SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
Angelita
Non è più possibile pensare ad Anzio senza Angelita. Così, la tragedia dell’ultima guerra vissuta nel nostro paese, che ha lasciato vittime e rovine anche ad Anzio, si può ricordare nel segno dell’amore che una bimba ha fatto nascere nel cuore di uomini addestrati ad uccidere. Sarà tutta vera la sua storia? Chissà...! Un monumento vuole che sia così, come la volontà di mantenere viva la memoria di tutta la sofferenza subita da tanti, troppi esseri umani indifesi e Angelita, la bimba che può crescere tra le rovine, testimonia l'insopprimibile e umano bisogno di affetto e solidarietà per poter superare quell’orrore che uccide prima della stessa morte.
Il romanzo Angelita è mia sorella, è un’altra storia, ma il luogo è lo stesso. Anzio diventa “la magia e l'amore di una mamma accogliente”. Un richiamo, una segreta e inspiegabile necessità della giovane scrittrice Marina Murphy di ricordare una località così bella nel momento tragico di questi giorni che, proprio come in quel 22 gennaio 1943, raccontano di una guerra che continua, nel mondo, a mietere vittime e distruggere altre terre belle, fertili e accoglienti.
Giuliana
“Angelita è mia sorella”
Recensione di Marina Murphy per lo Spin-off intitolato “libera a memoria” di Gala Lea, liberamente ispirato dal romanzo thriller psicologico di Marina Murphy intitolato “Angelita è mia sorella” La complessità dei sentimenti e l'impossibilità di scegliere chi e come amare, in questa storia presuppongono un tipo di Amore alto, elevato: quello che Sonia integra nel bene più assoluto... Eppure, lo stesso, non esula dal tormentarla quando bussa accompagnato alla passione e alla gelosia, e proprio qui, ora, al Faro dei libri, si aggiunge la straziante nostalgia, di quello che non è stato, e che per certo, mai più sarà.
In questa storia l'amore passionale è un tormento per tutti, ma il Bene, nonostante tutto, trionfa oltre ogni ostacolo, oltre la vita stessa. È che il bene, molto spesso, non esclude l'amore, ma l'amore, senza il bene, è fatuo. Per certo, brucia. Sonia lo insegna.
Leggi anche Il Litorale N. 21 1-15 dicembre 2024, pag. 18
Domenica 23 febbraio – ore 16.00
"LE PETIT PRINCE"
ha ispirato
«'O Princepe Guaglione»
TUTTO HA INIZIO CON UN DONO.
Si discorreva con l’amica Laura e, non ricordo come, venne fuori questa storia. Me ne parlava con tanta gioia e partecipazione, che mi venne voglia di leggerla, così, nel congedarci, le dissi che avrei senz’altro acquistato il libro. Ella però mi spiegò come da esso emanasse una magia che avrebbe sortito il suo effetto solo se lo si avesse ricevuto in dono. Dopo qualche giorno si presentò con il libro. Leggendo mi trovai avvinto dalla sua leggerezza e nel contempo dalla sua profondità. Mi prese talmente tanto che un giorno, senza averlo pensato, incominciai a tradurre, in napoletano, il capitolo ventuno che mi aveva colpito profondamente.
Dopo averla terminata, mostrai la traduzione a Giovanni che lodò il risultato e mi invitò a tradurre l’intero libro. Dissi di no perché l’impresa mi sembrava lunga e difficoltosa, ma la bonomia e il savoir faire, propri di Giovanni e la sua offerta di aiutarmi nell’impresa, mi fecero accettare l’invito.
Eravamo nel 2007: ci mettemmo all’opera e dopo un anno di impegno quasi quotidiano, portammo a termine il lavoro. Si parlava talvolta di far stampare il libro ma, per svariati motivi, non fummo in grado di realizzarlo.
Purtroppo nel 2018 Giovanni ci lasciava senza averlo visto realizzato.
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Un sodalizio amicale è all’origine di quest’opera sorprendente e davvero preziosa che riesce in un’impresa da non poco: portare uno dei più bei racconti che siano mai stati scritti sull’incantevole (e misterioso) tema dell’amicizia dalla prosa alla poesia, oltre che - va da sé - dal francese alla lingua napoletana. E non soltanto: oggi che l’impresa arriva alla luce della stampa, la morte dell’amico Giovanni Paesano, coautore della traduzione/versione lascia Alfonso Marino là dove resta, alla fine della sua avventura, il protagonista del capolavoro dell’aviatore scrittore Antoine de Saint-Exupéry: lo lascia su una soglia.
Ma quale? Forse la stessa che hanno varcato entrambi nel momento di intraprendere l’impresa (ciascuno la propria, e tuttavia a braccetto)? O forse un’altra, successiva alla precedente, più distante in un suo incerto crepuscolo, dislocata in un puntino baluginante dell’Universo Altrove, ch’è poi l’impero di Fantasia, sovrana assoluta dal sorriso partito in due dalla spada fatata che separa la benevolenza dal perturbante?...
Di soglia in soglia, tra la vita e la morte, il lavoro adesso è compiuto...
