Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Alberto Sulpizi dopo la pubblicazione del libro dell’ex Sindaco di Nettuno“Non sono d’accordo con il professor Conte”
Abruzzese, fu vera gloria?
Non vorrei fare la figura di quell’invitato ad un matrimonio che alla domanda del Sacerdote: “Se qualcuno ha qualcosa da dire lo dica ora o taccia per sempre”… alza la mano rovinando una bella festa, ma l’uscita del libro del prof. Carlo Conte “Eravamo comunisti”, 128 pagine prodotte in bella stampa, dall’ autore stesso, con foto suggestive ed interessanti per qualsiasi nettunese, mi suggerisce da semplice appassionato e ricercatore di libri, foto, documenti locali iniziata oltre mezzo secolo fa, di dover sottolineare alcune, a mio parere, note stonate, nella musica della storia locale e su cui credevo di non dover tornare. Il prof. Conte è persona perbene e soprattutto nettunese autentico come dimostra la sua storia, peraltro uno dei pochissimi amministratori che si è ricordato del sottoscritto, pur militando su diverse rive della politica locale, volendomi nella Commissione Cultura della prima giunta Chiavetta col dottor Menghini, il prof. Baiocco ed altri. Il professore incorre, suo malgrado, in questo libro, a mio parere, in qualche “strappo”, da “ricucire”: in particolare, mi soffermo e segnalo lo stato dei lavori dello studio, (con la fondamentale collaborazione del ricercatore dottor Pietro Cappellari), sul partigiano Mario Abruzzese. Già nel 2001, quando il sindaco Vittorio Marzoli gli dedica una via, per interessamento del professor Conte, vedi pagg. 8 e seguenti del suo libro, forse con troppa delicatezza, obietto sull’opportunità dell’intitolazione, perché la storia che io conosco, seppur fascinosa ed avventurosa, del partigiano Abruzzese, presenta luci ed ombre, ma la cosa finisce lì, senza ulteriore clamore, anche perché non è mio costume rovinare celebrazioni in corso. Passando, in quel periodo, qualche pomeriggio col dottor Giovanni Cappella a giocare a scacchi, lo stesso, mi riferisce il suo parere sull’intitolazione di una via a Mario Abruzzese e mi fa vedere una foto dei Giovani Universitari Fascisti nettunesi, in cui lo stesso Abruzzese milita, foto pubblicata nel libro “Ho fatto il medico a Nettuno”. Inoltre mi invita a parlarne, per avere una fonte di altra natura politica, anche con Attilio Bernardi, cosa che faccio, e il cui tenore non può esser sconosciuto al prof. Conte, vedi pag. 10 del libro “Eravamo comunisti”; in seguito “intervisto” moltissimi altri personaggi che lo frequentano, ma citerò solo i documenti in mio possesso, lasciando il giudizio a voi lettori, perché sia chiaro la mia non è una battaglia nè verso il Partigiano nè verso il prof. Conte, che ha poche colpe, riprendendo prevalentemente quel che scrive, Francesco Rossi, straordinario giornalista, in un bel libro, credo, “La signora e il cane” , acquistato e letto nel 2011. Io parlo col Rossi, presso la libreria “Fahrenheit”, una diecina di anni orsono, ed alle mie obiezioni risponde, che si tratta solo di un romanzo, se pur ispirato a racconti che immagino lo stesso Abruzzese faccia alla compagna Angela e che la stessa riferisce al giornalista Rossi. Quel che credo si debba sapere, è che fino al 1942 – in piena legislazione razziale, in piena alleanza con il Reich hitleriano, in piena Seconda Guerra Mondiale, Mario Abruzzese è membro dei Gruppi Universitari Fascisti …(vedi foto nel libro del dott. Cappella), il 7.8.1942 viene chiamato alle armi (4° Rgt. Cavalleria a Milano) ed il 5.9.1943 viene Nominato S. Tenente di cpl il (non assegnato a nessun reparto all’8.9.43, presenza alla Scuola AUC Cavalleria di Pinerolo). Il 9.9.1943, si dilegua sui monti per sfuggire alle retate germaniche. Per “lottizzazione” tra i partiti del CLN, la zona dove è dislocata la banda di Abruzzese passa sotto controllo del PCI. Di conseguenza questa viene, nel tempo, contrassegnata con il nome convenzionale di 105a Brigata Garibaldi (Abruzzese ne assumerà il Comando nell’Agosto 1944). Molti sono i contrasti con le formazioni di “Giustizia e Libertà”, tra cui si cita l’episodio, con protagonista Abruzzese, del furto di un aviolancio diretto alle formazioni “concorrenti”. L’episodio del presidio partigiano alla Fiat Mirafiori che impedisce lo smantellamento dell’impianto da parte dei Germanici non trova riscontri nella realtà dei fatti … ( vedi F.W. Deakin cit. in R.Gobbi, Una revisione