Senza il ripianamento in trent’anni dei prestiti sblocca-debiti l’ente di piazza Roma deve versare 5,8 milioni di euro l’anno per tre anni
Rischio default con la sentenza della Corte Costituzionale
Gli effetti dalla sentenza 80 della Corte Costituzionale, rischiano di mandare in default Aprilia e altri 1200 comuni italiani grandi o di medie dimensioni. Comuni che, in attesa delle decisioni che verranno messe in campo dalla politica ai piani più alti, possono fare ben poco per mettersi al riparo dalle conseguenze della decisione della consulta, se non adoperarsi politicamente con i propri referenti al fine di trovare un escamotage nel più breve tempo possibile.
La pensa così il dirigente alle finanze del Comune di Aprilia Emiliano Di Filippo, che interrogato sul punto dal consigliere di opposizione Davide Zinagaretti nell’ambito di una commissione finanze tutta incentrata sulla prossima approvazione del bilancio consuntivo, ha ammesso la gravità del problema legato all’obbligo di restituire in tre anni 17 milioni di euro del fondo anticipazione di liquidità, prestito che invece l’ente contava di restituire in trent’anni e lanciato un appello alla politica di farsi portavoce attraverso i propri rappresentanti di un nodo che i tecnici stanno tentando in tutti i modi di sciogliere.
“Si tratta di una questione - ha ammesso il dirigente alle finanza - che non mi fa dormire la notte, sia in quanto dirigente di enti pubblici sia come studioso che collabora con il Ministero e quasi quotidianamente ci aggiorniamo con la Corte dei Conti alla ricerca di un rimedio per un problema che rischia di travolgere 1200 comuni italiani, tra i quali oltre ad Aprilia anche comuni grandi come Torino, Napoli e Lecce”.
Ma se il sindaco Terra era parso ottimista di riuscire a trovare una quadra anche nella peggiore delle ipotesi, per il dottor Emiliano Di Filippo che solo con un anno di duro lavoro, tagli e sacrifici è riuscito a far scendere a 45 milioni di euro un disavanzo che lo scorso ammontava a 48 milioni di euro, riuscire a coprire in tre anni il debito di 17 milioni di euro rappresenta un’impresa quasi impossibile. Anche una strategia lacrime e sangue potrebbe non bastare.
“La sentenza - ha spiegato - ha tolto la possibilità di procedere con un ripiano trentennale di quel debito, che invece viene trattato quasi come fosse un disavanzo semplice, da ripianare obbligatoriamente in tre anni o quanto meno entro la consiliatura. Nel caso di Aprilia, si tratterebbe di restituire in un triennio 18 milioni di euro, circa 6 milioni di euro l’anno tratti dalla spesa corrente a cui rinunciare. Si tratterebbe di ridurre all’osso le spese o di impegnare gran parte delle entrate, chiudendo qualsiasi possibilità di erogare servizi alla città, soprattutto per Aprilia che ha già fatto sacrifici per riuscire a ridurre il disavanzo. Il legislatore conosce bene quale sia la situazione e per questo ha previsto di spalmare 500 milioni di euro a favore dei comuni coinvolti: fortunatamente Aprilia, che rientra tra i criteri di erogazione, riceverà fondi a copertura del 40-60% del debito. Questo però non basterà a risolvere il problema alla radice. I tecnici stanno facendo la loro parte, ma non possiamo che aspettare le decisioni che la politica nazionale prenderà nel merito”.
