Ai sindaci di Anzio e Nettuno per emettere un’ordinanza
Mascherine obbligatorie
L’evoluzione del Covid19 sembra aver preso la zona declinante del contagio e ciò è avvenuto con l’attuazione della regola più semplice e più onerosa: il blocco delle attività che comportano il contatto sociale. Farsi illusioni di essere fuori dai guai sarebbe drammatico sia perché centinaia di persone continuano a morire ogni giorno e sia perché anche se si giungesse a contagio zero, tale condizione sarebbe solo temporanea. Quella che si chiama comunemente la fase B si verificherà con il ritorno alle dinamiche sociali normali e comporterà senza dubbio la ripresa dei contagi ed il numero delle vittime dipenderà esclusivamente da quanto avremo appreso dalla fase acuta. Per limitare i danni nella fase B le pratiche imposte per norma, durante la fase acuta del contagio, dovranno entrare nella quotidianità della gente diventare, insomma, comportamento normale e, per quanto possibile, spontaneo. In particolare l’uso della mascherina ci dovrà accompagnare almeno fino a che il vaccino non sarà diventato un fatto praticato da tutti.
Come noto le mascherine anti virus, per essere efficaci in quanto tali, devono possedere un filtraggio omologato. Sono solo due i modelli conformi alla normativa europea EN 149, le mascherine FFP2 e quelle FFP3. La loro finalità è la protezione contro l’inalazione d’inquinanti ambientali, agenti patogeni, sostanze chimiche, antibiotici e citostatici. Questo tipo di protezione deve essere riservato ai professionisti che si muovono in ambienti fortemente contaminati. Nelle pratiche quotidiane i cittadini devono utilizzare le più semplici mascherine chirurgiche. Infatti le mascherine FFP2 ed FFP3 sono protettive delle vie respiratorie in quanto progettate per filtrare l’aria che respiriamo dall’esterno, con l’obiettivo d’impedire che particelle, batteri o virus possano invadere il nostro organismo. Alcuni modelli di queste maschere autofiltranti includono una valvola di espirazione per ridurre l’umidità e il calore all’interno, riuscendo così a offrire il massimo comfort all’utilizzatore. Poi ci sono le mascherine chirurgiche che sono essenzialmente progettate per filtrare l’aria che espiriamo, ossia evitare la diffusione e il contagio di agenti, particelle, batteri o virus a un paziente o ad altre persone intorno a noi, quando stiamo respirando. Sono quelle che un medico ha chiamato le “mascherine altruiste” perché servono a proteggere chi ci sta vicino creando quindi la catena mutuale per cui si indossa la mascherina in modo che tutti la indossino e per essere quindi tutti protetti. Basta andare in giro nei supermercati di Anzio e di Nettuno per rendersi conto, però, che questo concetto non è chiaro. Si vede in giro di tutto: da mascherine complesse e del tutto inadatte, all’uso di un semplice ed inutile fazzoletto, alla mancanza di qualsiasi forma di protezione come se limitare il contagio nei confronti degli altri possa essere una scelta individuale. Nella giungla di iniziative che le varie amministrazioni adottano ritengo che imporre l’uso di mascherine adatte a tutti i cittadini, quando si muovono in contesti frequentati da altri, sia una decisione importante e che non comporta alcun costo se non quello di predisporre i necessari controlli. Si invitano i sindaci di Anzio e di Nettuno, dai cui comuni ci giungono molteplici segnalazioni di cittadini che lamentano la presenza di persone senza mascherine nei supermercati, ad emettere con urgenza un’ordinanza con cui si impone l’uso di mascherine del tipo raccomandato dalla Protezione Civile per i luoghi pubblici. Un provvedimento che non è solo indispensabile nella situazione acuta in cui ancora il nostro Paese di trova ma resterà valido ed indispensabile nella cosiddetta fase B durante la quale l’uso della mascherina resterà, in molti casi, l’unico presidio sanitario attivo. Per quanto riguarda la nostra zona dobbiamo prendere atto che, sul piano puramente numerico, il Covid 19 non ha inflitto i danni ed i lutti che ha causato in altre zone del nostro Paese. Questo aspetto deve solo servire da sprone alla nostra Comunità affinché la situazione non evolva in modo negativo in futuro e per farlo l’uso delle mascherine reso obbligatorio per tutti è un aspetto di importanza rilevante.
