Inchiesta di UPA-DA sui costi del randagismo ad An
Golden Dogs
Il Settore Difesa Animali di Uniti Per l’Ambiente, coordinato da Laura Lazzarini, ha da tempo intrapreso un’azione di approfondimento al fine di conoscere quale sia lo stato del controllo del randagismo nel nostro Comune e ne ha redatto una rapporto dettagliato anche al fine di proporre le necessarie azioni di adeguamento di un servizio che appare fortemente carente. Basta considerare che il Comune di Anzio non dispone di una propria struttura adeguata per ricezione dei randagi, nonostante che ciò sia incoraggiato dalla normativa vigente e nonostante che la Regione Lazio renda disponibili facilitazioni per la sua creazione. E’ stato effettuato un accesso presso l’Ufficio Ambiente per verificare lo stato degli atti amministrativi; un accesso che, però, non ha permesso di ottenere alcuni documenti dei quali i richiedenti continueranno ad esigere la presa di conoscenza. Il Comune di Anzio utilizza da anni il Canile Alba Dog che si trova ad oltre 35 Km di distanza in Comune di Pomezia, una struttura che per conoscere meglio basta digitare insieme i termini “alba dog” e “maltrattamenti”, per averne qualche informazione storica e di cronaca. Il rapporto redatto da Uniti Per l’Ambiente Difesa Animali, riporta meticolosamente gli elementi di una condizione che definire “poco funzionale” appare un giudizio ottimistico. Il dossier, denominato “golden dogs” riporta puntualmente obiettivi e carenze facendo una netta distinzione fra criticità funzionali, apprezzabili principalmente dagli addetti ai lavori e considerazioni economiche che interessano tutti i cittadini contribuenti. Il Comune di Anzio ha già discusso nel recente passato della necessità di istituire, magari in comune con l’Amministrazione di Nettuno, una struttura dedicata al recupero, alla protezione ed all’affidamento dei randagi. Nessun progetto risulta essere stato redatto e nessuna reale programmazione risulta essere stata effettuata.
Il dossier non viene quindi proposto “per formulare semplicistiche critiche o giudizi dei confronti del nostro Comune ma per contribuire a che esso, nella Regione Lazio, diventi un esempio da imitare, al pari di tanti comuni italiani. e “Considerando che la situazione attuale è obiettivamente carente è scopo primario di UPA-DA quello della creazione di un rifugio adeguatamente attrezzato che lavori con le associazioni qualificate sul territorio”. Come accennato, però, oltre all’aspetto funzionale c’è un astro aspetto che va preso in seria considerazione: quello dei costi di gestione e dei metodi con cui la congruità viene verificata. Stralciando dal rapporto
“Il 15 aprile 2021, in occasione dell’incontro con l’Ing. Dell’Accio per accesso agli atti richiesti, è stata verbalmente confermata la spesa, sempre a favore di Alba dog Srl, nel triennio 2016-2018, di Euro 200mila annui. Per l’anno 2019 (determinazione n°.68 del 13/03/19) e per l’anno 2020 (determinazione n°.30 del 11/02/20) l’impegno di spesa, sulla base dei dati statistici forniti dalla Alba Dog Srl al Comune, è stato aumentato ad Euro 250 mila annui. Per l’anno 2021 (determinazione n°. 105 del 20/05/21) l’impegno di spesa è di Euro 200 mila MA, va notato, è indicato per 11 mesi, non 12, con la postilla che ulteriori somme verranno impegnate con successive determinazioni dirigenziali. La spesa annua sarà dunque uguale alle precedenti due.
Nel quinquennio 2016-2021 dunque, il solo comune di Anzio ha erogato alla Alba Dog Srl, circa Euro 1.350.000,00 per neanche 100 cani all’anno di cui non si è accertato, nel tempo, né lo stato di benessere (lo hanno fatto i NAS su incarico del Comune di Pomezia che ora ospita i suoi cani al rifugio Valle Grande, a 55 Km di distanza da Pomezia, ma se feriti, li stabilizza prima presso veterinari convenzionati di Pomezia, come del resto dovrebbe fare Anzio) né il numero effettivo.
