SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
AMICI
Le spiagge ripulite, già punteggiate di ombrelloni pronti a schiudersi contro il sole; il suono del mare, più morbido e chiaro. L'estate ci chiama, con i consueti rituali di allegria in arrivo per una nuova stagione. Noi del Simposio annunciamo, invece, la perdita di amici e il nostro cuore non può che riempirsi di malinconia. Ma il loro pensiero, presente forse più di prima, non ci vorrebbe tristi ed è con noi a testimoniare, nel ricordo, l'eternità dello spirito umano spogliato solo di un abito oramai logorato.
Vittorio Salvati «un uomo solare e fantasioso; immerso nella vita che amava immensamente», come dice anche suo figlio, era una persona di grande cultura, capace di trasformare argomenti impegnativi in divertenti giochi; uno scrittore che sapeva raccontare le sue storie con leggerezza.
E poi, il caro “universale” Gianni Fasani che tutti, proprio tutti, conoscono. A parlarci di lui sono le parole di uno dei suoi grandi amici.
Noi tutti, con tenero affetto, li salutiamo con il sorriso.
Giuliana
A GIANNI FASANI
di Sergio Bedeschi
Non si poteva non essergli amico. Non si poteva non volergli bene. Mansueto, buonista, ma anche grintoso, financo aggressivo quando si trattava di sostenere le proprie idee nelle interminabili, infinite, vivacissime discussioni che capitava sovente di avere con lui, dissertando e litigando come monelli e compagni d’antica amicizia. Sincero e leale sempre e comunque. Talvolta anche insopportabile, questo va detto: capoccione, testardo, fissato su certe idee progressiste che andavano oltre il progresso.
La tolleranza poi, il suo cavallo di battaglia, neanche fosse Voltaire. Lui stesso sapeva sopportare di tutto, comprese le prese in giro che gli venivano dai vecchi compagni d’armi con i quali era rimasto in contatto fin dai tempi dell’Accademia Aeronautica. Nel 1957 avevamo cominciato assieme quell’avventura che poi portò molti di noi a diventare piloti militari e poi piloti civili professionisti. Il destino beffardo però lo richiamò presto a casa per la dolorosa perdita del padre e, se pur giovanissimo, per assumersi la responsabilità di una famiglia. Ma rimase sempre vicino, a contatto, affettuoso e impagabile con tutti i suoi vecchi compagni.
La sorte ha voluto che negli ultimi anni ci si sia ancor più avvicinati anche per la comune frequentazione del Simposio di Lavinio del quale era stato sostenitore fin dalle sue origini: lui sempre più “borderline” nei pensieri e nei comportamenti, altruista come non mai, generoso, disponibile. Aperto a nuove frontiere, non è stato indifferente al fascino del Buddismo e del pensiero orientale che di sicuro ne ha arricchito la mente e lo spirito. Ad un certo punto, quasi improvviso e di certo benvenuto, è giunto il suo recente sodalizio con Milù, quattro zampe e un ciuffo candido, ultima compagna fedele della sua vita. Mi mancherà il suo calore, la sua amicizia, la sua grande cultura. Ciao Gianni.
YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
LA MIA PASSIONE
PER LA CHITARRA CLASSICA
Roland Dyens,
“il mago della chitarra”/3
di Roberto Cardinali
L’influenza della musica brasiliana
Il rapporto di Roland Dyens con la musica brasiliana è iniziato nel 1959, quando a soli quattro anni il futuro compositore vide il film “Black Orpheus” (Orfeo negro), film italo franco brasiliano del 1959, diretto da Marcel Camus e tratto da una spettacolo teatrale di Vinicius de Moraes intitolato Orfeu da Conceição, che basava una trasposizione del mito di Orfeo ed Euridice nei tempi moderni. Un elemento importante del film sono le canzoni di Antonio Carlos Jobim, Vinicius de Moraes, Luiz Bonfàe Antonio Maria. Il film diede notorietà ai ritmi del samba e della bossa nova, decretando il successo di brani come Samba de Orfeo, Manhã de carnavale A Felicidade. La musica del Brasile arrivò così ad attirare l’attenzione su di sé e nel 1962 due noti jazzisti, Stan Getz e Charlie Byrd, incisero il disco Jazz Samba, grazie al quale la bossa nova si diffuse nel mondo.
