Il Litorale • 13/2019
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ANNO XIX - N° 13 - 1/31 LUGLIO 2019 Il Litorale Pag. 35
S i m p o s i o
LIBERO INCONTRO ARTISTICO CULTURALE
opinioni e di manifestare le tue passioni e se hai un progetto
portalo a termine. Ma non farlo domani. Fallo adesso dando
forma ai tuoi pensieri creativi.
5 - Non combattere te stesso.
Non combattere il te stesso che è dentro di te ma piuttosto
assecondalo e lavora con lui per trasformarlo. Accogli quindi
il bello che la vita ti riserva e dai spazio alle trasformazioni.
6 - Coltiva la pazienza.
Non avere fretta di vedere i risultati. Per un risveglio di co-
scienza ci possono volere mesi di lavoro e di pazienza. Que-
sto è il motivo principale per cui siamo pieni di vittime di lo-
ro stessi. Perché pochissimi hanno la forza di continuare e di
arrivare al traguardo. Se avrai fiducia in te stesso, con co-
stanza e determinazione,vedrai i risultati ma solo quando sa-
rai pronto a vederli.
7 - Lavora su te stesso.
Tu hai tutte le carte in regola per migliorare la tua vita, ma
devi imparare a gestire la tua mente ed il tuo cuore. Pensa a
te come un artista che poco alla volta costruisce e scolpisce
il legno. Un pezzo alla volta viene scalpellato e buttato via
fino a che lo spirito, che regnava già nel pezzo di legno, non
viene alla luce. E da pezzo di legno diventa un’opera d’Arte.
Fai della tua vita un capolavoro!
ABBAS KIAROSTAMI, (Teheran1940 - Parigi 2016)
regista, sceneggiatore, montatore, poeta, fotografo, pittore e
scultore iraniano.
[…] Nel cinema di
Kiarostami lo scon-
tro è fra spontanei-
tà, forze della natu-
ra e coazioni, siano
esse tecnologiche o
imposte dai com-
portamenti sociali.
(U. Rossi)
Al margine del dì
e la notte incombe
il silenzio corona
la solitudine.
Vaga il pensiero insoddisfatto
alla ricerca di momenti
piacevoli.
Tutto è sordo.
Ci sei solo tu amica mia
ardente fra le mie meni
che mi dai conforto.
Tu che bruci
tra le mie mani
solo tu mi consoli.
Mi abbandono a te
porto le mie labbra a te
amica mia della notte
mi dai tutta te stessa
per soddisfare le mie
bramosie.
Mi perdo in te
e tu mi bruci
l’esser tuo.
Quando ti cerco
e non ti trovo
mi dispero.
Tu, tu che mi hai dato
tanta gioia.
Or sarai
più amica mia.
La vita ci separa.
Ti vedo vestita fra le
tue sorelle
nuda fra le mie mani.
Sei solo un dolce
e doloroso ricordo.
IERI, OGGI, DOMANI
di Alessandro Evangelisti
ALESSANDRO ANSINI
con Renzo Ridolfi
Questa volta, non un cortometraggio ma un film importante
del 1987, «Dov’è la casa del mio amico» di Abbas Kiaro-
stami, regista iraniano. Una visione che ha provocato imme-
diate reazioni emotive. La riflessione è avvenuta solo più
tardi quando obiettivamente si è analizzata l’intera vicenda
nel suo svolgimento.
È un’opera completa. Una storia racchiusa in un geometri-
ca cornice spazio-temporale. Infatti, tutto avviene in 24 ore:
dall’inizio delle lezioni in una scuola di bambini (solo ma-
schietti) e finisce la mattina dopo, sempre nella stessa aula.
Le lezioni iniziano con le raccomandazioni del maestro su il
comportamento da tenere per essere ben educati: non parlare
se non interrogati, essere puntuali e stare seduti composti;
fare i compiti sul quaderno e non su un foglio separato: que-
sto perché si possa confrontare nel tempo il ‘cambiamento’,
l’evoluzione o meno dell’alunno. Chi non segue le regole
viene rimproverato al di là di ogni giustificazione cui il mae-
stro non è tenuto a conoscere. Il ritorna a casa dopo la scuola
prevede lo svolgimento dei compiti e delle mansioni per da-
re un aiuto alla mamma impegnata a sua volta nei ‘doveri’
domestici: cura del piccolo ancora in fasce, bucato a mano
nella tinozza riempita dalla pompa in cortile. Una casa pove-
ra, senza suppellettili, ma che si deve passare da una stanza
all’altra togliendosi le scarpe. Per Ahmad è difficile, quasi
impossibile riuscire a conciliare i diversi doveri.
