Il Litorale • 15/2019
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Questo il tema del Convegno tenutosi a Roma il 18 gen-
naio a palazzo Sciarra grazie all’ospitalità della Fondazio-
ne Terzo Pilastro Internazionale e del suo Presidente, prof.
avv. Francesco Maria Emmanuele, da sempre sensibile al
tema dei bambini figli di detenuti nonché sostenitore eco-
Pag. 24 Il Litorale ANNO XIX - N° 15 - 1/15 SETTEMBRE 2019
S i m p o s i o
LIBERO INCONTRO ARTISTICO CULTURALE
ANZIO
E-mail: ilsimposio@alice.it • aa amici del simposio di Lavinio
Giuliana Bellorini
è l’organizzatrice
del salotto sede del Simposio
Alti alberi con la chioma verde, alberi ondeggianti alla lie-
ve brezza. Guardiani cortesi del bel viale cui danno prote-
zione ed ombra. Il piacevole camminare lungo quel viale
che sembra infinito. Il verde cappello protegge dal sole pri-
maverile. Un tepore gradevole che l’alternanza con l’om-
bra fa ancora più piacevole. Il rigoglioso risveglio primave-
rile. Fiori rossi, gialli, azzurrini. Il loro profumo. Il ronzare
di insetti felici di essere stati invitati a quel banchetto di
polline. Uccelli canterini lanciano lontano il loro richiamo
d’amore. Tutto è vita. Lo splendore di uno spettacolo uni-
co. All’orecchio il brusio, al naso il salmastro odore del
mare poco lontano. Il mare, il suo giallo tappeto di sabbia.
Passeggiare e respirare per riempire se stessi di quell’atmo-
sfera idilliaca. Lo splendore di quello spettacolo unico che
passo dopo passo rallegra l’animo. Io cammino, cammino.
Il sole s’inerpica verso il suo vertice, illumina il palcosce-
nico. Il verde ombrello ed il camminare è tranquillo. A sini-
stra verdi colline con fitti e misteriosi boschi. A destra il
mare con le sue spiagge, i suoi scogli, il suo fascino ignoto.
Cammino solo. Vivo dei colori, degli odori, della musica
che mi circonda. Parlo. Alta e sonora la mia voce accompa-
gna, non disturba, non annoia. Mi racconto storie di un pas-
sato lontano, di un passato vicino. Ricordo di uomini e
donne, dei loro pregi e dei loro difetti. Cammino e mi inol-
tro nello splendore di uno spettacolo unico. Un viottolo a
destra, uno a sinistra. Vie di mete sconosciute, percorsi im-
pervi, privi di comoditàà. Proseguo sulla mia via tranquilla,
dritta. Godo della protezione degli alti alberi frondosi. Stra-
da comoda per una destinazione nota e sicura. Lo splendo-
re di uno spettacolo unico continua, si apre davanti a me.
Ora a destra, ora a sinistra gli occhi sono attratti. Il sole ini-
zia quella discesa che lo porteràà all’opportuno, tempora-
neo riposo. L’atmosfera è calda ma la protezione della nota
via la rende gradevole. Io cammino, cammino. Ancora sen-
tieri verso sconosciute mete a destra, a sinistra. Sentieri
protetti da arbusti spinosi e non dai maestosi verdi guardia-
ni del viale. Sentieri tortuosi, talora impervi che arrivano
dove? Domanda inutile, priva di risposta. Deviare da una
via nota, piacevole, comoda, protetta? Io cammino, cammi-
no. Lo splendore di uno spettacolo unico, costante. Gli
stessi colori, gli stessi odori, la stessa musica. Io cammino
e davanti a me il sicuro viale, i suoi tenaci guardiani, la sua
via comoda. Poche ore al riposo notturno, il sole si avvia
alla fine del suo quotidiano lavoro. Io cammino, cammino.
Lo splendore di uno spettacolo unico, monotono. La mia
voce caduta nel silenzio. Mi volto all’indietro e lo sguardo
si posa sullo splendore di uno spettacolo unico ed immuta-
bile. Avanti ed indietro. Un sentiero si apre tra erbacce ed
arbusti spinosi. Si fa strada sulla piana verso un bosco
oscuro. Se un sentiero, qualcuno lo ha percorso. Guardo
avanti, guardo indietro: lo splendore di uno spettacolo uni-
co. Tanto ho camminato in quello splendore, su quel palco-
scenico unico e costante. Tanti passi succeduti sulla stessa
unica, costante, sicura, comoda, monotona via. Svolto nel
sentiero ed i rovi iniziano a graffiarmi ma la voce torna ed
ora canto ed ora mi racconto di uomini, di donne, di futu-
ro... poi, con segni di rovi su braccia, su gambe, sul viso
ma il sorriso segnato sulle labbra, ecco un'ampia radura
gialla, tutta gialla, di gialli fiori, tutti tulipani. Il tulipano
più bello, mi siedo.
PROSA O POESIA? POESIA?
LO SPLENDORE DI UNO
SPETTACOLO UNICO
di Rodolfo Menicocci
TRAMONTI
di Sergio Bedeschi (2019)
GENITORIALITÀ IN
CARCERE E
DIRITTI DEI FIGLI
DEI DETENUTI
di Ivana d'Amore
OMBRA E REALTÀ
di Giuliana Bianchi Caleri
Quanti tramonti da lassù
viaggiando tra le nuvole!
Quelli stupefacenti dell’Oriente
sopra Sumatra e Giava
dagli incredibili colori,
o sui deserti africani
tra le sabbie lucenti,
o quegli altri ancora
tra i grandi freddi
ai confini del mondo.
O magari più semplicemente
a casa mia, talvolta,
guardando dalla veranda,
verso Ponente.