Francesca Cavallin
Seppur con la spada di Damocle degli effetti della sentenza della Corte Costituzionale e con un disavanzo per mancati accantonamenti da ripianare ancora pari a 45 milioni 300 mila euro, i numeri del bilancio di esercizio per il 2020 segnalano l’avvio del percorso di risanamento finanziario dell’ente. Se resta negativo l’equilibrio complessivo di parte corrente, pari a – 506 mila 940 euro, sono salvi e tornano con il segno + i due più importanti parametri: il risultato di competenza di parte corrente pari a 6 milioni 865 mila 773 euro e l’equilibrio di bilancio di parte corrente, pari a 3 milioni 793 mila 7 euro. Timidi segnali di miglioramento giungono anche sul versante della lotta all’evasione fiscale, tallone d’Achille per l’ente di piazza Roma: rispetto ai 1647 avvisi di accertamento sull’Imu/Ici degli anni passati, per un importo di 6 milioni 583 mila 273 euro, l’ente è riuscito a incassare nel 2020 310 mila 963 euro e rateizzare 322 mila 746 euro. Meglio rispetto al 2019, quando su 2487 avvisi di accertamento per un importo di 11 milioni 172 mila 219, l’incassato fu di appena 196 mila 544 euro, le somme rateizzate di 57 mila 618 euro. Lo storico degli accertamenti emessi per quanto riguarda la Tari, segnala che ancora molto c’è da lavorare sul versante della riscossione coattiva, se l’ente ha accertato altri 2 milioni 700 mila euro di evasione tributaria, emesso 7685 avvisi di accertamento per un totale di 12 milioni 266 mila 174 euro ma ha riscosso solo 683 mila 355 euro e rateizzato 842 mila 297 euro. Infine, anche sul versante della gestione di cassa si registrano segnali incoraggianti: al 31/12/2020 il tesoriere ha registrato una giacenza positiva di 36 mila euro. “Sicuramente c’è ancora da lavorare – ha dichiarato il dirigente alle finanze Emiliano Di Filippo durante la commissione – ma i numeri iscritti nel bilancio attestano chiaramente l’avvio di un percorso di risanamento finanziario da parte dell’ente. I due parametri più importanti, relativi al risultato di competenza e all’equilibrio di bilancio di parte corrente, sono tornati in positivo, ancora negativo è l’equilibrio complessivo di parte corrente, pari a -506 mila 940 euro e l’equilibrio complessivo, pari a 197 mila 5 euro. Per la prima volta dopo anni un segnale piccolo segnale positivo arriva anche dalla gestione di cassa, che chiude in positivo di circa 36 mila euro. Inoltre il Comune ha riallineato, come richiede la normativa, le poste di debiti e crediti delle aziende partecipate”.
Pur con tutte le difficoltà, nonostante i maggiori accantonamenti fondo perdite delle partecipate, fondo contenzioso e fondo crediti di dubbia esigibilità, malgrado le mancate entrate in particolare dei 6 milioni 859 mila 287 euro del benefit/ristoro ambientale dovuto dalla Rida Ambiente e la riduzione delle entrate amministrative e delle sanzioni causata dall’emergenza Covid 19 che hanno ridotto il gettito di 4 milioni di euro (a fronte di ristori statali di 2 milioni 600 mila euro), l’ente sembra aver avviato il percorso di risanamento richiesto dopo il bilancio in rosso del 2019.
Che il bilancio del Comune di Aprilia non navigasse in acque sicure è cosa nota già da tempo, visto il debito imponente emerso lo scorso anno all’approvazione del consuntivo. Eppure, la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha detto no al ripianamento in trent’anni dei deficit da prestiti sblocca-debiti, provocando un pesante colpo di coda nei confronti di 1750 amministrazioni in tutta Italia, proprio nel comune nord pontino rischia di avere un effetto deflagrante, conducendolo sull’orlo del default. La misura, che dichiara illegittime le regole sul ripiano in 30 anni del deficit da anticipazioni di liquidità e destinato ad avere impatti sugli equilibri finanziari degli enti locali, avrà effetti più gravi nei comuni sopra i 60mila abitanti e Aprilia, città che in questi anni proprio sulle anticipazioni di liquidità ha largamente potuto contare per far quadrare i conti, ora rischia di venir travolta dal provvedimento.
