una proposta di Regolamento europeo, che dovrebbe essere approvata a breve ed entrare in vigore nel corso del prossimo mese di giugno. Le indicazioni per l’emissione di dette certificazioni saranno soggette a periodica revisione, sulla base delle evidenze scientifiche che si renderanno disponibili e delle indicazioni che verranno fornite in ambito UE.
Cosa è il Digital Green Certificate?
Per Digital Green Certificate (DGC) si intende un certificato, digitale o cartaceo, identificato come di:
• avvenuta vaccinazione contro il COVID-19
• avvenuta guarigione da COVID-19
• effettuazione di un test molecolare o antigenico per la ricerca di SARS-CoV-2 con risultato negativo,
che sia interoperabile a livello europeo, attraverso un codice a barre bidimensionale (QRcode), verificabile attraverso dei sistemi di validazione digitali, associato ad un codice identificativo univoco a livello nazionale. L’interoperabilità europea si avrà grazie alla definizione di dati e regole comuni, che devono essere utilizzate per l’emissione dei certificati nei 27 Paesi dell’Unione Europea e allo sviluppo di piattaforme e strumenti informatici nazionali ed europei deputati a garantire l’emissione, la validazione e l’accettazione dei certificati. Il DGC sarà gratuito e in italiano e inglese e, per la Provincia Autonoma di Bolzano, anche in tedesco.
Qual è la finalità del Digital Green Certificate?
La finalità è quella di facilitare la circolazione dei cittadini tra i diversi Paesi dell’Unione Europea, attraverso la definizione di criteri comuni tra i 27 Paesi e l’utilizzo di certificati interoperabili, che potrebbero evitare periodi di quarantena o ulteriori test. Un’altra finalità è la riduzione delle falsificazioni dei certificati. Il possesso di uno dei certificati non rappresenta un prerequisito per viaggiare, ma agevola gli spostamenti.
Quando entrerà in vigore il Digital Green Certificate (DGC)?
L’entrata in vigore è prevista per giugno 2021.
L’Italia aderirà al Digital Green Certificate (DGC)?
Sì, l’Italia aderirà e si sta realizzando, insieme alle Regioni, la piattaforma nazionale, che permetterà il rilascio centralizzato dei DGC che saranno interoperabili sia a livello nazionale sia a livello europeo attraverso l’apposito gateway europeo che assicurerà la verifica della loro validità al momento dell’ingresso in qualsiasi altro Stato dell’Unione Europea.
La certificazione verde Covid-19 e il Digital Green Certificate Europeo sono la stessa cosa?
No. I certificati verdi sono rilasciati in ambito regionale e sono validi solo sul territorio nazionale e fino all’entrata in vigore del Digital Green Certificate, che verrà invece emesso da una piattaforma nazionale, alimentata con i dati trasmessi dalle Regioni, e conterrà un codice a barre bidimensionale (QRcode) per verificarne digitalmente l’autenticità e validità. Sarà necessario per muoversi in Unione Europea oltre a valere sul territorio nazionale per gli spostamenti e le attività per i quali è richiesta certificazione.
La certificazione verde mi consente anche di recarmi negli altri Paesi europei?
La certificazione verde Covid-19 è valida solo sul territorio nazionale, in quanto al momento il sistema e le regole del Digital Green Certificate non sono entrati in vigore, pertanto per recarsi all’estero si è soggetti alle normative dei singoli Paesi.
Consultare i siti istituzionali degli altri Paesi prima di mettersi in viaggio.
Fonte:
Direzione generale della prevenzione sanitaria • Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica
Data ultima verifica:
20 maggio 2021
Che cosa sappiamo sulle varianti del SARS-CoV-2
Cosa significa che un virus muta?
Quando un virus si replica o crea copie di se stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati "mutazioni". Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una "variante" del virus originale.
Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus. L'OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l'OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.
Per saperne di più
• FAQ dell’OMS
• Valutazione del rischio ECDC
Cosa sappiamo delle varianti del virus SARS-CoV2 che preoccupano di più?
Queste le varianti che preoccupano di più gli esperti dell'OMS e dell'ECDC:
• Variante cosiddetta Inglese (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito. Questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza (trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica, tra il 18% e il 60%). La maggiore trasmissibilità di questa variante si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando, così, anche un aumento del numero di casi gravi.
• Variante cosiddetta Africana (Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351) identificata in Sud Africa. Dati preliminari indicano che, nonostante non sembri caratterizzata da una maggiore trasmissibilità, questa variante potrebbe indurre un parziale effetto di "immune escape" nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali. Siccome potenzialmente questo effetto potrebbe interessare anche l'efficacia degli anticorpi indotti dai vaccini tale variante viene monitorata con attenzione.
• Variante cosiddetta Brasiliana (Variante P.1) con origine in Brasile. Gli studi hanno dimostrato una potenziale potenziale maggiore trasmissibilità e un possibile rischio di reinfezione. Non sono disponibili evidenze sulla maggiore gravità della malattia.
