Il Litorale • 12/2019
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Pag. 14 Il Litorale ANNO XIX - N° 12 - 16/30 GIUGNO 2019
Qualche tempo fa in Sicilia e
nel Lazio, pochi giorni fa Mila-
no e poi Novara, ma se tornia-
mo indietro di 4-5 anni abbiamo
una casistica equanimamente
diffusa su tutto il territorio na-
zionale. Bambini maltrattati o
addirittura uccisi dai genitori
con modalità più o meno con-
corde o ‘informata’ fra i due.
Una terrificante deriva, una ten-
denza che, purtroppo registra
già diversi casi: un nuovo modo
dell’orrore intrafamigliare, che
vede profilarsi una nuova figu-
ra: quella dell’Erode domestico.
I contesti nei quali si compiono
misfatti ‘di famiglia’ presentano
aspetti comuni: degrado mate-
riale e sopra tutto culturale-edu-
cativo, marginalità, periferizza-
zione esistenziale ed esclusione,
presenza di droga o altre forme
di addiction, la giovane età dei
genitori, visioni del mondo im-
prontate al crollo etico-morale e
al consumo.
Crimini quindi diversi che però
hanno elementi in comune e se-
gnano un cambio di paradigma,
se così si può dire, in quella del
‘figlicidio’, che è sempre stata
una antica pratica orrendamente
criminosa. A quello che in pas-
sato è stato il padre padrone
violento per autorità ancestral-
mente prescritta, con il diritto di
vita e di morte sui figli e suc-
cessivamente con poteri deci-
sionali (per diritto) illimitati
sulla famiglia, si è sostituito og-
gi un suo orrendo simulacro,
forse ancor più feroce perché
non legittimato da alcun canone
di uso corrente morale o norma-
tivo. L’antico genitore padrone
agiva per follia (Medea) o nelle
società estremamente povere in
caso di carestie o guerra, per fa-
me e bisogno. Questo tipo di
genitore sottoposto alla morale
e all’ethos del gruppo di appar-
tenenza (clan, tribù, famiglia,
classe sociale…) arrivava anche
ad uccidere il figlio per ‘eccesso
educativo e dovere normativo’,
per inoculargli il germe estremo
della disciplina: una sorta di
‘abuso pedagogico’ postulato da
quella che era l’eccesso etico
dell’assetto socio-economico-
produttivo socialmente vigente.
Abusi sia nelle classi povere
operaie, contadine e sottoprole-
tarie urbane, ma anche nelle
classi padronali. Abusi omici-
diari che avvenivano per caren-
za di beni di sopravvivenza,
frutto di quella che era una dis-
torsione estremizzata della na-
scente organizzazione morale e
materiale del lavoro: i bambini
delle work house inglesi, nelle
miniere o nei capannoni delle
manifatture nelle cinture subur-
bane (un’infanzia ben narrata
dai romanzieri inglesi, ma an-
che francesi e in un po’ anche
italiani, nelle ricerche di F. En-
gels e nelle pitture sul degrado
urbano nell’Inghilterra vittoria-
na). Le sofferenze e le morti dei
bambini quindi hanno sempre
rispecchiato e condensato in
maniera tragica ed estrema le
condizioni di vita economiche e
storico-sociali. Si pensava,
adesso, che il percorso della ci-
viltà, almeno in occidente, aves-
se messo fine a queste sacrifici
umani, invece i bambini conti-
nuano, in un modo o nell’altro a
essere le vittime. Tornando a
questi ultimi infanticidi, va det-
to che non sono più riconducibi-
li a un’etica del lavoro e della
produttività, a necessità di guer-
ra o di sopravvivenza, ma si
tratta di nuove ‘necessità’ legate
all’accesso al consumo. Bau-
man e altri ci hanno spiegato
che non si è più poveri per ca-
renze materiali (anche per ca-
renze materiali), ma perché si è
estromessi dal gioco dell’homo
consumer; si viene esclusi
dall’accesso ai consumi, tanto
che si potrebbe anche conside-
rare la miseria e la povertà non
più ingiustizie da sanare con la
solidarietà, con la lotta, con la
giustizia sociale (questo appar-
teneva all’etica del lavoro).
