Costantinopoli Michele Cerulario, la controversia dottrinale non fu affatto risolta per cui i due Capi Religiosi si scomunicarono a vicenda.
Chiesa Ortodossa contro Chiesa Cattolica
Da allora la Chiesa Bizantina assunse il nome di “ortodossa” intendendo significare in tal modo la propria fedeltà alle definizioni dottrinali della Chiesa Antica, mentre la Chiesa di Roma si definì Cattolica, cioè Universale.
Privilegi e Servitù
A differenza di quella Romana la Chiesa d’Oriente, oltre a scindersi in varie Chiese Nazionali finì per subire l’egemonia del Potere Politico subendone tutte le relative conseguenze. Invece la Chiesa d’Occidente, oltre a esercitare il Potere temporale su un vasto territorio al centro dell’Italia fino al 1870 (Lo stato Pontificio) poté avere un continuo rapporto dialettico sia con l’Imperatore che con vari Regnanti Cattolici. Anzi esercitò una vera e propria egemonia politica decidendo addirittura sulla assegnazione dei vari Regni e Ducati situati nei territori dell’Italia Meridionale grazie ad una progressiva assenza di esercizio del potere da parte dell’Impero Bizantino al quale quei territori nominalmente appartenevano.
UNA VECCHIA S.I.M ANNI ’40
di Alessandro Evangelisti
Mi chiedo quale potrebbe essere stata l’ultima parola, l’ultima lettera, l’ultimo tac… prima che il suo coperchio fosse richiuso per sempre, per scomparire tra le piste del deserto, o su strisce d’asfalto, su carri, auto, treni, aerei. Cerco di immaginare i volti che seguivano dita non molto veloci, vista la difficoltà dei grandi tasti a scatto che spesso potevano accavallarsi prima di imprimersi nel nastro inchiostrato. Chissà quanti passaggi, quali infinite contrattazioni, magari per un acquisto sofferto e desiderato. Immagino quanta attenzione prima di ogni affondo sul singolo tasto, quanto rimuginare di parole, di scelte di aggettivi, quanti pensieri, analisi, meditazioni, quanto… la sento intrisa di incontri e di avventure, di racconti e di aneddoti che vorrei poter rinvenire annusando questo vecchio oggetto, per farli miei e raccontarli una volta ancora. Fatico a rimuoverne la polvere, quasi fosse anch’essa parte dei ricordi. Sembra arrivi dal deserto d’Africa, portata da una storia lontana, che sa di passato e di sguardi curiosi. Un grande peso, necessario, da portarsi appresso per imprimere la memoria. Più necessaria di qualche vestito pulito, di orpelli e inutilità che riempiono le nostre valigie di comodi viaggiatori. Me la immagino pronta per essere trasportata, per divenire parte stessa del viaggio, compagna e testimone preziosa. È la notte di Natale, una decina di minuti alla mezzanotte. L’abitudine mi vuole ancora sveglia, insonne, a caccia di buoni pensieri. Le tristezze arrivano inevitabili, come le Festività, come il desiderio puntuale di viverle in modo diverso dai giorni consueti. Inevitabili e costanti, come la voglia di partire per un lungo viaggio. Un ultimo sguardo ai messaggi ricevuti, una sonnolenta e scarsa concentrazione per inviare gli ultimi auguri, quando appare uno di quei buoni propositi che sono lì, nel momento giusto, per fare qualcosa di giusto. Una piccola asta di raccolta fondi, organizzata da Bambini nel Deserto onlus, scadrà tra pochissimi minuti. Alcuni oggetti messi generosamente a disposizione per raccogliere qualche denaro. Provo ad inviare anche io un’offerta… “sarebbe emozionante condividere un pezzo di strada insieme a questa macchina da scrivere”, ho pensato… poi, chissà, potrebbe riprendere nuove vie. “E bello poter fare un ultimo piccolo dono proprio pochi minuti prima che il Natale arrivi…” Guardo e riguardo la vecchia macchina da scrivere, ha colpito i miei pensieri. Mi sembra già entrata nella mia vita, anche se solo per pochi attimi… questo è il destino degli oggetti… arrivano e se ne