La qualità del vernacolo partenopeo utilizzato dai “trasportatori” ha molte sfumature, che vanno dalla memoria più nobile de’ barocchisti secenteschi a quella più fresca e corriva dei novecenteschi cantori dei vicoli vocianti, dei fondachi scuri, degli orti odorosi; la lingua del poema fantastico che alla fine risulta non si discosta di molto dal napoletano ampiamente praticato oggidì, noto a gran parte degli abitanti della penisola; e tale carattere dona al risultato la caratteristica di una felice leggibilità.
Auspicio del compilatore della presente noterella è pertanto che l’aeroplanino di carta di questo poema si libri agilmente in volo e prenda a vagabondare su per i cieli, sorretto e guidato dagli aliti e dai soffi, dai refoli e dalle raffichette dei venti di levante e di tramontana, di grecale e di scirocco, di maestrale e di libeccio, di ponente e di ostro...
Così come “Le Petit Prince”, che l’ha ispirato, questo «’O Princepe Guaglione» può soltanto planare e riplanare innumerevoli volte, senza scosse e pericoli, nel cuore di lettori grandi e piccini. È il destino di un risultato d’amore che ben riesce a farsi, nell’incontrare il lettore, una condivisione d’intenzione e d’affetti.
Eugenio Lucrezi
dalla Introduzione a «’O Princepe Guaglione»
di Alfonso Marino e Giovanni Paesano
I RACCONTI DAL FARO
IL VILLAGGIO INCANTATO
UN INCANTESIMO - Può accadere che chi arrivi in Scozia (l’antica Caledonia romana) conoscendone le tradizioni popolari chieda dove trovare il villaggio di Brigadoon. Come risposta gli potrebbe essere detto che dovrebbe essere molto fortunato, perché Brigadoon con i suoi abitanti, a causa di un sortilegio, è invisibile al mondo esterno, nascosto in qualche luogo delle Highlands (Altopiani Scozzesi). Riappare per un solo giorno ogni 100 anni, quando, dopo un letargo centenario durante il quale il tempo in esso si è arrestato e tutto è rimasto immutato, la vita risorge nelle sue stupende e infinite sfaccettature, con la massima intensità: si intrecciano amori, fioriscono le attività, si gioisce e si soffre. Per un solo, unico giorno, al termine del quale svanirà di nuovo nella nebbia, per un altro secolo.
In quel giorno, anche i forestieri possono entrare a Brigadoon e mescolarsi alla sua allegra popolazione, ma debbono lasciarlo prima che il giorno stesso abbia termine se vogliono tornare al loro mondo reale. Possono scegliere di rimanervi, ma solo per amore di un’altra persona del villaggio. Nessuno degli abitanti può abbandonarlo, perché se ciò accadesse l’incantesimo sarebbe infranto e Brigadoon non sarebbe più riapparso, scomparendo per sempre in qualche curvatura del tempo e dello spazio. Sembrerebbe che l’incantesimo lo abbia colpito verso la metà del XVIII Secolo, durante le guerre di religione per la successione al trono della Gran Bretagna, per proteggere la sua popolazione scozzese dall’avvicinarsi delle nemiche truppe inglesi.
PERCHÉ QUESTO RACCONTO? - In un mondo come il nostro, in cui siamo prigionieri della realtà e della razionalità quotidiana, non è male abbandonarsi alla lettura della novellistica popolare, una forma di mitologia umile, espressa nelle antiche fiabe e leggende (come anche nei canti degli aedi e dei bardi). Il racconto che abbiamo appena riportato si svolge nelle Highlands della Scozia, ma avrebbe potuto avere come scenario tutte quelle altre regioni geografiche delle isole britanniche, nelle quali ancora oggi sopravvive l’atmosfera magica degli usi, delle tradizioni e delle leggende celtico-gaeliche, e dove storie di streghe, di fate, di elfi, di folletti, di gnomi, costituiscono richiami del passato fortemente percepiti. Nella civiltà celtica, come in ogni altra civiltà condizionata dalle forze oscure della natura, i racconti di un mondo invisibile e fatato hanno sempre avuto un potere esorcizzante e venivano usualmente riproposti nei momenti in cui la comunità si riuniva accanto ai falò, bevendo birra e ballando al suono dell’arpa e delle cornamuse. Era l’occasione per rievocare il “Piccolo Popolo” di esseri fantastici e i loro incantesimi, cioè quella dimensione parallela al reale, popolata da capricciosi e imprevedibili abitanti che interagivano con gli umani, sia per fare del bene sia per fare l’esatto contrario, per dispetto.
SHAKESPEARE - Vorremmo ricordare che al Simposio si era già parlato del “Piccolo Popolo” alcuni anni addietro (nell’articolo “L’alba del Solstizio” su IL LITORALE n. 12/2017, pag. 30) citando la commedia “Sogno di una notte di mezza Estate” di William Shakespeare (1564-1616), nella cui trama realtà e fantasia sono strettamente intrecciate e interconnesse. Circostanza questa molto cara allo scrittore inglese Lewis Carroll (1832-1898) che conclude il suo romanzo fantastico “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” ponendo l’interrogativo: “La vita, cosa è se non un sogno?” (“Life, what is it but a dream?”).
“Realtà? Fantasia?” A volte, è il nostro stesso inconscio a mantenere confusi i due concetti, trasformando l’una nell’altra e viceversa, lasciandoci liberi di poter scegliere in quale tipo di visione sia più dolce riconoscerci.
Il Guardiano del Faro