della Resistenza, Bompiani 1999, pg. 121; dichiarazione di Valletta al processo Graziani in G. Galli, Gli Agnelli, Mondadori, Milano 1997, pg. 102; M. Dal Fiume, Il mio processo, Sampieri, Torino, 1947) e il Rossi non cita la data … l’episodio che narra della sua liberazione nell’imminenza di una impiccagione non trova riscontro nelle nostre informazioni e non ci sono anche qui luogo e data, così come la taglia di 4 milioni di Lire messa dai Germanici sulla sua testa. La “relazione” con la fascista sequestrata dai partigiani, Eva Timbaldi, ( il padre è un intellettuale, giornalista che scrive su giornali locali) desta scandalo tra le stesse file della Resistenza: può troncare la relazione? sceglie di sposarla, salvo abbandonarla dopo la fine della guerra. Ma soprattutto ritengo sia doveroso segnalare, secondo un documento indirizzato al Comando Militare Regionale Piemontese (della Resistenza) dal Corpo Ispettori del CLN Piemontese, l’episodio del 15.1.1945 in cui Mario Abruzzese, condanna ed elimina a Luserna S. Giovanni, Mario Montanaro (di Torino, di anni 29) e Luigina Guarello (nata a Torino il 6.6.1901), innocenti, come attestano i documenti degli stessi Ispettori del CLN. (documento conservato presso Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea di Torino, archivio: mazzo C10/d). La Guarello collabora con la Resistenza ed ha un figlio che fa la staffetta partigiana. Tutti vengono cancellati dalla memoria collettiva, nonostante la loro innocenza e nonostante il loro (Guarello e figlio) rapporto certificato con la Resistenza. Un giorno, presumibilmente nell’Autunno 1944, un gruppo di partigiani porta alla Guarello un ribelle che lei ospita nella sua casa di Torino per qualche tempo. Successivamente, si viene a sapere che questo ospite “tradisce” la Resistenza. Ma nel tempo in cui è ospite – come ben specifica il documento del Corpo Ispettori del CLN – né i partigiani, né la stessa Guarello, possono saperlo. Nonostante ciò, Abruzzese, insieme ad un altro partigiano (il Petralia), decidono di ucciderla per “tradimento”. Si recano presso la sua abitazione, pranzano insieme a lei e, successivamente, si ritirano in disparte a discutere pochi minuti, al termine dei quali le comunicano la condanna a morte. Il fato vuole che ospite a pranzo quel giorno vi sia anche un conoscente della Guarello, il summenzionato Mario Montanaro. Ebbene anche questo, estraneo ai fatti, viene condannato a morte. I due vengono fatti uscire dalla casa e costretti ad incamminarsi lentamente all’aperto. Fatti alcuni passi vengono abbattuti a raffiche di mitra. Dopo il 1945, Mario Abruzzese ha rapporti ad alto livello con la dittatura militare venezuelana del Col. Marcos Pèrez Jimènez, (giunge a conoscerlo, dopo esser stato sul punto di farla finita, grazie a Magda, nipote del dittatore, con cui ha una “storia”; vedi Eravamo comunisti, pg. 117). Nel 1956, Abruzzese viene eletto Consigliere Comunale del PCI, la sua presenza viene considerata imbarazzante per la morale comunista dell’epoca ed in seguito quasi mai ricordato dal Partito Comunista Italiano, lascerà dopo solo un mese circa dalla sua elezione. Muore a Nettuno, il 4 febbraio 1972 in Via Gramsci n. 34, alle ore 17.00, “all’improvviso”. Non riceve le esequie, ma solo la “benedizione del tumulo” da parte di Mons. V. Cerri, presso la Collegiata dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista. F. Rossi indica in modo inesatto, la data della morte scrivendo 3.2.1972 e parla di “infarto”. Sempre F. Rossi parla dell’intervento ai solenni “funerali” – in realtà, come vediamo, solo una breve benedizione in Chiesa – di partigiani francesi, ma su “L’Unità” – di solito molto attenta ai funerali e all’attività dell’ANPI – non compare nessuna annotazione in proposito (uscite consultate dal 5 al 10 Febbraio 1972). Annotazioni che non compaiono nemmeno sull’“Avanti!” (uscite consultate dal 5 al 10 Febbraio 1972), cosa peraltro molto curiosa, se si pensa che, sempre secondo F. Rossi, partecipa anche il Ministro Antonio Giolitti (PSI) che, per l’occasione, pronuncia un solenne discorso di encomio. Infine, negli archivi del Comune di Nettuno non trovo nessun atto relativo alla partecipazione alla Resistenza di Mario Abruzzese, come scrive F. Rossi, citando un volantino in cui si parla di documenti comprovanti l’essere l’Abruzzese “un eroe partigiano e un importante Comandante della guerra di resistenza italiana”.
