Riconoscimento del sindaco Candido De Angelis
A Germano e Liliana
“A Germano e Liliana, per la disponibilità, l’efficienza e la simpatia che avete sempre mostrato in tanti anni di onorato Lavoro. Un esempio di grande professionalità”.
E’ la dedica del Sindaco di Anzio, Candido De Angelis, impressa sulla targa donata a Germano e Liliana, proprietari dello storico Bar Meravigliao, giunti al termine del loro lungo percorso lavorativo, durato 60 anni. All’iniziativa insieme al Sindaco ed alla famiglia dei coniugi Di Nicola, è intervenuto il Consigliere Comunale, Massimiliano Millaci.
Comune di Anzio
“Il pastorello e la pecora” dello scultore Cristiano Tammaro
Opera sul Natale
Il nostro scultore Cristiano Tammaro ha esposto nella Chiesa di “San Bonaventura” di Anzio Colonia una sua opera “il pastorello con la pecora”, alias “La Materia” (la più umile e povera). Plastica combusta, stracci, legno, carta, e metalli. I rifiuti che vengono manipolati e magicamente si trasformano in muti testimoni di sofferenza, di lotte politiche e di memorie dolorose. Il Pastorello, personaggio indispensabile in un presepe, che con la mano destra protesa verso l’alto attraverso un raggio di luce verde, indica la stella cometa. Percorso da seguire per arrivare da Gesù salvatore, con la mano sinistra conduce, tramite una cordicella la pecora gravida, simbolo di una nuova vita, quale augurio e speranza di pace fra i popoli. Il parroco Don Vito ha ringraziato lo scultore Tammaro per aver scelto la sua Chiesa.
Eduardo Belcastro
Il Signore della Cirenaica, ex comandante di Gheddafi, ha umiliato la nostra Repubblica
La politica di Pulcinella
E’ storia recente quella di cui i vecchi raccontano ai giovani i fatti più sensazionali, quella che parla di terrorismo e di Brigate Rosse; è storia recente quella che racconta di un rigurgito di orgoglio per non cedere di fronte all’attacco ad una democrazia “incompiuta” portato da coloro che, nel nome di un’utopia, volevano capovolgere le istituzioni che pure erano state generate dalla resistenza alla dittatura. C’è stato un momento di quel periodo buio della nostra storia che i vecchi tengono ben inciso nei loro ricordi: la cattura e l’assassinio del piu prestigioso leader politico italiano del tempo, Aldo Moro. I terroristi che lo avevano catturato proposero al Governo Italiano uno scambio di prigionieri, una richiesta che andava molto oltre il rilascio di qualche terrorista in cambio della vita di Moro: essi volevano affermare il concetto di scambio fra entità paritarie: lo Stato Italiano e le Brigate Rosse.
Ci furono discussioni e trattative, quasi tutte coperte da un velo di riservatezza ma anche di ipocrisia; un confronto fra coloro che volevano aderire alle richieste delle Brigate Rosse per liberare lo statista democristiano e coloro che si rifiutavano di “riconoscere”un ruolo storico ai terroristi . Prevalse la tesi dell’orgoglio che era certamente la tesi più difficile ma l’unica da percorrere per poter continuare a guardare alla storia ed agli altri stati a testa alta. Aldo Moro fu assassinato ma è morto invano se le più alte cariche del governo del Paese, oggi, svendono il suo ricordo e l’immagine della nostra Repubblica per la più totale incapacità di tenere la spina dorsale in posizione eretta. Un Governo di incapaci senza ambizioni, senza orgoglio nazionale, e senza una visione della storia di questo Paese, continua vivacchiare aggrappato all’emergenza sanitaria.