Il colpo di scena che tiene unito tutto il racconto è quando
Ahmad scopre di aver erroneamente portato con sé il qua-
derno del compagno di banco severamente redarguito pro-
prio la mattina per aver fatto il compito su un foglio. Egli ha
visto piangere umiliato il suo compagno e vuole andare su-
bito a restituirlo, ma c’è il divieto della mamma… Ahmad
decide ‘secondo coscienza’ e uscendo per la richiesta di una
commissione, di nascosto va in cerca del suo compagno.
Inizia un percorso senza fine. «Dov’è la casa del mio ami-
co» … egli non lo sa. È quasi sera, l’amico abita molto lon-
tano. La strada è in salita a zig-zag, in parte esposta su una
collina brulla, in parte in un bosco, attraversa contrade di an-
ziani silenziosi o curiosi che ‘fanno la predica’, ma che non
possono aiutalo a giungere alla meta. Solo qualche indizio lo
spingono a inerpicarsi ancora in viottoli tra povere case, poi
a ritornare indietro e nuovamente a riprendere la strada ap-
pena fatta, ma… inutilmente, l’amico non si trova.
Metafora di un viaggio iniziatico. Ahmad scopre la multi-
forme realtà dell’uomo e della vita fatta di arroganza, indif-
ferenza, di uomini indaffarati e prepotenti. Vede le fatiche
cui è sottoposto un altro compagno di scuola, della stanchez-
za che lo rendono incapace di stare attento alle lezioni.
Quando è ormai buio deve tornare in fretta a casa, ma la
compassione di un vecchio che si offre di riaccompagnarlo
diventa anche la sua compassione per lui così vecchio, ansi-
mante, e nell’inquietudine di ritardare sempre più, Ahmad lo
aspetta ad ogni sua sosta perché possa riprendere fiato. Poi,
a casa … non sappiamo cosa è successo.
Il cerchio si chiude. Siamo nuovamente a scuola e scopria-
mo che il quaderno può essere solo ora finalmente riconse-
gnato all’amico. Il maestro controlla i compiti. Una suspen-
se per l’erroneo scambio subito ristabilito. Tutto finisce con
l’assenso positivo e una nota poetica delicata per quel fiore
donato lungo il cammino dal vecchio saggio che Ahmad per
conservarlo ha inserito tra le pagine del quaderno che voleva
restituire.
Spazio e tempo in questo umanissimo racconto è quello di
un paesaggio arcaico, lontano dalla modernità. Quello del-
l’uomo con le sue abitudini radicate, sempre uguali ove in
pochi pensano al futuro. Un tempo arcaico, lento quasi so-
speso che il regista traduce benissimo. Per noi spettatori mo-
derni quella lentezza ci potrebbe sembrare eccessiva perché
non ci appartiene più. Ma il tempo è della storia e tutti ne
siamo coinvolti. Quel tempo era anche il nostro, di chi ha
vissuto prima di noi, ma oggi fatichiamo crederlo: non ci so-
no più testimoni.
l film è stato presentato il 26 maggio scorso
SCIENZA E TECNOLOGIA - Erano gli anni del 1960
quando a bordo degli autobus pubblici di Roma apparvero le
prime macchine a gettone per il rilascio del biglietto della
corsa. All’inizio, per abituare gli utenti alla novità, il bigliet-
taio (con il berretto a visiera dell’Azienda e la divisa scura)
continuava a sedere sul suo trespolo accanto alla porta di sa-
lita, appoggiato al piccolissimo bancone che, con le sue ‘va-
schette’, era servito sino ad allora da piccola Cassa. Assistet-
ti un giorno a questa scena: un signore di una certa età, salito
sul mezzo, presa dalla tasca una moneta, si rivolse al bigliet-
taio chiedendo un biglietto. Questi, alzando il capo lenta-
mente (forse era l’ennesima, uguale risposta che stava per
dare in quel giorno), gli indicò con il mento: “Là! Il biglietto
lo fa la macchina!” Il signore girò il capo con la sua moneta
ancora alzata sulle dita, vide la cassetta di metallo poco die-
tro a lui, si girò di nuovo verso il bigliettaio esclamando, in
puro accento romanesco (ne diamo la traduzione, per como-
dità): “Oh, questa è bella! Hanno inventato il bigliettaio di
ferro!” Cambiamo tempo e scenario. È notizia recente che
un seme di cotone è germogliato sulla Luna, in una piccola
biosfera portata dalla Terra con una sonda automatica: è la
prima forma della nostra vita a nascere su un altro corpo ce-
leste. Altre sonde stanno viaggiando in un Universo senza
confini, a miliardi di chilometri dal nostro pianeta con il
quale sono ancora in contatto. Anche queste sono macchine,
come lo era quella del “bijettaro de fero”(sic). Tra i due
esempi, la differenza è grande nella tecnologia: meccanica
quella, elettronica queste. Gran parte della macchine sono
ormai computerizzate, gestite cioè da un elaboratore elettro-
nico. Ma la scienza non si ferma e guarda sempre al futuro.
