SIMPOSIO
PRIGIONIERI LIBERI
Quante reclusioni hanno promosso fertili pensieri. Solo alcuni esempi. Mandela, 27 anni di carcere, ispirato dalla ‘non violenza’ di Gandhi progetta come liberare l’Africa dalla segregazione razziale. Dostoevskij condannato ai lavori forzati dopo una falsa fucilazione, scopre il Vangelo che sarà il punto di rifermento a tutta la sua ricerca dell’animo umano. Silvio Pellico, patriota del Risorgimento rinchiuso ai Piombi di Venezia e poi nella famigerata fortezza dello Spielberg, 10 anni in tutto che videro nascere il capolavoro ‘Le mie prigioni’ ultimato con il ringraziamento alla Provvidenza. Oppure autori che intendono l’isolamento come necessità al lavoro creativo. D’Annunzio intento al romanzo il ‘Trionfo della morte’ si fa rinchiudere nella stanza del ‘Conventino’ ospitato dall’amico pittore Michetti. Vittorio Alfieri che si fa legare ad una sedia dal domestico perché non farsi tentare dalle distrazioni. E infine possiamo dire di Boezio, il prestigioso consigliere di Teodorico che caduto in disgrazia e ingiustamente imprigionato scrisse i cinque libri ‘Della consolatione’ ove dimostra di una ‘necessità’ o ‘fortuna’ che rientra nell’ordine naturale delle cose sottostanti la Provvidenza divina.
Isolamento obbligato o voluto può essere un’opportunità, un tempo che mai si troverebbe ai fini di un serio percorso introspettivo.
Giuliana
ER CORONAVIRUS
E’ arivato dar celo er gran corona
un virus, t’assicuro, che e’ speciale.
S’acchiappa le persone pare pare
e le strascina drento a l’ospedale.
Ma quanno che s’incazza lui e’ capace
de pijatte dua o tre de ste persone
e, come gnente fusse, le straporta,
credeme e’ vero, drento ar cimitero!
E noi che famo, poveri italiani?
Pregamo, scongiuramo e ripetemo
“forza e coraggio,
che ce la faremo” !!
Laura Fusetti
Ancora per poco siamo a casa con i nostri figli. Tornati, in questi giorni come ai vecchi tempi abbiamo potuto fare confronti su quante conquiste sono state fatte a spese di tante altre perdite perché inconciliabili.
La libertà di uscire, di essere indipendenti. Di avere un lavoro garantito e difeso dalle istituzioni. Di poter divorziare e di scegliere se avere o no figli.
Tutte queste esigenze hanno segnato tappe importanti nell’evoluzione della storia dell’umanità, ma un duro prezzo è stato e continua a essere pagato di sacrificio, sangue e vittime innocenti. Proprio per questa ragione cerchiamo di capire che cosa veramente ah valore per noi e, di conseguenza per una società migliore.
A mia madre
Sei lontana apparenza
e, come gli angeli,
ambiguamente
mi giungi confusa.
Di te restan solo
rinfrescanti carezze
sul mio viso
di bambino piangente
per incerti futuri.
Sergio Bedeschi
Quella del Divorzio in Italia è stata veramente una lunga e sofferta storia.
Il primo Stato della Penisola italiana a prevedere nella propria legislazione il Divorzio fu il Regno d’Italia, istituito da Napoleone nel 1805, il quale nello stesso anno e precisamente il 5 giugno emanò il Codice Civile Napoleonico
Successivamente ad inserire nella propria legislazione il Divorzio fu il Regno di Napoli di Gioacchino Murat.
Difatti il Codice Civile Napoleonico, entrato in vigore il 1° gennaio del 1809, prevedeva sia il Matrimonio Civile che il Divorzio.
I due Istituti furono subito avversati dal Clero che vedeva sottratto alle Parrocchie e al Diritto Canonico tutta la politica familiare risalente addirittura al 1560.
Con la Restaurazione, anche se molte norme del Codice Napoleonico rimasero in vigore, quelle che si riferivano al Divorzio furono abrogate.
Con la Costituzione del Regno d’Italia il deputato salentino Salvatore Morelli, noto patriota perseguitato ed imprigionato sotto l’accusa di cospirazione dal Regime borbonico, nel 1878 presentò per la prima volta in Parlamento una proposta di legge per l’istituzione del Divorzio.
La proposta non ebbe seguito per cui dopo due anni, nel 1878 ripresentò il progetto di legge che però ebbe lo stesso esito.
Dopo la morte del Morelli ci furono altre iniziative tra cui quella di Giuseppe Zanardelli, il quale, come Ministro Guardasigilli, il 10 aprile 1883 presentò alle camere, chiedendo la procedura d’urgenza, una proposta di legge (denominata “Zanardelli Giuriati”) per l’introduzione nel nostro Ordinamento Giuridico di alcune clausole che consentivano lo scioglimento del vincolo matrimoniale sia nel caso in cui uno dei due coniugi fosse incorso in una pena detentiva non inferiore ai venti anni che nel caso di separazione legale pronunciata da cinque anni in presenza di figli minorenni o da tre anni in caso contrario. Anche questa iniziativa non ebbe successo.
Nel dicembre del 1892 l’Onorevole Villa presentò in Parlamento una sua proposta che però ebbe anch’essa un esito negativo.
In un panorama politico cambiato, a seguito di un risultato elettorale che consentì al Partito Socialista di disporre di un cospicuo numero di deputati, il 6 dicembre del 1901 l’allora Ministro Guardasigilli Coccu-Ortu presentò un progetto di legge a favore del Divorzio.
Ma tale progetto, pur passato all’esame di nove Commissioni competenti, non vide ugualmente la sua conclusione: dopo l’approvazione ricevuta da ben otto Commissioni non ebbe la possibilità di essere esaminato dalla nona a causa della chiusura della sessione della Camera, il 14 giugno 1902.
Nel novembre del 1902 fu lo stesso Governo, nella persona del Presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli, un liberale progressista, a prendere l’iniziativa a favore del Divorzio.
Ma la ostinata e accanita reazione dei Cattolici intimorì talmente i deputati moderati, che avevano bisogno del loro sostegno per essere rieletti alla Camera, da indurli a rinunciare a portare avanti la loro iniziativa
Questa iniziativa sarà poi fatale per lo stesso Zanardelli che fu costretto a rassegnare le dimissioni a seguito della decisione di Giolitti di abbandonare la Maggioranza, preoccupato di perdere consensi dal suo elettorato.
Solo il 1° dicembre 1970 la legge che consente il Divorzio è stata finalmente recepita dal nostro Ordinamento Giuridico e nel 1974 definitivamente confermata con un Referendum popolare.
Come sorprendente risultato la nostra si colloca tra le più avanzate normative del settore.
OSSERVATORIO
LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Noblesse oblige
Questione di prestigio
di Giancarlo Marchesini
Statistica e cultura
Un’espressione ben nota agli esperti di statistica è “risposte di prestigio”. Ad esempio, l’intervistato non vuole ammettere di non conoscere un certo scrittore di successo e risponde a casaccio “sì, so chi è” salvo poi dar prova di ignoranza per quanto riguarda altri libri dello stesso autore, il suo stile, i personaggi, l’editore, ecc.
Le citazioni
La ricerca di prestigio è ben presente anche nelle citazioni: far tremare le vene e i polsi. Più di un lettore sa