• Variante cosiddetta Indiana (Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617) rilevata per la prima volta in India. Include una serie di mutazioni tra cui E484Q, L452R e P681R, la cui contemporanea presenza desta ragionevole preoccupazione per la potenziale maggiore trasmissibilità e il possibile rischio di reinfezione. Sono state riscontrate anche varianti appartenenti al ceppo indiano, quindi geneticamente correlate, ma sprovviste della mutazione E484Q.
Ad oggi non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi o rendano i vaccini attualmente impiegati meno efficaci. Sono in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l'impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati.
Per saperne di più
• Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione anti-COVID-19
Quanto sono diffuse le varianti nel nostro Paese?
La variante insorta nel Regno Unito (cosiddetta "variante inglese") è diventata ormai la più prevalente nel nostro Paese. In base ai dati della quarta indagine di prevalenza delle varianti condotta dall'Istituto Superiore di Sanità, con il supporto della Fondazione Bruno Kessler e in collaborazione con il Ministero della Salute, le Regioni e le Provincie autonome, in Italia al 20 aprile 2021:
• la prevalenza nazionale della “variante inglese” del virus Sars-CoV-2 (variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) stimata nell'indagine del 18 febbraio pari a 54% è ora pari a 91,6%, con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 77,8% e il 100%
• la “variante brasiliana” (variante P.1) ha mantenuto una prevalenza pari al 4,5% (precedentemente era pari a 4.3%), ma nell’indagine precedente era stata segnalata in Umbria, Toscana, Lazio ed Emilia-Romagna
• sono stati segnalati finora 4 casi di “variante indiana” (B.1.617+) e 11 di quella ‘nigeriana’ (B.1.525)
• le altre varianti monitorate sono sotto lo 0,5%.
I vaccini sono efficaci contro le varianti del nuovo coronavirus?
I primi dati confermano che tutti i vaccini attualmente disponibili in Italia sono efficaci contro la variante inglese del nuovo coronavirus (variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7). Sono in corso studi per confermare l’efficacia dei vaccini sulle altre varianti.
Quali misure di contrasto alla diffusione delle varianti ha messo in campo il nostro Paese?
L’emergenza di nuove varianti rafforza l’importanza, per chiunque, compresi coloro che hanno avuto l’infezione o che sono stati vaccinati, di aderire rigorosamente alle misure di controllo sanitarie e socio-comportamentali (l’uso delle mascherine, il distanziamento fisico e l’igiene delle mani).
Al fine di limitare la diffusione di nuove varianti, l'Italia ha disposto specifiche azioni di sanità pubblica:
• rafforzare la sorveglianza di laboratorio nei confronti delle nuove varianti SARS-CoV-2
• fornire indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi COVID-19 sospetti/confermati per infezione da variante
• limitare gli ingressi in Italia dei viaggiatori provenienti dai paesi più colpiti dalle varianti
• realizzare indagini rapide di prevalenza per stimare correttamente la diffusione delle varianti nel nostro Paese
• disporre misure di contenimento (aree rosse) nelle aree più colpite del Paese anche a livello comunale
Per approfondire
• Cerca nel sito TrovanormeSalute • Istituzione del Tavolo tecnico per la la sorveglianza viro-immunologica e nascita della Rete Italiana per la genotipizzazione e fenotipizzazione di SARS-CoV-2 e per il monitoraggio della risposta immunitaria alla vaccinazione.
Per conoscere le limitazioni ai viaggi
• pagina Covid-19 - Viaggiatori.
Cosa devo fare se sono entrato in contatto con un caso positivo a una variante del Sars-CoV-2?
I contatti dei casi COVID-19 sospetti/confermati per infezione da variante devono:
• eseguire un test molecolare il prima possibile dopo l’identificazione e al 14° giorno di quarantena, al fine consentire un ulteriore rintraccio di contatti, considerando la maggiore trasmissibilità delle varianti
• non interrompere la quarantena al decimo giorno
• nella settimana successiva al termine della quarantena, devono osservare rigorosamente le misure di distanziamento fisico, indossare la mascherina e in caso di comparsa di sintomi isolarsi e contattare immediatamente il medico curante.
Il Dipartimento di prevenzione deve effettuare la ricerca retrospettiva dei contatti di un caso confermato, vale a dire oltre le 48 ore e fino a 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del caso, o di esecuzione del tampone se il caso è asintomatico, al fine di identificare la possibile fonte di infezione ed estendere ulteriormente il contact tracing ai casi eventualmente individuati. Attualmente la malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi in tutte le varianti del virus.
Fonte:
Direzione Generale della Prevenzione sanitaria in collaborazione con Istituto Superiore di Sanità
Data ultima verifica:
7 maggio 2021
Donazione di sangue
Sono un donatore di sangue, come mi devo comportare?
Il sangue si può donare solo se si è in buone condizioni di salute, quindi anche un semplice raffreddore o mal di gola, senza alcun collegamento