Anche ad Anzio e Nettuno i cinque quesiti referendari sulla Giustizia non hanno raggiunto il quorum costituzionale previsto del 50%
Il flop dei referendum è un flop della democrazia
E’ già passato e dimenticato l’ennesimo fallimento di una tornata referendaria ed ai piu sfugge il fatto che non sono alcuni referendum che riguardano la giustizia, che non hanno dato esito, ma che è lo stesso esercizio dello strumento di democrazia diretta che è entrato in crisi irreversibile. Il diritto sancito dall’art 75 di quella Costituzione, che molti continuano a definire come la piu bella del mondo, è stato colpito a morte . E’stato un omicidio perpetrato dal branco che ha posto fine per soffocamento all’unico diritto di democrazia diretta che i Padri Costituzionali hanno lasciato nelle mani de popolo. Un diritto oltre tutto imperfetto perchè permette solo di cancellare ma non di proporre; ma in un contesto in cui la politica dei partiti è in crisi, l’organizzazione della giustizia è nel caos ed il sistema Paese vive un tempo di tensione sociale ed economica, la voce della gente dovrebbe trovare ogni occasione per gridare il proprio disappunto. Quale modo migliore per dare segno di una volontà di cambiamento e quale cambiamento migliore di quello nell’ambito fondamentale di ogni consesso civile: la Giustizia e non mi riferisco solo alla giustizia che vola alto al livello della spartizione del potere, ma anche e soprattutto a quella in cui ogni cittadino si può trovare coinvolto nella vita quotidiana. La giustizia è vita sociale, la giustizia è economia, la giustizia è il sistema sanguigno di una nazione moderna e democratica perchè penetra in ogni aspetto della vita sociale ed esistenziale e lo regola. Viene accettato come un fatto di ordinaria italianità che la culla del diritto sia attualmente regolata da un modo di amministrare la giustizia penale che colloca l’Italia al 130mo posto su 146 nella capacità di risolvere le controversie: che è la ragione fondamentale per cui la giustizia esiste. Per quanto attiene alla giustizia civile, che regola molta della vita economica del Paese la posizione dell’Italia, nella classifica redatta da organismi internazionali, è da vergogna assoluta. I referendum certamente non si riferivano a materie di impatto diretto ed immediato sulla gente ma certamente erano un mezzo per esprimere il monito dei cittadini italiani verso un sistema arrogante che è spesso straripato nella politica del Paese con l’intento di gestirne il corso. Un monito al “Sistema” che Palamara ha raccontato nei dettagli ed un forte segnale per una politica paralizzata ed incapace di rivoluzionare l’organizzazione giudiziaria. E così il branco si è mobilitato per la congiura e per mettere il bavaglio alla gente affossando il metodo fondamentale per esprimersi; sin dalla decisione della Corte Costituzionale di escludere tre referendum fortemente sentiti e quindi coinvolgenti e trainanti. E’ ridicolo vedere i fautori della democrazia diretta, quelli che ne tengono in vita il teatrino del voto on line come surrogato, incitare i cittadini a disertare le urne ed il Partito Democratico che dovrebbe significare partecipazione del popolo alla democrazia, fare lo stesso e cosi anche un partitino che si chiama “Potere al Popolo”, dichiarare l’espressione del popolo “inopportuna”. Un omicidio premeditato che ha visto complici la stampa, in buona parte asservita ai Pubblici Ministeri, le televisioni, trattare e spiegare la tornata referendaria in piena notte o rimandando a sito web; complici coloro che di stampa e televisioni dovrebbero controllare l’equità ed i comportamenti in materie regolate come quella dell’espressione popolare e che dovrebbero fare in modo che i tempi di espressione del voto siano dilatati per facilitare il suo esercizio. E poi complice dell’omicidio, il popolo bue, quello pronto a lagnarsi per ogni sgarbo e sopruso ma incapace di comprendere che non c’è progresso senza equità sociale e non c’è equità sociale senza Giustizia giusta e rapida. C’erano stati tanti segni evidenti delle intenzioni omicidiarie dell’espressione popolare, nell’affluenza alle urne per altri referendum ma anche per le elezioni amministrative e politiche con l’unica differenza che i Costituenti hanno posto un limite minimo di validità allo strumento referendario ma non all’elezione dei legislatori; così si può eleggere il Parlamento e quindi un Governo della Repubblica col 15 % dei votanti e non si può abolire una legge con il 49% dei partecipanti. Si dice che i quesiti non fossero di facile comprensione, forse è vero come è sempre vero quando si entra nel linguaggio legale, ma la cultura media degli Italiani e gli strumenti informatici sono oggi tali che non capisce solo chi non vuol capire. Il risultato che decreta la partecipazione di un italiano su cinque ai referendum sulla giustizia giusta è un marchio ed un precedente che scoraggiano qualsiasi tentativo futuro di dare la voce al popolo.
Sergio Franchi