Su stessa ammissione dell’Ing. Dell’Accio infatti, il controllo effettuato in data 22 febbraio 2021, era il primo da 3 anni (e la relazione fornita, di 6 righe, lascia molto a desiderare). In poche parole ogni mese il Comune di Anzio ha versato ad Alba Dog poco meno di 21mila Euro sulla base dei resoconti della ditta stessa e senza che sia mai stato effettuato un controllo mensile, scheda per scheda, di ogni animale microchippato per attestarne la proprietà del Comune e fotografato per evitare ogni “possibile confusione”. Si chiede al Comune di rettificare questi dati e queste modalità, ove non fossero esatti, ma se invece essi corrispondessero a verità allora si chiede che venga eseguito un accurato studio di costo-efficacia per verificare che il danaro pubblico sia speso con la necessaria oculatezza che la legge impone. Appare inconcepibile che si spenda un quarto di milione di Euro l’anno per far ospitare un numero di randagi il cui controllo non appare molto efficace e con modalità che tendono a prolungarne la permanenza in mancanza di un’aperta ed efficiente collaborazione con tante associazioni che ne possano facilitale l’adozione. Non ci vuole uno stratega amministrativo e nemmeno un architetto specializzato in alloggi per animali per comprendere che la costruzione di un canile delle grandezza di circa 140 unità si aggira intorno ai 200.000 Euro e cioè il 20% in meno di quanto il comune di Anzio spende, in un anno, per alloggiare i cani randagi presso la struttura che utilizza attualmente. Il dossier redatto dal UPA-DA verrà inviato al Sindaco di Anzio ed alle altre autorità comunali con l’invito a rivedere l’intera situazione al fine di dare ad Anzio una propria struttura per raccogliere, curare, proteggere e, quello che non va mai dimenticato, per far tornare gli animali presso una famiglia. Sergio Franchi
Il Lido di Enea evoca ricordi di una realtà che oggi si presenta molto degradata
Nostalgia di Lavinio che fu
Rileggo sempre volentieri la pubblicazione su Lavinio di Dante Serra, la rileggo come si leggono i dettagli di un dagherrotipo ingiallito nella carta ma sempre verdissimo nel ricordo. Parla della nascita di Lavinio raccontata con lo spirito del pioniere che l’ha vissuta e che ha contribuito a farla vivere. Naif quando parla della stazione di Lido di Lavinio “I primi pionieri erano giunti a Lavinio già nel 1947, a bordo delle sgangheratissime carrozze del trenino Roma-Anzio dopo che, a seguito l’insistente richiesta del Comm Umberto Brilli, le Ferrovie dello Stato avevano stabilito una fermata a Lavinio-Scalo. L’accesso ai lotti, che erano solo delimitati sulla carta, era molto difficile sia per le condizioni del terreno che per le difficoltà di raggiungere la zona lottizzata. La via di valle Schioia era un viottolo polveroso che si trasformava in una specie di ruscello ad ogni temporale. Man mano che la zona veniva bonificata e si costruivano le prime strade consortili ville e villette venivano realizzate specialmente nella zona mare, non lontane da piazza Lavinia e dalla chiesa di san Francesco. Di fatto il territorio di Lavinio era stato diviso in due zone: Lavinio Mare e Lavinio Scalo e la linea di separazione era lo Stradone di Sant’Anastasio”. Purtroppo la ricordo quella stazioncella quando venivo a Lavinio da ragazzo col sogno di venirci a vivere da grande. Lavata con la varechina, con una piccola biglietteria e con panchine fatte di barre di legno. Quando si visita una località, magari per andare a stare con un amico, cosa molto comune quando si ha un amico anche abita al mare, il primo impatto è quello con la stazione del treno. Provate ad estraniarvi dalla condizione