Sergio Franchi
COVID-19: pur nelle difficoltà di un male sconosciuto gli errori sono troppi
La politica si lava le mani
Parla poco, sembra quasi che non ci sia, manda in giro, di talk in talk, il suo loquacissimo vice Pierpaolo Sileri che, dobbiamo ammettere, se la cava molto bene e da segni di efficienza. Lui, no, lui resta nell’ombra e ci concede solo qualche stucchevole invito a “stare in casa perché così ce la faremo”. Parliamo del Ministro della Salute, Speranza, che giorni orsono ha azzardato un’affermazione di principio: “prima tutti criticavano l’Italia ed ora siamo diventati un modello da imitare”. No, caro Ministro, lasci stare, speriamo che gli altri se la cavino con un modello diverso da quello italiano che, ad oggi è quello che ha fatto pagare il più alto prezzo di vite umane al nostro Paese. Questa brutta e penosa pagina della nostra storia verrà ricordata come un massacro di cittadini di cui la politica dovrà rendere conto. Altro che modello da imitare. Ripercorriamone alcune tappe: Sin dall’inizio dell’inverno, in zone specifiche del nord Italia, si verificò un evento eccezionale: la presenza di centinaia di casi gravi di polmonite interstiziale bilaterale, la stessa malattia che stava mietendo migliaia di vittime tra i colpiti dal Covid 19 in Cina. A nessuno dei tanti “professori” italiani è venuto in mente di dare l’allarme ed in TV si scherzava invitando la gente ad andare nei ristoranti cinesi. Ma i fatti precipitarono rapidamente con i primi casi di contagio in Italia. La situazione che si prospettava era tale che il 31 gennaio il Presidente del Consiglio fu costretto a dichiarare lo stato di emergenza sanitaria per un periodo di sei mesi. La gravità è proprio sancita da questo provvedimento eccezionale preso in forza del Decreto legislativo n 1 del 2018 che al paragrafo 7 ne definisce le motivazioni “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24”. Quindi il 31 gennaio viene mobilitata la Protezione Civile per far fronte al pericolo nazionale. Nella prima metà di febbraio il sottoscritto ordinava su Amazon alcuni pacchi di mascherine chirurgiche e di guanti monouso di lattice che venivano consegnati dopo due giorni al costo di alcuni centesimi al pezzo. Nessun altro paese europeo si preoccupava minimamente di quanto stava accadendo in Italia e mascherine, guanti, camici, copriscarpe, visiere, ventilatori sanitari, reagenti chimici per tamponi ed ossigeno venivano offerti al prezzo di paghi due e prendi tre. Perché nessuno, nel mondo occidentale, aveva dichiarato lo stato di emergenza oltre l’Italia e nessuno aveva ragioni per fare incetta di dispositivi sanitari. Colpa gravissima della Politica del nostro Paese, quella di non aver approvvigionato tonnellate di materiale sanitario proprio come è previsto che si faccia “con immediatezza d’intervento” quando si dichiara un’emergenza sanitaria nazionale. Questo è un fatto di importanza cruciale perché proprio per questa ragione migliaia di italiani sono stati mandati al massacro: migliaia di professionisti degli ospedali, operatori commerciali, cittadini di ogni ceto sociale sono morti perché non avevano gli strumenti elementari necessari per contrastare il contagio. La misura di questo gravissimo errore viene data dal numero elevatissimo di medici ed infermieri, cioè di padroni del mestiere, che hanno perso la vita a causa di un banalissimo contagio, che non hanno potuto evitare per mancanza di un rettangolino di tessuto non tessuto. Questo è il tragico punto di partenza di una politica che è stata solo capace di rincorrere l’evoluzione della pandemia senza mai cercare di anticiparla come è suo precipuo compito; non c’è mai stato un progetto articolato, ne un piano organico per fronteggiare la tragedia che ha colpito il nostro Paese. Mentre il Ministro degli Affari Esteri, invece di preparare il terreno diplomatico per far fronte alla drammatica prevedibile crisi economica, iniziava una questua mondiale alla ricerca di mascherine e passava giornate all’aeroporto di Ciampino a ricevere aiuti sanitari, comunque graditi, provenienti anche da paesi come l’Albania e l’Ucraina.
