Il Litorale • 13/2019
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Pag. 34 Il Litorale ANNO XIX - N° 13 - 1/31 LUGLIO 2019
S i m p o s i o
LIBERO INCONTRO ARTISTICO CULTURALE
ANZIO
E-mail: ilsimposio@alice.it • aa amici del simposio di Lavinio
Giuliana Bellorini
è l’organizzatrice
del salotto sede del Simposio
LA CALDA ESTATE
Ogni spiaggia è in movimento. Il bosco ha nuovi voci che si mischiano a quelle silvestri. Le manifestazioni
culturali finalmente all’aperto. Le attività cambiano toni e colori; i rapporti con gli amici sono più allegri. Li-
beri, liberi liberi. Idee nuove nasceranno? Certamente, l’ozio sotto un ombrellone sgombrerà la nostra mente
dai soliti pensieri per aprirci a quelli nuovi e una passeggiata tra gli alberi rivitalizzerà quelli che non aveva-
mo avuto tempo di approfondire. Ma… se l’eccessiva calura per alcuni è un disagio, sarà un sollievo ritrovar-
si alla fine dell’estate. Per ogni situazione c’è SEMPRE la possibilità di reinventarci: godendo, annoiandoci,
ma anche soffrendo. Comunque sia auguro una buona estate a tutti
Giuliana
Con i suoi quadri esposti a Forte Sangallo ci ha dato un as-
saggio di tutto questo. Marine colorate di vele gonfie al
vento. Pascoli tranquilli evocanti pace e serenità. Luoghi e
momenti di oggi e del passato ispirati ogni volta da cose,
oggetti, paesaggi e situazioni diverse, ma espresse da lui
con la semplicità che gli è propria e quell’attitudine alla
precisione, all’essenzialità del disegno, alla pulizia dei co-
lori e soprattutto quell’equilibrio della composizione che
da buon fotografo conosce tutti i segreti.
no con lo sguardo rivolto verso il cielo stellato. Adesso il fir-
mamento gli appariva diverso, non lo aveva mai visto così
splendente e mai come in quegli attimi si sentì appartenere
al mondo. Girò la testa sulla sabbia umida per guardare nuo-
vamente il mare: l’amico di sempre, con il quale era cresciu-
to e si era fatto grande. Lo sentiva vicino, accogliente, calo-
roso. Adesso le onde sembravano ridere e bisbigliare tra lo-
ro, così soltanto per gioco. Un sorriso illuminò il suo volto,
una gioia straripante lo invase come quando nasce il flusso
della marea. “Dèstati! Non lasciare che il tempo passi inva-
no.” gli sembrò di ascoltare una voce che gli sussurrava al-
l’orecchio. Stupito si guardò intorno ma non c’era nessuno.
Guardò nuovamente il mare ed avvertì il bisogno di cambia-
re. “Sì, ma da dove cominciare?” si chiese.
Tratto dalla raccolta Frammenti di luce
ROBERTO FACCENDA
UN RACCONTO
PER L’ESTATE
di Ivana d’Amore
ESSERE SE STESSI
di Michele d’Auria
Vorrei poter essere me stesso. Non mi piace come sono. E ti
sei mai domandato perché vuoi essere te stesso? Perché non
ti va bene cosi come sei? Non ti va bene perché vivi nella di-
pendenza. Dipendi da altri per soddisfare i tuoi bisogni, ti
sottometti ad altri perché non sai gestire te stesso, deleghi ad
altri la tua vita, facendoti portare come un cagnolino a spas-
so. Ma consolati pensando che essere se stessi è la cosa più
difficile che un essere umano possa fare nella sua vita, una
vita spesso vissuta a metà, senza scopo se non quello di so-
pravvivere. Ti svegli già depresso, stanco e passi la giornata
a parlare di lavoro, di politica, di gossip, di moda, di figli,
del tuo nuovo amante o a spettegolare, a giudicare. Vivi pen-
sando alla macchina nuova, all’abbonamento allo stadio o
compri l’ennesimo paio di scarpe nuove e compri, compri
altri accessori inutili per la tua casa, per riempirla sempre di
più sperando di poter colmare con gli oggetti quel vuoto che
è in fondo al tuo cuore. Tutto senza senso. Senza una ragio-
ne di vita. Oggi certe cose le sai e non puoi fermarti a metà
strada. Ma se già stai leggendo quanto sto scrivendo ci sono
buone probabilità che tu sia pronto adesso per fare un salto e
tornare ad essere te stesso. Tornare in una dimensione reale
del tuo io, dove sei tu a scegliere, dove senti il bisogno inte-
riore di seguire la tua strada andando dritto, senza bisogno di
guinzaglio, una strada fatta di ricchezza interiore, di abbon-
danza, di felicità e di equilibrio. Bello vero? Ma come fare
per tornare ad essere se stessi e vivere sereni? Come ti ho
detto ritornare ad essere se stessi è allo stesso tempo la cosa
più semplice ma anche la più difficile che ci sia al mondo.
