Dal libro “Pomezia-Origini-genti-personaggi” realizzato nel 1990 dal professor Antonio Sessa ed edito dalla Angelo Capriotti Editore
I Romagnoli costretti a partire
Dal libro “Pomezia –origini-genti-personaggi” realizzato nel 1990 dal prof. Antonio Sessa ed edito dalla Angelo Capriotti Editore pubblichiamo il capitolo dedicato ai coloni :
I romagnoli costretti a partire. Un filmato dell'Istituto Luce ripropone a distanza di anni la partenza da Forlì e l'arrivo dei primi pionieri alla stazione di Santa Palomba in quel fatidico 24 giugno 1939. Erano ben quaranta famiglie romagnole, scelte fra quelle maggiormente danneggiate dalle inondazioni della primavera precedente: in totale 358 persone, di cui 178 bambini fino a tredici anni. Provenivano da tredici comuni di quella provincia, in prevalenza da Predappio, Curesoli, Rocca San Casciano, Modigliana, Civitella e Sarsina.
Il filmato illustra, nella prima parte, la partenza delle famiglie dalla stazione di Forlì con la costante presenza di Donna Rachele, la moglie del Duce; quindi l'arrivo alla stazione di Santa Palomba da cui gli interessati, collocate sui camion le scarse masserizie, percorrono il breve tragitto fino ai poderi assegnati. Viene quindi ripreso il momento della consegna del podere: la famiglia raccolta intorno alle masserizie e un bambino con gli occhi dolcissimi che fissa l'obiettivo del cineoperatore. Quel ragazzo esile è Goffredo Casadei, il noto costruttore pometino, la cui famiglia riceve il podere nella zona del bivio Caronti. Complimenti; ne ha fatta di strada quel piccolo e gracile pioniere romagnolo! "Avevo undici anni quando arrivai con la mia famiglia, quel 24 giugno, alla Stazione di Santa Palomba - ricorda non senza emozione Giovanni Bernabei -. Rifocillati, fummo caricati sul camion e accompagnati ai vari poderi. Il mio podere era a Monte d'Oro.
Era bellissimo: 18 ettari di terra, con il casale n. 2957. In famiglia eravamo sei persone in tutto; due miei fratelli erano rimasti in Romagna. Arrivammo al podere nel pomeriggio; il fattore dell'Opera ci consegnò la chiave. Il mio povero babbo, appena l'incaricato dell'Opera aprì la porta e vide tutto arredato, si mise in ginocchio, come Cristoforo Colombo quando scoprì l'America. Trovammo di tutto, nella nuova casa: mobili, lenzuola, coperte, farina. Per dare l'idea, perfino i cerini e gli aghi per cucire. Una casa così bella non l'avevamo mai avuta. Quando arrivammo non era ancora rifinita la stalla; dopo circa un mese ci consegnarono due vacche e due buoi. Intanto ogni sera un incaricato dell'Opera ci portava il latte. Non erano stati completati la chiesa, la torre, la casa comunale. Noi piccoli andavamo a scuola prima a Monte d'Oro e quindi vicino al Comune. La vita era dura; c'era la malaria. Io stesso consumai tanto chinino. Tutti noi lavoravamo in campagna: la vita scorreva con semplicità e spesso ballavamo nelle case. Noi romagnoli eravamo molto uniti: ci conoscevamo tutti".
Il violino di Versari.
Dallo stesso treno, quel giorno 24 giugno 1939, scese anche Primo Versari che portava ben stretto a se un violino. Ma ecco dal racconto della figlia Maria la storia del violino di Versari: "Mio padre era appassionato di musica e con il suo violino, in Romagna, suonava nelle feste. Un giorno, durante una festa, i carabinieri sequestrarono il violino. Non ricordo bene il motivo; forse faceva troppo rumore. In seguito, mio padre convinse i carabinieri a farselo dare indietro. Durante un'alluvione la nostra casa franò e il violino andò perso. Fummo alloggiati in una scuola e ci venne a visitare Donna Rachele, la moglie del Duce, accompagnata dal tenente dei carabinieri, quello stesso che mio padre aveva convinto a restituirgli il violino. Il tenente, che aveva riconosciuto mio padre, chiese notizie del violino. Donna Rachele, presente al racconto, apprese della scomparsa del violino e disse a mio padre di non preoccuparsi, in quanto avrebbe riavuto il suo strumento. Infatti, alla nostra partenza da Forlì, si presentò con un violino di proprietà di Mussolini e lo regalò a mio padre. Da allora questi lo ha sempre conservato gelosamente, suonando nelle "veglie" romagnole e nei casali di Pomezia".
Il podere lontano.
Indubbiamente i primi arrivati furono i più fortunati; il secondo scaglione di romagnoli giunti il 5 ottobre, sempre dalla zona alluvionata, ebbe accoglienze più tiepide. In generale i romagnoli, sia perché primi venuti, sia perché paesani del Duce (e qualcuno anche lontano parente suo o della moglie) ebbero un trattamento migliore degli altri che giunsero dall'estero nel 1940. Ma anche nei romagnoli primi arrivati vi furono contrattempi.
"Arrivammo con il gruppo di ottobre - ricorda Giulio Mugnaini, padre di Dorando, attuale consigliere DC -. la mia famiglia era composta dai miei genitori, da me e mio fratello con la moglie e con un figlio: in tutto sei persone. Appena arrivati, ci consegnarono un podere alle Monachelle. La nostra famiglia aveva diversi mobili e preferirono per questo motivo sistemarci in un podere più centrale, dove si poteva far vedere a eventuali visitatori una casa di pioniere bene arredata. Arrivarono informazioni da Forlì su mio padre Marco e mio fratello Giuseppe, che erano antifascisti; non potevamo essere rimandati più nel luogo di origine, per cui ci assegnarono il podere 2869 in via Valle Caia, proprio l'ultimo di quella zona".
Nel dopoguerra Giuseppe Mugnaini, socialista, nelle prime libere elezioni amministrative, sarà eletto consigliere comunale e rivestirà la carica di assessore.