Adesso il licenziato, anzi sareb-
be meglio dire l’esodato, l’esu-
berato, il precario mobilitato,
l’intermittente lo è, quasi, per
colpa personale; la competitivi-
tà e la sopraffazione fanno si
che il povero lo sia perché
escluso e costretto drammatica-
mente in una solitaria periferia
esistenziale. Se si è esclusi e
marginali rispetto soprattutto a
quella che è l’etica (o meglio al-
l’estetica) dei consumi e il bam-
bino diventa come un oggetto
che sancisce il raggiungimento
di uno status, un simbolo di
omologazione consumistica da
esibire con il vestitino firmato
alla festa di battesimo, o adul-
tizzato a ballare in Tv o su
WhatsApp. Non è un caso che
uno di questi padri orchi si esi-
biva, scimunitamente sui social
con Maserati, chimoni sfarzosi
e catene d’oro al collo. Ma cosa
succede poi, quando il bambino
piange, o sta male, chiede atten-
zioni e cura, quando fa i capric-
ci perché vuole un giocattolo
che ha visto in uno spot e non ci
sono i soldi perché c’è la rata o
lo spacciatore da pagare. Allora
il bambino oggetto e simbolo di
status diventa un intralcio fasti-
dioso che non fa dormire, impe-
disce di ‘smaltire’; il bambolot-
to diventa un sovrapiù e allora
tutta l’anaffettività, l’incompe-
tenza genitoriale, la rabbia, esa-
sperazione e violenza saltano
fuori. Infine il social che ratifica
e rende pubblico il ‘fattaccio’,
fungendo da ‘Coro’ come nelle
tragedie della classicità, produ-
cendo un effetto catartico che
può anche stimolare l’emulazio-
ne (se anche gli altri si rendono
colpevoli sono meno colpevole
anch’io).
Tutto questo non è giustificazio-
nismo pseudo psico sociale, non
bisogna indulgere, bisogna in-
vece fare attenzione all’uso
‘dell’incapacità di intendere e
volere al momento del fatto’;
però non ci si può aspettare che
simili fenomeni siano affrontati
esclusivamente sul piano re-
pressivo e giudiziario. Occorre
anche prevenire, fare sistema
fra scuola e servizi sociali, so-
cio sanitari di polizia e giudizia-
ri. Non bisogna mortificare il
volontariato o la cultura o l’as-
sociazionismo; occorrono più
maestri ed educatori, finanziare
i programmi socio-educativi e
culturale, bisogna fare rete fra
agenzie istituzionali e realtà so-
ciali e territoriali ecc. Bisogna
farsi ‘Comunità educante’ so-
prattutto (ma non solo) in quelle
aree di degrado che, peraltro,
sono ormai consuetudine diffu-
sa in tutte le società e i territori.
Giuseppe Chitarrini
Subito dopo le elezioni comu-
nali che si sono svolte a Nettu-
no domenica 9 giugno e che
hanno visto la vittoria del cen-
trodestra con Alessandro Cop-
pola contro lo sfidante Valde-
maro Marchiafava, in tutto il
territorio comunale, sia in cen-
tro che in periferia, nelle notti
del 10 ed 11 giugno si è provve-
duto alla disinfestazione ed alla
derattizzazione, dalle ore 24:00
in poi. In questo periodo del-
l’anno, più che le zanzare ciò
che, affligge i residenti nettu-
nesi è soprattutto la presenza di
ratti che durante l’inverno si so-
no insediati nelle abitazioni
chiuse o in quelle aperte saltua-
riamente. A spiegarcelo è il rap-
presentante di una ditta di An-
zio che si occupa di bonificare
ogni luogo, casa, garage, scanti-
nato, impresa commerciale.
“Quando una casa rimane
chiusa per tanti mesi, oppure
viene abitata per uno o due
giorni a settimana- ci ha riferi-
to- facilmente i topi, che predi-
ligono luoghi poco puliti, la in-
festano ed allora sono molto
difficili da snidare. Con l’arrivo
della bella stagione, del caldo,
sono molto occupato, mentre in
inverno non mi chiama quasi
mai nessuno.”
Quindi un plauso va al dottor
Bruno Strati Commissario del
Comune del Tridente per aver
preso questa decisione, quasi al
limite del suo mandato. Intanto
vogliamo fare un appello al neo
sindaco l’ingegner Alessandro
Coppola, oltre a complimentarci
per la vittoria ottenuta. Se a
Nettuno ci sono tanti topi, la
colpa sta anche nell’incuria del-
la Ditta preposta alla pulizia
delle strade, oltre che dei citta-
dini che gettano ovunque la
spazzatura, in barba alla raccol-
ta differenziata che avrebbe do-
vuto rappresentare una svolta
per la città, anche per l’abbatti-
mento della famigerata TARI.
Ci vorrebbe il ritorno al nettur-
bino, o spazzino, che ogni gior-
no, come un tempo, con la ra-
mazza puliva le piazze e le stra-
de, soprattutto sopra i marcia-
piedi ed i bordi perché la mac-
china che aspira l’immondizia
non riesce a farlo, anche a causa
delle auto posteggiate. Inoltre ci
vorrebbero più isole ecologiche
dove conferire in qualsiasi mo-
mento del giorno e della notte i
vari sacchetti differenziati e
un’accurata ricerca degli evaso-
ri, i cosiddetti ‘invisibili’ che
pur abitando a Nettuno non pa-
gano la TARI e conferiscono il
loro indifferenziato nei paesi li-
mitrofi o addirittura a Roma,
dove lavorano.
Rita Cerasani
Occorre fare sistema fra scuola, servizi sociali, sanitari e di poliziaIntervento radicale a Nettuno del Commissario
I nuovi orchi del terzo millennioDerattizzazione
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