Ci vuole coraggio perché è un costante lasciare andare,un
continuo tagliare rami secchi, un processo inarrestabile di li-
berazione da credenze e convinzioni. Il mio lavoro di Life
Coaching è questo. Darti gli strumenti per ritrovare la tua
ispirazione e rimetterti in gioco. Ma questa volta per vince-
re. E quindi mi rivolgo a Te che sei stanco di vivere una vita
non tua consapevole che se il mondo non vale niente è per-
ché il 90% della popolazione dorme ed il restante 10% im-
pone le sue regole e detta le sue leggi per appropriarsi della
vita e della mente dei suoi assonnati sudditi.
Ti regalo i miei sette consigli.
Applicali e vedrai che ti aiuteranno a riconoscere te stesso.
1- Sei già quello che vuoi.
Realizza dentro di te e diventa consapevole del fatto che tu
sei già quello che vuoi essere. Non ti serve altro. Devi assu-
mere un atteggiamento diverso e sentirti già diverso per po-
ter creare le condizioni che stai sognando. Se parti da quello
che hai e non da quello che vorresti avere e lavori ogni gior-
no per creare delle condizioni migliori, sarà molto più facile
per te ottenere quello che vuoi.
2 - Smettila di pensare al giudizio degli altri.
Non ti fare condizionare dal giudizio degli altri e segui solo i
tuoi desideri e non giudicarti per ogni cosa che fai. Lascia
andare. Falla e basta.
3 - Non frequentare persone negative.
Comincia ad esprimere quello che veramente pensi di chi ti
sta attorno. Fai una bella pulizia di tutte quelle persone che ti
creano disagio e che ti trascinano nelle loro negatività.
4 - Esprimi te stesso.
Vivi la tua passione. Non avere paura di esprimere le tue
giunse il bagno. Accese la luce restando abbagliato dall’im-
provviso chiarore, poi si guardò allo specchio. “Mi fai schi-
fo!” disse mentre si fissava. Abbassò lo sguardo, aprì il rubi-
netto ed infilò la testa nel lavandino sotto il getto dell’acqua.
Poi afferrò l’asciugamano, lo passò sul viso e nel guardare
ancora la sua immagine allo specchio decise di uscire di ca-
sa. Nel buio garage sottostante era parcheggiata la sua Alfa
147, salì in macchina, aprì con il telecomando il cancello au-
tomatico e lanciò un’occhiata in giardino; poi, non notando
niente d’insolito, accelerò verso le “Notti bianche”, un
nightclub alla moda frequentato per lo più da giovani single.
Il locale era composto da due livelli. Quello a livello strada
era utilizzato d’inverno; l’altro spazio, in spiaggia, era at-
trezzato d’estate su una larga piattaforma con grandi ombrel-
loni di paglia e tavolini apparecchiati che circondavano la
pista da ballo. La luce soffusa delle candele, le note melo-
diose di un blues, il mare a pochi metri di distanza creavano
un atmosfera carica di suggestioni. Ma, la luna alta nel cielo
che stendeva un luccichio sulla distesa del mare era ancora
più emozionante. Paolo si accomodò ad un tavolino intorno
alla pista da ballo ed ordinò da bere. “Un whisky doppio”
chiese alla cameriera. Poco dopo il locale cominciò a riem-
pirsi e una marea di gente invase la pista da ballo. Paolo ap-
pariva nervoso, accavallava le gambe, si guardava intorno,
senza trovare pace. Dopo il whisky ordinò un brandy e subi-
to dopo una birra allo zenzero. Tra un sorso e l’altro rimugi-
nava su quello che era accaduto il giorno prima in ufficio. Il
dottor Falcetti, dopo averlo convocato nel suo studio, con
poche parole lo aveva liquidato così: “Dottor Trani, purtrop-
po devo comunicarle che, dopo un’attenta valutazione delle
sue capacità intellettive ed emotive, ho ritenuto opportuno
licenziarla. Lei ha dato più volte prova di non saper gestire e
controllare le pressioni e di non alcuna sensibilità verso il la-
voro dei subordinati. Le competenze sono importanti nella
gestione dei lavori di gruppo della nostra Compagnia.”