Negli anni del 1950, all’alba dell’Informatica, si indicava
l’elaboratore con il nome di “cervello elettronico”. Ebbene,
quella apparentemente banale definizione acquista un reale
significato ai giorni nostri, in cui la ricerca scientifica, quasi
a voler clonare la stessa mente umana, si sta volgendo alla
progettazione di sistemi (hardware e di programmi software)
capaci di ottenere dall’elaboratore prestazioni simili a quelle
di pertinenza della intelligenza umana. L’obiettivo è la rea-
lizzazione di una Intelligenza Artificiale (IA) autocosciente,
capace di auto-modificarsi. Con tutti i problemi non solo
teorici e pratici, ma anche etici, che ciò comporta.
PESSIMISMO E NON - Il fisico-matematico britannico
S.W.Hawking (1942-2018) ha visto nella creazione di mac-
chine compiutamente intelligenti una minaccia alla nostra
stessa esistenza. Dichiarò infatti alla TV inglese BBC: “Lo
sviluppo di una intelligenza completamente artificiale po-
trebbe significare la fine del genere umano.” Hawking, pur
riconoscendone l’utilità, temeva che tali macchine “pseudo-
pensanti” potessero poi divenire un qualcosa destinato a
scontrarsi con gli esseri umani, e a superarli, escludendoli.
Le sue preoccupazioni sono state condivise anche da altri, ad
es., il matematico-scrittore V.S.Vinge (1944-), con il suo
principio di “singolarità tecnologica” secondo il quale il pro-
cesso tecnologico accelera oltre la capacità di comprendere e
di prevedere degli esseri umani (cioè, un’esplosione di intel-
ligenza che lascerebbe indietro l’intelligenza umana). Altri
ancora, invece, sono meno pessimisti, in quanto credono che
il genere umano abbia necessità di tale tecnologia per conti-
nuare a risolvere molti dei problemi del mondo. Debbono ri-
conoscere, tuttavia, di non poter prevedere cosa potrebbe ac-
cadere se una macchina divenisse superiore alla nostra stessa
intelligenza: all’infinito aiutati da essa o ignorati e messi da
parte?
IL DUBBIO - E quando tale intelligenza superumana – di-
cono entro alcune dècadi: verso il 2045? - sarà capace di
modificare il proprio ‘DNA’, di aggiornarlo e di farlo evol-
L’ULTIMA SIGARETTA
Solo per poco ti è mancata. Un saluto a tutti noi nella tua ul-
tima solitudine dietro un sorriso ampio e generoso. Tu sem-
pre arguto inventavi lì per lì odi per tutti, ma non le scrivevi
… Qualche volta se cercavi di ripetere a memoria non arri-
vavi fino in fondo. Alle prime battute, ai primi versi balbet-
tavi di un pianto soffocato che ti bloccava e il nostro affet-
tuoso applauso ti confortava, ma uscivi sul terrazzo con lei
per consolarti.
Nettuno Forte Sangallo
Dal 2 al 7 luglio 2019
ore 18.00 – 24.00
Ingresso libero
vere, potrebbe, in effetti, sfuggire al nostro controllo. Po-
tremmo essere giunti allora ad un punto di non-ritorno.
Da un racconto di fantascienza
Dopo aver costruito un potentissimo supercalcolatore, lo
scienziato lo accende e gli rivolge il maggiore interrogativo
dell’Umanità: “Esiste Dio?”
Una gelida voce metallica gli risponde: “Sì, adesso esiste.”
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