mensa Ufficiali oltre ed usufruire di alloggio fornito dalla stessa Forza Armata.
Inizialmennte le Marconiste indossavano l’uniforme del Partito Fascista sulla quale era ricamato sia sul braccio sinistro che sul petto il prestigioso distintivo di “Ausiliaria della Regia Aeronautica”.
Solo dal febbraio del 1943 alle Marconiste fu fornita una uniforme grigio-azzurra con i fregi della Regia Aeronautica ma senza stellette in quanto il loro stato giuridico rimase quello di “Ausiliarie Civili”. La loro esperienza risultò piuttosto breve: si concluse con l’8 settembre del 1943 anche se nel Regno del Sud fu ripresa, ma solo con mansioni puramente amministrative, con l’istituzione del CAF (Corpo di Assistenza Femminile). Indossavano una uniforme di foggia inglese ed avevano il grado di Sottotenente.
Anche in questo caso il Corpo fu sciolto alla fine delle ostilità. La Repubblica Sociale Italiana istituì sin dall’aprile del 1944 il SAF (Servizio Ausiliario Femminile) che riscosse un certo successo. Oltre 6.000 donne di varia provenienza sociale inserite nell’ Aeronautica Repubblicana a pieno titolo furono impiegate in compiti sussidiari fino alla Liberazione.
Concludendo, dalle vicende belliche nelle quali sono state coinvolte le donne, si può constatare quanto la Realtà presenti dei veri e propri paradossi. Difatti la Guerra, con i suoi orrori e distruzioni sia materiali che morali, ha presentato anche ricadute positive sia nel campo dell’evoluzione tecnologica che in quella della lunga e sofferta strada dell’Emancipazione Femminile.
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CINEMA PARADISO ANCHE DA NOI
Con tracce cinematografiche
Da Palermo, comune noto per essere stato tra i principali set del film premio Oscar Nuovo cinema Paradiso, si è svolta la seconda edizione del “Paradiso film fest” dal 21 al 23 agosto.
Renzo Ridolfi con “Tracce cinematografiche” per l’importante occasione ha curato una rassegna di cortometraggi ed una raccolta di brevi documentari realizzati tra il 1954 e il 1959 di Vittorio De Seta creando un ponte tra Palermo e Nettuno, dove il prossimo settembre dal 3 al 6 alle ore 20.30 nella suggestiva cornice del Forte Sangallo si terrà la IX edizione di “Tracce cinematografiche film fest”.
La premiazione dei vincitori, causa Covid, sono rinviate al prossimo anno, nel quale si festeggerà il primo decennale del Festival.
Quest’anno tra le categorie social, animazione, free e videoclip, saranno visibili corti provenienti da ben 10 nazioni, compreso il film vincitore dell’ambito del “Premio Mediterraneo”.
I temi sono tanti e diversi tra loro, alcuni sono:
la disuguaglianza, un concetto trasversale a tutte le società; l’inadeguatezza, caratteristica che accomuna un po’ tutti quanti: chi non si è mai sentito inadeguato? Chi non ha mai finto sicurezza in situazioni difficili?
La musica: un'arte che rende più facile la difficile esperienza dell'amore; l’amicizia tanto "improbabile" quanto vera. L’Innocenza, la natura, la religione, la famiglia e la morte ed altro ancora...
Tra queste opere alcune saranno riproposte al Simposio perché come dice Javier Navarro: Il cinema è uno strumento educativo con un potenziale enorme. Un’importante opportunità.
Ivana d’Amore