Roland Dyens dichiarò che guardare Black Orpheus fu un’esperienza magica e che da quel momento diventò dipendente dalla musica e dalla cultura brasiliane, avvenimento che gradualmente formò la sua personalità. In un’intervista, Dyens ha dichiarato che le sue “reazioni musicali e la personalità sono essenzialmente quelle di un uomo brasiliano” e che il suo “modo di pensare è estremamente brasiliano” .
HEGEL PROPEDEURTICO
ALL’OGGI
Relativismo culturale,
dualismi e senso dell’Assoluto
di Vincenzo Corsi
Il linguaggio odierno è spesso esente dalla ricchezza delle parole con cui si possono descrivere le tante sfaccettature della realtà.
Sul piano dei significati è impoverito delle poliedriche sfumature della profondità espressiva dei molteplici concetti cui si può riferire anche un solo termine, oppure dei plurimi termini che possono esprimere diversi aspetti e punti di vista con cui indagare una sola idea.
Un linguaggio ricco che accresce le capacità conoscitive della mente, non può rinunciare ad una molteplicità di significati, pur nella precisione.
È per questo che è necessaria e proficua un’analisi dei testi originali dei grandi filosofi del passato e del presente: per recuperarne la ricchezza lessicale.
Il relativismo corrente, inoltre, impoverisce l’uomo di ulteriori occasioni di conoscenza. L’uomo può vivere in una situazione emotiva ai confini dell’indifferenza e questo, oltre a portarlo lontano da una buona condotta etica, lo allontana da quel pathos esistenziale che è però anche motore della conoscenza di se stesso.
Nella dimensione che va dal drammatico al tragico, l’uomo, dopo una opportuna elaborazione delle esperienze, conosce la sua anima.
Il dualismo tra vita e morte, è sicuramente un problema comune della nostra vita quotidiana. La morte e il male sono realtà che rifuggiamo. La morte può essere diabolica, ossia divisiva dell’anima dal corpo.
Molti filosofi e anche molti santi hanno tentato un superamento di questa dicotomia.
Realtà immanente e Spirito
Hegel, per esempio, parla dello Spirito come realtà che non consiste nella rimozione del negativo. È invece una potenza che guarda in faccia al negativo e su di esso si sofferma, volgendo appunto il negativo nell’Essere.
La Realtà immanente è molto importante per lui. L’attività dello spirito volge e ferma lo sguardo sull’Esperienza. Un’Esperienza su cui si cerca di trasferire lo stesso slancio energetico che di solito si riserva al trascendente, salvo però in alcuni casi svilendo la realtà sensibile.
In Hegel si cerca un metodo conoscitivo concreto e della concretezza. Non però in una negazione dell’astratto, ma piuttosto in una integrazione di questo nel suo particolare approccio. Non vi è più, a mio parere, una separazione tra Res cogitanse Res extensa di cartesiana memoria. Ovvero non più una separazione tra concreto e trascendente. Non più una separazione netta tra Fisica e Metafisica. In Hegel l’uno non è un indivisibile da cui deriva il molteplice: semmai questa dinamica è invertita.
In conclusione, anche in riferimento alla problematica del relativismo culturale, forse la soluzione è tornare a pensare l’Assoluto. Un Assoluto non diabolico e divisivo, ma un assoluto che unisce armonicamente il tutto.
Nell’Arte e nella Vita
Sul piano delle arti figurative, mi piace pensare a Piet Mondrian, il quale in una serie di quadri ritrae dei soggetti realistici, ma singoli: “Un crisantemo”, “Un mulino”. Anche noi dovremmo cominciare a pensare l’unità: non un io, non un mio, ma un’umanità, un noi unico nel molteplice.
MONDRIAN
L’aspetto delle cose in natura cambia, ma la realtà rimane costante
Mondrian nell’osservazione della realtà, va oltre a quella fenomenologica della percezione sensibile immediata che la coscienza ancora confonde con il tutto senza distinzione. Con una serie di studi su uno stesso soggetto inizia una riflessione e tramite una spoliazione graduale degli elementi che si modificano nel tempo tenta di astrarre il puro atto costruttivo. La realtà fenomenica è un tutt’uno con l’assolto. Il movimento sembra con-fondere ogni elemento originario sottostante a una legge cosmica. Negli ultimi studi il Tutto si riduce a un insieme di linee di forza orizzontali e verticali che si addensano intorno agli specifici soggetti (l’albero) configurando di ognuno la propria determinatezza.
Quella di Mondriana è una coscienza dialettica che elabora visivamente un concetto “spirituale”, una condizione “mistica” dell’osservazione e della sua personale necessità di un ordine interiore della vita stessa.