di abitanti e provate a fare l’esperimento di arrivare a Lavinio da Roma. Che cosa è ciò che vi accoglierà? Un piccolo edificio con gli ingressi chiusi da una catena, del tipo di quelli che si vedono nelle periferie degradate delle città nord africane. E’ la stazione di Lavinio oltre mezzo secolo dopo, quando la gente è diventata piu ricca e piu esigente. E’ di proprietà di Rete Ferroviaria Italiana, una delle nuove derivazioni delle vecchie Ferrovie dello Stato e, mi dicono, che non è più una stazione ma una “fermata in superficie passante” che è come dire che nelle fermate i passeggeri non possono mettersi seduti oppure essere protetti dalle intemperie in inverno. Il degrado è evidente: funziona solo la macchinetta che fa una cosa di cui, da ragazzo, non conoscevo il significato: “oblitera” i biglietti che ovviamente non sono venduti nella “fermata”, nemmeno con una macchinetta automatica funzionante, ma solo nei tabaccai dei dintorni che, se chiusi, alimentano il diffusissimo pendolarismo a sbafo. Certo che il nome di Lavinia, di Enea, l’atmosfera del luogo “mitico” da cui si fa derivare la cultura occidentale, meriterebbero qualcosa in piu. Le Ferrovie non hanno certamente a cuore le sorti turistiche di Lavinio e di altri centri turistici le cui stazioni, che sono diventate fermate, vengono lasciate in totale abbandono. Pur di liberarsi dell’onere della loro manutenzione Rete Ferroviaria Italiana ne da in concessione porzioni ai volontari del terzo settore che troppo spesso ne fanno sede della propria inattività. In Anzio non è il caso di Legambiente che, in un locale della Stazione Centrale ha stabilito il proprio attivissimo Quartier Generale del Circolo di Anzio-Nettuno. La Stazione dei treni è il biglietto da visita di una località turistica e l’impressione che si riceve arrivando a Lavinio non è quella di liberazione dalle costrizioni cittadine ma quella di scendere in un luogo povero e degradato. Purtroppo dopo essere usciti dalla Stazione si trova un parcheggio che, in molte parti, non vede uno spazzino da mesi e poi, se si percorre l’inizio di via di Valle Schioia verso Lavinio mare, i dubbi diventano consistente realtà. L’impressione è quella di essere arrivati in un suk di Tunisi. La zona è quasi completamente in gestione a cittadini Indiani, Pakistani, Marocchini , Egiziani ecc. che, di per se, non può essere considerato un elemento di degrado se non si tenesse conto del tipo di esercizi commerciali che vi vengono gestiti, nessuno dei quali è funzionale ad una visione di turismo avanzato; di quello che produce la ricchezza in un territorio. Un commercio che serve solo a garantire la sopravvivenza degli immigrati. Ma forse nessuno si è mai posto il problema di dare un volto di turismo evoluto e produttivo a Lavinio e non credo nemmeno che i controlli su come quegli esercizi vengono gestiti siano molto assidui. Certamente nessuna mente evoluta di Anzio si è mai posta l’obiettivo di un progetto di sviluppo organico di Lavinio che, giova sempre ricordare, rappresenta circa il 40% degli abitanti de comune e quindi della sua contribuzione e non ha nessun servizio sociale per l’infanzia, per i giovani e ne, tanto meno, per gli anziani.
Quindi quella stazione è solo il paradigma di un quartiere che non ha mantenuto quello che ha promesso in quegli anni di rinascita del Paese. Crucci e pensieri che nascono nella mente quando si paragona l’arrivo in una piccola stazione del 1960,
che aveva il profumo della liberazione e quello di oggi, che ha l’odore del disagio. Ma forse è anche un problema del mezzo secolo trascorso non solo per la stazione ma anche per il viaggiatore.
Sergio Franchi