Una politica estera che invece di proporre e gestire posizioni ambiziose sui vari scacchieri internazionali opera al livello del Ministro che la dirige. Un livello che sembra solo riguardare il rilascio di cittadini in mano ai terroristi, di donazioni di mascherine e di trattative di piccolo cabotaggio che vengono gestite a livello di Servizi con pagamento di riscatti; per venire poi a sapere che il sequestro era anche pilotato per mungere meglio la mucca Italia, come è il caso del sequestro Romano, o che un contratto faraonico di un miliardo e 250 milioni per l’acquisto di mascherine dalla Cina, non è stato gestito dalla nostra Ambasciata ma da quattro intermediari di poco conto i cui comportamenti sono sotto il mirino della Magistratura. Politica di infimo livello che ha raggiunto il fondo del bicchiere con il rilascio dei 18 pescatori Italiani catturati dai miliziani libici. Se ne è parlato, nei giorni scorsi, con un certo sospiro di sollievo per il suo aspetto umano ma la stampa, tranne poche eccezioni, ha tralasciato di analizzarne gli aspetti politici ed il suo significato internazionale.
Due pescherecci di Mazara del Vallo ed i relativi equipaggi erano stati sequestrati della navi della milizia libica facente capo alla fazione del generale Haftar Khalifa Belquasim dal primo settembre scorso. Erano stati fermati, privi di qualsiasi protezione della Marina Italiana, in acque internazionali dove si trovavano per le consuete battute di pesca e, sotto minaccia dei militari armati, erano stati costretti ad ormeggiare nel porto di Bengasi dove i prigionieri sono rimasti per 108 giorni. Chi sono coloro che li hanno sequestrati? Sono i miliziani del “Signore della Cirenaica”, un ex comandante di Gheddafi che ha ricoperto sempre ruoli forti ed ambigui nella storia della Libia e che attualmente, dopo aver tentato inutilmente di espugnare con le armi la sede del Governo riconosciuto del paese, continua ad esercitare il suo potere sulla regione orientale in un isolamento internazionale quasi completo. Haftar è ritenuto da molti governi un terrorista che governa la Cirenaica con la forza delle armi e con l’ausilio di un gruppetto di figli e parenti posti ai vertici del potere. Come fecero le Brigate Rosse, Haftar ha chiesto all’Italia uno scambio di prigionieri e per liberare i 18 pescatori ha chiesto la liberazione di tre cittadini libici detenuti nelle prigioni italiane per omicidio. Come per le Brigate Rosse l’obiettivo del dittatore della Cirenaica non era certamente quello di liberare tre delinquenti ma quello di ottenere un riconoscimento politico dal governo del Paese che ha sempre avuto un ruolo predominante in Libia. Non potendo ottenere l’impossibile Haftar ha ripiegato su un evento forse ancora più significativo: ha chiesto una visita ufficiale di Stato da parte del Presidente del Consiglio e dal Ministro degli Esteri. Precisiamo una visita ufficiale di Stato tra il Capo del Governo della Repubblica Italiana ed il suo Ministro degli Esteri ed una persona che, senza riconoscimento da parte delle Nazioni Unite e della stessa Repubblica Italiana, esercita il suo potere di governo in modo dittatoriale e con le armi su una regione delle Libia. “Ad abundantiam” durante la visita di Stato non si sarebbe dovuto parlare dei prigionieri. Così è stato. Così è stata perpetrata la più grossa defaiance diplomatica degli ultimi decenni della storia italiana, un fallimento coperto dall’aspetto umanitario delle liberazione dei pescatori. Un fallimento che è reso plastico da un analogo avvenimento avvenuto pochi giorni prima con le stesse caratteristiche. Un cargo turco, con 16 marinai, catturato il 5 dicembre proprio dalle stesse guardacoste e portato nel porto di Bengasi, viene liberato l’11 dicembre dopo che il Presidente Erdogan ha preso il telefono ed ha fatto saltare sulla sedia il Generale Haftar. La Turchia, non la Russia e nemmeno gli Stati Uniti, ha fatto sentire il suo peso politico ed internazionale. Quindi i pescatori andavano liberati nel modo più assoluto, andavano liberati subito dopo un sequestro illegale, andavano liberati con le maniere forti quanto basta. Ma che tristezza vedere quei due rappresentanti del Governo Italiano con il cappello in mando davanti al “Signore delle Cirenaica” gongolante.
Sergio Franchi