Le fasi successive hanno visto il caos: la presenza di centinaia di esperti di ogni settore, la formazione di comitati, di gruppi di lavoro, di commissioni sanitarie, di consigli scientifici, di task force, di cabine di regia e l’invasione di centinaia di portavoce di se stessi che hanno inflazionato tutti i canali Tv con ricette che spesso facevano a pugni fra loro. Gli esperti, diventati unici ed indiscussi protagonisti, hanno propinato, in modo incontrollato, soluzioni di ogni genere mentre avrebbero dovuto limitarsi a formulare proposte ed essere strumento della politica a cui si chiedeva ciò che non ha saputo dare: il coraggio di fare progetti e di soluzioni rapide ed efficaci. Poi, nessun modello italiano, nessuna soluzione elaborata, come quella sudcoreana, nessun programma articolato e complesso ma la decisione più primitiva e banale ma comunque tardiva, quella del ventilatore utilizzato per spegnere il fiammifero: tutti a casa per la separazione fisica tra le persone. E qui la confusione diventa metodo con le proporzioni tristi che tutti conosciamo. Mentre le regioni, le provincie e finanche i comuni prendono decisioni autonome, si creano zone rosse e si dimentica di crearne, si fanno tanti o pochi tamponi, si decide di fare ospedali in proprio, contro il parere del Governo, si decide di tenere chiuse alcune attività oppure di aprirle, caos totale che di modello ha veramente poco. Poi ci si accorge che ci si è dimenticati di migliaia di vecchi, di internati per malattie mentali, che stanno morendo e con loro le persone che, in mancanza di adeguate informazioni, di protocolli e di presidi sanitari, sono restate ad accudirli. Fatti di cui si sta già occupando la Magistratura dopo le centinaia di denunce. E poi l’ipocrisia serale delle ore 18; con la lettura di dati privi di qualsiasi valore scientifico; numeri di contagiati, di tamponati, di guariti e di morti di cui le variabili che li generano sono del tutto labili e delle quali nemmeno il dato dei decessi è affidabile in quanto migliaia di essi , specialmente nel nord Italia, non sono stati attribuiti al virus per assenza di test. Nel numero dei decessi nessuno ha mai calcolato quello dei morti di infarto, di emorragie e dei altre problematiche che richiedevano l’uso del trattamento di rianimazione del tutto intasato dai malati Covid. Comunque, nello studiare il fenomeno, c’è un elemento da cui non si può prescindere che è appunto quello del numero dei morti attribuiti al virus e quindi del tasso di mortalità che ne consegue. Qualcuno dovrà, prima o poi, andare a mettere a confronto i tassi di mortalità di Germania (3,09%), della Grecia (4,92%), del Portogallo (3,49%) , di Austria (3,02%) e di quello Italiano del 13,19%, con il comportamento che i relativi governi hanno tenuto per contrastare la pandemia. Questi sono dati reali e non chiacchiere di chi ha preteso e pretende di gestire una situazione drammatica a colpi di decreti complicati e di discorsi alla nazione. E poi si arriva alla fase due, o meglio alla fase diversamente uno, annunciata dal Presidente del Consiglio il 26 aprile “come uno studio che verrà imitato dal mondo”. Un discorso stucchevole, infarcito di ringraziamenti, autoreferenzialità e propaganda politica, che ha confermato il disordine e la mancanza di decisioni coraggiose e di una sudditanza della politica nei confronti di scelte scientifiche fatte con l’accetta; se è vero come è vero che vengono trattate nello stesso modo zone a contagio zero e zone in cui la pandemia continua ad imperversare. Altro che metodo Italiano, almeno non nel senso elogiativo di cui il Ministro l’avrebbe voluto caricare nella sua dichiarazione retorica. Una tragedia che, dall’interno, non si riesce ancora a vedere nei suoi contorni, una battaglia combattuta in molti casi a mani nude contro un nemico subdolo e molto aggressivo. La diatriba fra competenze e responsabilità è stata permessa da una guida carente delle istituzioni repubblicane. Perché è chiaro che, anche dopo il decentramento che la modifica del titolo V ha causato, la Costituzione affida al Governo Centrale “la responsabilità di garantire la salute del cittadino e della collettività in condizioni di eguaglianza. Per assolvere a questo compito la legge 833 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale”. Alle Regioni resta la responsabilità di amministrare tale servizio in modo equo. Non esiste alcun dubbio che in caso di pandemia ed a seguito della dichiarazione di stato di emergenza la responsabilità viene direttamente assunta dalla Protezione Civile che è un Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e quindi alle dipendenze del Capo del Governo, che di quanto accaduto e che accadrà in questa terribile pagina di storia dovrà rendere conto al Popolo Italiano.
Sergio Franchi