A due mesi dal rogo c’è attesa per i risultati delle analisi effettuate dall’Arpa sui campioni di terreno e da parte dell’Istituto Zooprofilattico sui vegetali e allevamenti
L’incendio alla Loas forse di origine dolosa
Proseguono senza sosta le indagini sul rogo divampato alla Loas il 9 agosto scorso e che ha distrutto l’impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi. Sull’attività investigativa serrata, condotta dalla Procura di Latina vige ancora il massimo riserbo, tuttavia in seguito ai rilievi sembra aver preso piede la pista dolosa: dietro al disastro potrebbe dunque celarsi la mano di qualcuno. Un’ipotesi che era già stata paventata nei giorni successivi all’incendio e che pone gli investigatori di fronte a importanti interrogativi da sciogliere. Chi aveva l’interesse di arrecare un danno alla Loas? E perché?
Il caso intanto ha attirato l’attenzione del Parlamento. Tra pochi giorni in Senato il Governo dovrà rispondere all’interrogazione presentata dal senatore di Fratelli D’Italia Nicola Calandrini, mentre il deputato Raffaele Trano ha interessato del caso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie presieduta da Stefano Vignaroli e incontrato il Ministro all’ambiente per riferire alcuni dettagli importanti per verificare se qualcosa non ha funzionato nella catena dei controlli da parte degli enti preposti.
Ad Aprilia intanto, a distanza di quasi due mesi dal rogo che ha distrutto la Loas Italia, c’è attesa per i risultati delle analisi effettuate dall’Arpa sui campioni del terreno e delle acque prelevate nelle vicinanze del sito, ma anche per quelle eseguite dall’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, che serviranno a capire se i vegetali raccolti a pochi metri dall’impianto e fino a 5 km di distanza presentino segnali di contaminazione. Le analisi sono state già effettuate su campioni di basilico, vite e ulivo presenti nelle immediate vicinanze del sito, mentre bisognerà aspettare il momento opportuno per prelevare il latte dagli ovini che nei giorni successivi al 9 agosto hanno pascolato non lontano dal sito di via della Cooperazione.
“Dopo un incendio – spiega l’Istituto Zooprofilattico in una nota divulgata alla fine di settembre all’esito dei sopralluoghi presso gli incendi avvenuti nel basso Lazio – oltre al pericolo provocato dall’aria che si respira, può verificarsi la contaminazione delle matrici direttamente o indirettamente coinvolte nella catena alimentare. Ciò richiede un monitoraggio costante del fenomeno.
Come gli anni passati, quando dopo gli incendi della Eco X di Pomezia e del TMB Salario, anche in questa occasione è stata attivata la collaborazione tra le istituzioni competenti”.
Un tavolo di lavoro, che vede la collaborazione tra Asl, Arpa e Istituto Zooprofilattico per la valutazione del rischio e per la produzione di evidenze scientifiche a supporto delle decisioni per la salute pubblica. Ad oggi i risultati di questo specifico campionamento tutt’ora in corso non sono ancora stati trasmessi, mentre sono stati trasmessi solo i dati aggiornati al 28 agosto 2020 riguardanti la qualità dell’aria.
“Al momento – specificano dall’Istituto Zooprofilattico di Roma – sono impegnati attivamente sia la Direzione operativa chimica che l’Osservatorio Epidemiologico, struttura che fornisce il suo apporto anche tramite i sistemi GIS (Geographic Information System) per mappare i punti di campionamento sulle matrici di competenza dell’Istituto – vegetali legati alla produzione agricola e in un secondo momento il latte ovino- così come quelli effettuati da altri enti, ad esempio da Arpa sulle matrici ambientali, nonché tutte le informazioni che possono essere utili nella pianificazione del monitoraggio”.
Le mappe infatti riportano chiaramente non solo i punti di prelievo, ma anche allevamenti e colture presenti nelle vicinanze del sito e oggetto a loro volta di monitoraggio: nel raggio di 2 chilometri dalla Loas se ne contano sette, solo una delle quali situata nel raggio del vento e quindi nell’area di ricaduta degli inquinanti. Esami approfonditi riguardano però anche altre 37 aziende agricole poste nel raggio di 5 chilometri dal luogo dell’incendio.
“Le prove – conclude l’IZSP – vengono eseguite presso la la Direzione Operativa Chimica che aggiorna puntualmente la situazione con gli esiti delle analisi”. Conoscere l’esito di quelle analisi sarà di vitale importanza per valutare rischi ambientali correlati ai rischi per la salute umana.
Francesca Cavallin