SIMPOSIO
LA MAPPA MENTALE
è un sistema per coordinare programmi di studio o di ricerca, per memorizzare argomenti e concetti. Ma può essere utile per tutti noi, nella vita di tutti i giorni, specialmente quando le cose da fare sono tante e le preoccupazioni si sommano. Proviamo ad oggettivare le nostre ansie, a dare loro un nome trascrivendolo in uno schema: ecco la nostra mappa mentale. Tiriamo fuori i nostri pensieri, analizziamoli come un elenco da numerare a seconda dell’importanza e dell’urgenza. Osservandoli dall'esterno, come spettatori, li avremo già trasformati. Potremmo utilizzare disegni, parole chiave, schemi creativi, colori, come ampiamente proposto dal web, ma un foglio basterà. Stabiliamo l'ordine di partenza delle nostre azioni e trascriviamo una graduatoria d’importanza. Liberandoci da grovigli di impegni e di apprensioni, troveremo nuovo spazio nella nostra mente e nella nostra vita. L'autunno è sempre una incalzante partenza: è il momento della mappa...
Giuliana
Contributo per osare la Pace
Grazie Signore
Grazie
Signore,
per gli stupendi
cieli
che accendi
su noi:
da sempre.
Ma che
non riusciamo
a notare,
perché spinti
verso
un virtuale
mondo,
che si apre
ad un futuro
d’apparente
vita.
Beato chi si ferma
e poi riflette,
perché tornerà:
“A riveder le stelle”.
Pino Pieri
YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
Questa interessantissima ricerca sulla Estetica musicale di Gianluca esamina quegli studi del Settecento all’inizio dell’età moderna che del suono musicale si analizzano gli aspetti percettivi, sensibili, emotivi del senso uditivo sia di chi scrive musica, sia di chi ascolta. È una branca del pensiero estetico-filosofico, sociologico-educativo da cui si formulano teorie universalistiche affrontate anche da pensatori che non “avevano orecchio” … forse… la musica così universalmente presente è inconsciamente percepita da loro a frequenze inudibili?Rimane la curiosità.
Piacer figlio d’affanno… (G. Leopardi)
Il bisogno, cioè la sensazione del dolore, è il pungolo col quale la natura scuote l’uomo, e lo desta da quell’indolente stato di vegetazione, in cui senza questo giacerebbe… (P. Verri)
Pietro Verri (1728-1797)
Se le teorie intorno alla musica fin qui osservate riguardavano il “piacere”, diverso il modo di vedere di Pietro Verri il nobile milanese alto esponente dell’illuminismo in Italia
Nella musica si esprime soprattutto un sentimento di dolore.
Nel 1781 in Pensieri sulla natura del piacere, opera poi ampliata, il Verri teorizza che il piacere non può essere definito se si prescinde dal dolore; anzi, esso non si presenta con una natura sua propria, ma si rivela essere solo l’improvvisa cessazione del dolore. Sia il dolore, sia il piacere si possono suddividere in due classi: piaceri fisici, piaceri morali e dolori fisici, dolori morali la cui origine non può essere ulteriormente determinata perché non sono esattamente localizzabili. Sono i dolori “innominati” che si presentano come il fondamento dell’anima, la quale agisce solo per liberarsene; l’azione umana deriva dalla volontà di placare un originario sentimento di dolore.
In musica questa definizione si iscrive in un metodo di natura empirica: non la struttura dell’opera d’arte musicale con le sue regole deve imporsi per garantire la produzione di una bella musica, ma l’aspetto individuale e soggettivo della creazione e del piacere. Il metodo psicologico che Verri desume da Locke lo convince che anche il bisogno di ascoltare musica nasce dal sentimento originario del dolore:
«Se l’uomo si trovasse in una condizione di soddisfazione morale e di salute fisica non sentirebbe l’esigenza di ascoltare musica.[…] Se l’uomo è veramente lieto, soddisfatto e vivace, è insensibile alle arti belle. […] L’uomo vigoroso che ha contentezza nel cuore non ha la sensibilità, la quale cresce col sentimento della nostra debolezza, dei nostri bisogni, dei nostri timori».
La melodia
è di solito considerata l’elemento fondamentale della musica perché attrae l’essere umano e provoca in lui un piacere fisico reale generato da suoni dolci.
«Non solo un godimento fisico, ma anche una ‘elevazione dell’anima’ e un ‘caldo entusiasmo’. […] La musica è diversa dalla pittura e dalla poesia perché un dipinto e una poesia possono suscitare un piacere che presuppone un ascoltatore passivo, mentre nella musica l’immaginazione è attiva».
Il ruolo di chi ascolta la musica è molto più rilevante di chi compone musica; egli può scoprire bellezze ignote al compositore. Che cosa permette alla musica di svolgere questo suo compito? In che modo l’ascolto della musica può liberarci dal sentimento di dolore connesso necessariamente, a partire dalla nascita, con la condizione umana? Come può la musica suscitare piacere e liberarci dai dolori innominati e dalla “noia”?
Utilità delle dissonanze
«Le dissonanze sono un dolore momentaneo che funge da premessa indispensabile del piacere. […] La grand’arte consiste a sapere con tanta destrezza distribuire allo spettatore delle piccole sensazioni dolorose, a fargliele rapidamente cessare, e tenerlo sempre animato con una speranza di aggradevoli sensazioni. […] A tal proposito io osservo che sarebbe intollerabile una musica, se non vi fossero opportunamente collocate e sparse delle dissonanze […]».
I RACCONTI DAL FARO
I MESSAGGI IN BOTTIGLIA
di vetro era tra gli scogli della piccola spiaggia, al disotto del Faro. All’interno si intravedeva un rotolino di carta, stretto da uno spago.
LEGÀMI - Fin dall’antichità (parliamo della Grecia di quattro secoli prima dell’età storica) si hanno notizie del rilascio in mare di contenitori, con messaggi scritti, per studiare l’andamento delle correnti di superficie. Oltre all’utilità pratica, dei c.d. “messaggi in bottiglia” ha sempre colpito l’immaginazione l’aspetto poetico, romantico, emotivo che essi a volte assumono: per la ricerca di un potenziale “amico di penna” con cui corrispondere; per lanciare frasi d’amore ad una persona immaginaria o reale; per un tributo d’affetto a chi è lontano, o non è più presente; per il disperato appello di aiuto di chi è in difficoltà, ed è rimasto senza alcuna speranza. Invocazioni tutte vergate per essere affidate al caso, al destino, al capriccio delle onde, senza sperare in una risposta, che sarebbe un evento eccezionale.
La bottiglia è lo strumento più a portata di mano per affidare all’amico mare un pensiero, magari dopo averne bevuto il contenuto appoggiati al parapetto della nave in corsa, in preda alle proprie nostalgie. Ma, il desiderio di far pervenire un messaggio può essere affidato al mare anche in altri contenitori. Si dice che Cristoforo Colombo, di ritorno dalla scoperta del Nuovo Mondo, nell’incontrare una severa tempesta e temendo un naufragio, avesse descritto quanto di nuovo da lui trovato in una pergamena, e che - ricopertala con un tessuto cerato - l’avesse chiusa in un grande barile rilasciandolo in mare, affinché, in qualche modo potesse pervenire ai Reali di Spagna.