Quelle parole gli rimbombarono nella testa come colpi d’ar-
ma da fuoco. Come svegliatosi da un brutto sogno, frastor-
nato si alzò di scatto dalla sedia e nel camminare passò sui
piedi di un tipo. “Ehi! Che modi!” disse lo sconosciuto. “To-
gliti davanti, miserabile!” esclamò Paolo spingendolo per un
braccio. Lo sconosciuto, senza dire una parola, gli si avvici-
nò sferzandogli un sinistro sulla guancia, talmente forte da
farlo barcollare. Paolo indietreggiò, si toccò la guancia dolo-
rante e decise di arretrare sotto lo sguardo soddisfatto dello
sconosciuto. S’incamminò verso la riva del mare a passo
svelto con la testa bassa. Man mano che si allontanava dal
locale, le voci e le canzoni, diventarono sempre più fievoli
fino a non sentirsi più. Si sedette sulla sabbia umida, con le
gambe strette al petto e lo sguardo perso nell’oscurità del
mare. I suoi pensieri continuarono a girare intorno al discor-
so del dottor Falcetti. Le parole dell’uomo tornavano e ritor-
navano, formando un nodo scorsoio di paura e di tremori.
Cercò di scacciare dalla mente quell’incontro, ma capitò di
peggio: ricordò Fulvia, la sua ultima ragazza. Gli tornò in
mente quando erano partiti per la Costiera Amalfitana, du-
rante il breve periodo del loro rapporto in cui tutto sembrava
possibile. Stupefacente anche come quel sogno era andato in
frantumi per colpa sua. Poi, dopo un po’, gli effetti dell’al-
cool gli resero le palpebre pesanti, tanto da doversi sdraiare
e, senza accorgersene cadde in un sonno profondo. Si sve-
gliò di colpo poco dopo con una strana sensazione d’inquie-
tudine. Si mise a sedere. Guardò l’orologio al polso. Erano
le tre del mattino. Strinse le ginocchia al petto. Un brivido di
freddo gli percorse la schiena. Si abbottonò la giacca alzan-
dosi il colletto, poi cercò in tasca il pacchetto di sigarette e
l’accendino. Fissò la spuma bianca delle onde che bagnava-
no la battigia ed arretravano verso il mare con un leggero
mormorio. Quella quiete allora gli si ingrandì intorno: gli
sembrava di ascoltare un respiro calmo che scendeva e risa-
liva con un ritmo uguale. All’improvviso venne una lenta
trasformazione, una sorta di incantesimo. I sentimenti nega-
tivi, le immagini irreali, tutti i suoi precedenti fallimenti fu-
rono spazzati via dal vento. Tutto si placò dentro di lui, non
provava più disprezzo per se stesso né la voglia di farla fini-
ta. I sentimenti positivi si diffusero più potentemente di
quelli negativi. Tutto stava accadendo senza che la sua vo-
lontà potesse intervenire, senza che lui potesse fermare quel
processo irreversibile. Si lasciò cadere all’indietro battendo
la schiena sulla sabbia dura, allungò le gambe e rimase supi-
Il significato di un uomo non va ricercato in ciò che egli
raggiunge, ma in ciò che vorrebbe raggiungere. (Khalil Gi-
bran)
Non aveva dormito un solo minuto, si girava e rigirava nel
letto senza riuscire a prendere sonno. “Accidenti. Adesso ba-
sta!” esclamò Paolo mettendosi a sedere in mezzo al letto.
Poi si alzò di scatto e senza un perché si avvicinò alla fine-
stra per fissare il salice piangente mosso dal vento. Improv-
visamente fu certo di aver visto qualcosa che non poteva es-
sere solo un’ombra. Con il fiato sospeso distolse lo sguardo,
poi guardò nuovamente nella stessa direzione, focalizzando
l’attenzione. Non potevano esserci dubbi, nel giardino c’era
un uomo appoggiato al muro di cinta che guardava immobi-
le verso la sua finestra. Si affrettò ad abbassare la veneziana,
inspirò ed espirò due volte, poi scrutò ancora fuori. L’uomo
era ancora lì. Decise di passare all’azione, sollevò il ricevi-
tore del telefono e mentre stava componendo il numero della
polizia, attraverso i rami del salice quell’ombra oscura cam-
biò forma. Forse non c’era mai stato quell’uomo in giardino,
forse la sua era stata soltanto un allucinazione dettata dalla
mancanza di sonno. Riattaccò il ricevitore e a piedi nudi rag-
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