Tornando al titolo di manzoniana memoria, lascio quindi il giudizio sul Romanino a quel “Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola”, per me, sono contento che il Francesco Rossi, vedi pag. 124 del libro del prof. Conte, non voglia abbattere il monumento a Maria Goretti, su piazza San Francesco, di fronte all’ufficio postale, mi duole però che lo voglia spostare in altro luogo, per far posto a suo dire, alla statua di un novello Garibaldi, mi scuserete se io purtroppo per gli episodi citati, stento a vederlo in Mario Abruzzese e concludo nella speranza che finalmente una Amministrazione Comunale riesca a prestare attenzione verso personaggi da noi più volte proposti, come il V. Brigadiere Giuseppe Pitruzzello morto a Nettuno il 22 gennaio 1944, Giulia Tartaglia, la diciassettenne nettunese stuprata e assassinata da un soldato USA il 22 febbraio 1944, Norma Cossetto, la giovane istriana di ventitre anni che viene gettata nelle foibe dopo violenza e orribili sevizie dai partigiani di Tito, i Martiri delle Foibe, dei tanti eccidi ai danni di militari e civili, in larga prevalenza italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra, da parte dei partigiani jugoslavi e dell’OZNA o di Giorgio Almirante politico, giornalista italiano, storico segretario del Movimento Sociale Italiano, finora ignorati anche da una Amministrazione che per affinità e sensibilità dovrebbe aver se non già fatto, almeno risposto. Qui finisce il compito del ricercatore … rimane il materiale per le schermaglie politiche!
Alberto Sulpizi
(Resp. culturale
proloco Nettuno)
La Teca diventa maggiorenne
2020, un anno impegnativo per l’Associazione Culturale La Teca e per il suo Presidente. Intanto La Teca supera i 18 anni e diventa maggiorenne. Questo significa che oltre ad essere sempre attiva e propositiva nell’ambito culturale, inizierà ad occuparsi anche del sociale, organizzando incontri e convegni. Per chi sta leggendo sarà già passato il 9 gennaio, giorno in cui La Teca ha cercato di riunire altre associazioni culturali o similari, per invitarle a collaborare nella progettazione di eventi di spessore. Infatti negli ultimi tempi si sono formate diverse associazioni che invece di creare gruppi di forza, hanno parcellizzato l’impegno organizzando spesso fotocopie di avvenimenti quantomeno ripetitivi. L’intento è di unire, nel rispetto delle singole peculiarità, l’inventiva e la capacità progettuale con lo scopo di acquisire un’identità più coesa, pronta a partecipare anche ai bandi europei. Comunque dell’esito dell’incontro vi daremo notizie nel prossimo numero del Litorale. Domenica 26 gennaio 2020, alle ore 17,30 riparte poi la collaborazione col Teatro Uniko di Lavinio. Nel programma de L’ALTRO UNIKO, La Teca presenta Pirandello... Oggi, due scritti del nostro Premio Nobel: La Tragedia di un Personaggio e L’uomo dal Fiore in Bocca. La prima è una novella pubblicata per la prima volta sul Corriere della Sera, il 19 ottobre del 1911, che inizia col descrivere l’udienza che uno scrittore, in questo caso il nostro Pirandello, concede ai suoi personaggi, una volta a settimana. Il problema nasce quando gli si presenta un certo Dottor Fileno, che non è frutto della sua fantasia e che fa richieste alquanto strane... e qui lo scrittore riuscirà a cavarsela. Successivamente però i personaggi torneranno ad assediarlo, e dovrà accontentarli. Ne nascerà un capolavoro. L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA, pubblicato nel 1923, è un atto unico piuttosto breve, ma di intensa carica emotiva, derivato direttamente dalla novella LA MORTE ADDOSSO, in origine CAFFE’ NOTTURNO. L’ambiente in cui si svolge la scena è il caffè di una piccola stazione ferroviaria, in cui a tarda notte due uomini conversano. In realtà uno dei due personaggi parla in continuazione, mentre l’altro si limita ad ascoltare interloquendo raramente. Si connota dunque più come un monologo che un dialogo. L’adattamento, l’interpretazione e la regia sono di Salvatore Santucci, accompagnato alla chitarra dal Maestro Stefano Ciotola. Essendo il Teatro Uniko (Via del Sole 4) dotato di 75 posti, è consigliabile prenotare al 3476644361. Ingresso Euro 12. Successivo spettacolo della rassegna de L’ALTRO UNIKO, DOMENICA 23 FEBBRAIO 2020, ALLE 17,30, RELAZIONE PER UN’ACCADEMIA di/da Kafka. E sarà uno spettacolo UNIKO.