Ogni sera mi chiedo:
è la Terra che gira
o è il sole che discende?
O è soltanto il tempo della vita?
Tramonti…, tramonti:
rosati, rossastri, violetti,
rosso fuoco, scarlatti…,
incantatori sempre.
Ah, c’è pure un guizzo verde
se sei fortunato, hai visto
là sulla linea del mare?
Tramonti: parabole della vita.
Ma lasciatemelo dire!
Ho fatto l’aviatore
e proprio non capisco
perché ogni volta
che siamo all’imbrunire
si ama dire che stiamo facendo
l’ultimo decollo. Davvero?
E verso dove?
L’ultimo, ultimissimo decollo
verso l’azzurro infinito!
Altro che decollo!
A me sembra un atterraggio.
Un tramonto, appunto.
Non vedi? Look around!
Svegliati, guarda fuori!
Lo strillava sempre l’Istruttore
ai tempi della Scuola.
Ora siamo tutti allineati,
chi in lungo,
chi in corto finale:
il carrello è esteso e bloccato,
i flap sono a posto,
il motore quel che serve,
la procedura di riattaccata conosciuta
(anche se non servirà a nessuno).
Fa solo attenzione
al carburante che scarseggia.
Ma è tutto in regola, tranquillo.
La clearance della Torre
arriverà tra poco.
E almeno mettilo giù
come si deve,
quando sarà il momento,
questo tuo compagno di viaggio!
Bastava andare a capo dopo ogni periodo e avremmo det-
to: poesia. Ma… l’autore non poteva sostare. Una pausa
avrebbero rimesso nell’ombra quanto così spontaneamen-
te usciva dal suo pensiero abbandonato nella contempla-
zione di uno spettacolo unico: la sua strada rifletteva la
sua esistenza: vita e cammino, una sola cosa e la gioiosa
accettazione del Tutto.
Sì, perché ad ogni verso si va a capo. L’emozione è sotto
controllo. Musicalità e ritmo si accompagnano perfettamen-
te. Ogni respiro, ogni ricordo sottace alla parola giusta usci-
ta dalla memoria incisa non solo nel cuore, ma allusivi la
realtà trascorsa trasformata spontaneamente nel qui e ora in
metafora esistenziale.
TORNERÒ DA VOI
Mi lascio abbracciare da questi boschi ancora per qualche giorno e poi tornerò da voi. Come in ogni anno, prima di partire il saluto alle cento croci
in legno emblematiche degli oltre mille caduti del piccolo cimitero. Croci in fila ordinata come un esercito di anime che trasmettono commozione
e speranza. Anime dei giovani che hanno smesso di vivere per noi, per il nostro futuro. Molti di loro ancora senza nome perché ridotti in brandelli
sparpagliati e pietosamente raccolti. All’orizzonte l’Altopiano con la cima del Grappa sfuma nell’aria sbiadita delle prime nebbie che annunciano
l’autunno. Tornerò da voi, al mare ove l’orizzonte non è mai turbato nel suo rettilineo infinito ma respira nelle sue mutevoli sfumature color del
cielo di un’atmosfera calda come siete voi.
In Rigoni Stern c’è tutta la storia di questi martoriati luoghi di mutevoli confini. Una lettura che mi ha accompagnato durante l’estate. Melanconia
di una triste storia che si ripete da millenni, ma pur sempre rinnovo di speranza di cambiamento che suggerisce l’ordine di questo paesaggio torna-
to dopo il caos della guerra alla supremazia della natura che la volontà di questa gente semplice e provata dalla perdita di ogni cosa e affetti cari ha
contribuito a risanare. Strade e sentieri puliti che fiancheggiano prati ordinati sono oggi l’emblema dell’accoglienza. “Un monumento alla concor-
dia e alla pace” come il nome dato al piccolo cimitero della piana di Tonezza. Giuliana
IL SIMPOSIO RIPRENDERÀ LE ATTIVITÀ DOMENICA 29 SETTEMBRE ALLE ORE 17,00
Ombra e realtà si intersecano mutevolmente, indefinite ed
indefinibili. Non possiamo pertanto parlare di ombra, ma
di ombre, vaghe e girovaghe, come la maschera che l’uo-
mo assume ogni giorno, a seconda del luogo, del tempo e
di chi mi siede accanto.
La nostra ombra infatti è il viandante che cammina alle no-
stre calcagna … o ci precede, oppure viaggia a destra od
alla nostra sinistra, ma non siamo noi a determinarla: è il
sole il quale, come una divinità, la guida. Eppure siamo
sempre noi a decidere: se guardare il sole ed ignorare
l’ombra, o voltare ad esso le spalle e guardare in faccia la
nostra stessa ombra. Mai essa è uguale a se stessa, pur rap-
presentandone alcune linee essenziali: diversa ogni ora del
giorno e su varie superfici, senza mai distaccarsi dal pro-
prio soggetto e sempre in lotta con le altre ombre. È l’ema-
nazione del mio pensiero, perché posso modificarla ed an-
che annullarla, riparandomi in un angolo buio.
Ma sempre tornerà in vita se sfiderò il sole, in una lotta
impari… se deciderò di vivere. Sarò comunque io a sce-
gliere la migliore delle mie ombre, a decidere se marciare
o sedermi, vivere da solo od abbracciare l’altro “ ombra di
un sogno fuggente”.
L’ombra pertanto diviene la metafora della vita, con tutte
le sue sfaccettature e mutevolezze: a noi il compito di sce-
gliere la migliore angolatura e tutto ciò che riesca a dare
una parvenza di quello che può essere rappresentato, in un
dualismo costante tra verità e pensiero, tra realtà e rappre-
sentazione.
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