Dall’utopia rivoluzionaria alla ricerca di uno spazio per sopravvivere
Giggino cerca casa
«La sua idea di diplomazia è viaggi a vuoto in giro per i Paesi e degustare piatti esotici a ricevimenti di gala». Nonostante che in diplomazia si parli per sottintesi e sfumature, questa è l’opinione, decisamente sprezzante, che di lui ha il Ministro degli Esteri Russo Sergej Lavrov che, da diciotto anni, dirige la politica estera della Federazione Russa, dopo esserne stato delegato presso le Nazioni Unite per dieci anni e che rappresenta oggi un personaggio fondamentale della politica internazionale.
Se lo avesse detto a me avrei sfidato Lavrov a duello oppure mi sarei dimesso all’istante. Purtroppo l’Italia non ha trovato altro, fra le sue risorse migliori per rappresentarla nel mondo, che un ragazzotto che fu eletto in Parlamento dopo aver ottenuto 189 voti alle “Parlamentarie” del Movimento 5 Stelle, senza nessuna capacità professionale, che non aveva mai presentato un 730 in via sua e che è diventato famoso per le sue gaffes. Sentirlo fondare un nuovo partito, parlare di politica, di programmi futuri, di difesa dei cittadini, nella calda serata del 21 giugno, lascia di stucco anche i creduloni piu incalliti. Sentirgli dire che uno non vale piu uno autorizza subito chi lo ascolta a rivolgergli la domanda : “ma allora tu che ci stai a fare qui?”. Quel discorso, rigorosamente letto e che non ha dato seguito a nessuna interlocuzione, è stato l’epilogo scontato di un tragitto politico vissuto al livello dell’ipocrisia che con l’onestà intellettuale tanto acclamata ha veramente poco da spartire.
Chi non ha vissuto in diretta lo svolgimento dell’intervento del Presidente del Consiglio al Senato si sarà chiesto quale sia stata la divergenza dei vari componenti del Movimento 5 Stelle sulla politica per l’Ucraina che, ricordiamolo, era già stata sviluppata e votata dal Parlamento nel marzo scorso. L’ipocrisia di spacciare grossolane divergenze di bottega con tesi concernenti la politica estera e la guerra in Ucraina è l’ultimo atto di quella mediocrità politica che ha costituito la cifra di chi era ed è incapace moralmente di esprimere di più. Il voto in Senato, infatti, ha visto il Movimento 5 Stelle ed il drappello dei separatisti, che ha dato vita ad un nuovo partito politico, convergere in modo unanime in favore del Governo. Si ha quasi un timore giornalistico di affermare che alla base di ogni azione e di ogni decisione dei gruppi parlamentari grillini c’è sempre stata la necessità esistenziale di vivere fino in fondo lo stato di grazia che ha trasformato disoccupati, studenti ed impiegati in ministri, deputati e senatori della Repubblica. Nel discorso di Di Maio ai suoi amici di “insieme per il futuro”, oggi relegati da Conte al ruolo di “zavorra” del Movimento, non si parla di quale futuro e del futuro di chi ma molti vi hanno visto l’intento di pensare al proprio futuro, dopo che la spada del secondo mandato, la riduzione dei parlamentari e la debacle prevista a livello elettorale, ridurranno la rappresentanza parlamentare del Movimento a quattro gatti.
Non esiste rivoluzione senza un progetto utopico e il progetto di Gianroberto Casaleggio, che Bebbe Grillo ha solo pragmatizzato, era un progetto a tempo e sarebbe servito solo a cambiare la società e non a diventare strumento di realizzazione di capacità mediocri e di progetti traditi. Meritarsi oggi quei Vaffa che le folle di tutte le piazze d’Italia indirizzavano alla classe politica, per un osservatore accorto, era prevedibile già nel comizio immenso di San Giovanni, mentre Bebbe Grillo presentava la futura squadra di governo; in cui tanti banalissimi “uno” sarebbero diventati senatori, deputati, ministri e presidenti. In genere quando si cerca aggregazione intorno ad un progetto politico si parla del progetto e non del solito, scontato ed abusato interesse dei cittadini.
L’uomo che andò a Parigi a sfilare con gli estremisti dei gilet gialli, che ha salvato l’Ilva, fermato la TAV, bloccato la TAP, fermato l’immigrazione clandestina con gli accordi di Malta, eliminata la povertà con il reddito di cittadinanza, chiesto l’impeachment del Capo dello Stato e chi piu ne ha piu ne metta e che lascia la balia che lo ha allattato, ora afferma che, il fallimento di ogni cosa che abbia fatto ed il tradimento di ogni promessa, sono sintomi di evoluzione politica. Ce ne vuole di fantasia per credere a chi sta semplicemente cercando di riciclarsi in altre formazioni politiche per continuare a fare progetti che poi, evolvendo, avrà il diritto di tradire. Un discorso banale che conteneva l’ennesimo formale riconoscimento dell’ovvio e che aveva solo un senso logico se concepito nel contesto di un’utopia: “uno non vale l’altro”. Per fare il Presidente delle Ferrovie bisogna avere una profonda conoscenza in comunicazioni di terra, per fare il Presidente dell’INPS bisogna avere una forte conoscenza di sistemi di previdenza sociale e per fare il Ministro degli Esteri bisogna avere una profonda esperienza in politica in genere e di politica diplomatica ed internazionale in particolare, quella esperienza che i meetup di Pomigliano ed il piccolo commercio allo Stadio Maradona non sono in condizione di dare. Quindi coerenza imporrebbe che il Ministro degli Esteri si dimettesse e si mettesse a lavorare al suo nuovo partito conformista, manuale Cencelli alla mano, magari dopo aver meglio definito il pascolo piu adatto in un prato già affollato di pastori. Le ambizioni, mille volte maggiori alle capacità ed un Movimento anomalo e strampalato, hanno comunque portato Giggino a ritagliarsi una propria via trasformando un ragazzotto disoccupato, in un personaggio politico con un cumulo di incarichi unico nella storia della Repubblica. Ora ha il suo partito e una credibilità pari a zero, ora deve trovare qualcuno ancora disposto a credergli. Intanto, per non tradire una tradizione consolidata: ha commesso la prima gaffe dando al suo partitino, rilevato a circa il 2% dai sondaggi, il nome già registrato per un altro movimento politico.
Ora è alla ricerca di un modo di sopravvivere in un tempo che la caduta del governo, voluta dal Conte, rende estremamente ridotto: gli hanno suggerito che deve adottare l’“agenda Draghi” e, le malelingue dicono, che abbia dato incarico alla sua segretaria di andare in cartoleria per comprarne una.
Sergio Franchi