Non a caso, nella speciale classifica delle quindici amministrazioni più a rischio, stilata dal Sole 24 Ore, Aprilia - unico comune della Provincia di Latina - figura all’ottavo posto tra gli enti più colpiti, con un extra deficit di 17 milioni 500 mila euro e un ripiano annuale di 5,8 milioni. Meglio di Napoli, Torino e Reggio Calabria, Salerno, Pozzuoli, Lecce e Catanzaro, poco peggio di Guidonia che pure figura nella classifica, in buona compagnia con altri 112 Comuni del Lazio, che dopo Calabria e Campania risulta la Regione più colpita. Eppure ciò non basta per guardare al futuro con ottimismo.
A travolgere i Comuni, mentre si preparavano a chiudere i consuntivi 2020, la sentenza 80/2021 con cui la Consulta ha bocciato le regole che soggiacevano alla gestione dei prestiti statali erogati tra il 2013 e il 2015, necessari per consentire agli enti locali di pagare fatture arretrate ai fornitori. In sostanza la sentenza cancella con un colpo di spugna la possibilità di ripianare maggiori disavanzi di 2,8 miliardi di euro in 30 anni con un costo di 110 milioni annui. Chiudere la partita in tempi ordinari invece, ovvero tre anni, porta i fondi da accantonare in ogni esercizio a 900 milioni complessivi, con conseguenze facilmente prevedibili per le amministrazioni coinvolte. E se l’Anci si è già attivata per cercare una soluzione, ad oggi anche Aprilia può a pieno titolo essere incluso a causa della manovra tra i Comuni a rischio default. Un finale tutt’altro che lieto e in qualche modo tristemente presagito mesi fa dall’Associazione Democratici di Aprilia, tornata ad accendere un campanello di allarme proprio sui prestiti a suo tempo concessi dal Dl 35 e da restituire.
Anche se a costo di dover procedere con un colpo d’accetta sui servizi essenziali per la città, il Comune di Aprilia non rischierebbe il default neppure se chiamato a restituire in tre anni le somme che in origine avrebbe dovuto versare in trent’anni. La pensa così il sindaco di Aprilia Antonio Terra, ottimista anche qualora la bocciatura della Corte Costituzionale al ripianamento in trent’anni dei prestiti sblocca-debiti dovesse costringere l’ente di piazza Roma a versare 5 milioni 800 mila euro l’anno per tre anni. Il primo cittadino però è convinto che il governo sia già al lavoro per cercare una soluzione in grado di scongiurare il pericolo bancarotta che grava sui 1750 amministrazioni locali distribuite in tutta Italia e tra le quali figurano anche capoluoghi di Provincia come Napoli e Torino. La bancarotta di questi comuni comporterebbe infatti un problema non di poco conto da dover risolvere e nel suo piccolo Aprilia conta che il governo stia già preparando un rimedio per sanare i danni che verrebbero a crearsi per via della bocciatura da parte della Consulta.
“Una situazione che si è venuta a creare - spiega Terra- a seguito del ricorso presentato dal Comune di Lecce. Questa situazione è stata creata da chi ci ha invitati a usufruire del prestito a condizioni ben precise e ci aspettiamo che il governo trovi una soluzione, siamo fiduciosi che si stia lavorando proprio in questa direzione e che già nelle prossime ore il ministro alle finanze annunci la manovra. Per quanto ci riguarda da sette anni stiamo pagando 1 milione 200 mila euro l’anno con rate da 600 mila euro a semestre, somme accantonate seguendo le regole che ci erano state date. Se avessimo saputo della necessità di procedere con accantonamenti su diverse poste di bilancio e di dover restituire i 35 milioni di euro in un tempo così ridotto avremmo fatto altre valutazioni”.
Convinto che il governo abbia una ricetta pronta a curare i mali che affliggono un migliaio di comuni italiani, sul filo di lana dopo la sentenza, Terra resta ottimista pure ipotizzando lo scenario peggiore. “Le casse del comune non sono così disastrate da non poter reggere una rata di 5,8 milioni di euro in tre anni - spiega - anche se ciò costerebbe sacrifici immani, decapitando servizi essenziali e forse la cessione di beni da parte dell’ente”.
Una strategia lacrime e sangue che il sindaco ad oggi è fiducioso di poter evitare.
Francesca Cavallin