ripartono, come un passaggio ciclico, che sicuramente darà ancora molte strade anche a questa vecchia macchina da scrivere. Dopo la mezzanotte sono ancora lì, a cercare un sonno che non giunge ad abbracciarmi… un lampeggìo mi avvisa dell’arrivo di una mail. La mia offerta si è aggiudicata questa piccola asta benefica, presto riceverò la macchina da scrivere S.I.M., forse costruita negli anni ’40. Spengo la luce, trovo un pensiero felice. Profumo di sabbia, sibilo di vento, il gorgoglìo del tè versato nei piccoli bicchieri di vetro. Dall’alto, con precisione, senza errori. Ritrovo il silenzio del deserto. Quell’assoluto pregno di suoni immobili ma vivi. Ritrovo le stelle, così tante e inebrianti. Non serve guardare molto in alto per vederle, la volta celeste avvolge e unisce il cielo con la Terra, facendone quasi percepire la rotondità. Racconti sottovoce, bisbigli, risa sommesse. Il tempo che regala tempo, per assaporare la notte e ritrovare la quiete. L’infinito intorno. Lontano dalla frenesia, dalle incertezze, dalle paure. Lontano da immagini e contrasti di un’Africa di contraddizioni e di fatiche, di incontri indimenticabili da comprendere nella profondità di uno sguardo, di generosità e accoglienza. Finalmente mi addormento. In questa notte di Natale penso alla magia che ogni istante può regalarci, alla bellezza che incontriamo nelle infinite diversità, alla meraviglia del Mondo, che presto vorrei tornare a raccontare…
SRINIVASA
RAMANUJAN
UN GIOVANE GENIO
di Sergio Bedeschi
Il 26 aprile del 1920 muore Ramanujan. Per chi ama la Matematica è una data da celebrare. E anche per chi non la ama se soltanto sapesse il grande contributo che questo giovane e misterioso genio ha dato al mondo della Scienza in generale. Giovane perché se ne va a soli 33 anni, misterioso poiché molte delle sue straordinarie scoperte ci lasciano ancora interdetti sia per il modo in cui sono state raggiunte sia per il livello di speculazione al quale appartengono.
Ha studiato al suo paese, nel Sud dell’India, senza mezzi e con pochissimi libri: soltanto nel 1913, dopo non poche missive spedite al Trinity College di Cambridge con alcuni suoi lavori, qualcuno si accorge di lui e lo fa venire in Inghilterra, dove non tarderà a rivelarsi in tutta la sua originale e straordinaria capacità.
Quello che lui ha dato nel campo della Matematica Pura è cosa di cui ancora oggi non riusciamo a capacitarci del tutto. Non male il recente film sulla sua vita: “L’uomo che vide l’infinito”. Da non perdere, come si dice. A questo punto viene la tentazione di parlarvi di qualcuna delle due imprese.
LA FUNZIONE DI PARTIZIONE
Mi riferisco, per esempio, alla Funzione di Partizione che, raccontata così potrebbe sembrare un giochino per bimbi o un virtuosismo aritmetico: si tratta di calcolare (ed è ancora solo un esempio, tra i più semplici possibili) in quanti modi si può scrivere il numero 4 come somma di numeri interi. Eccoli: si può scrivere 4 oppure 3 + 1 oppure 2 + 2 oppure 2 +1 + 1 oppure 1 + 1 +1 + 1. Insomma in 5 modi diversi come si vede e come potrebbe fare anche il vostro nipotino di terza elementare. Provatevi ora a fare questo per i primi mille numeri interi e vedrete che non vi basterà la lunga vita che vi auguro. Ebbene, nell’incredulità dei membri del Trinity College, il giovane indiano partorì la formula universale valida per qualunque numero:
Partizione (n) = 1/4n x root (3) πeπ root (2n/3)
nella quale la parolina inglese “root” sta per radice quadrata, mentre “n” sta per il numero che avete scelto, qualunque esso sia. Non sto qui a dirvi che questo “giochetto” è entrato come tanti altri nella Teoria dei Numeri e che oggi fornisce alimento e pensiero per il mondo del Calcolo, per la Fisica Quantistica e per i sistemi di sicurezza della vostra Carta di Credito. Al Trinity ne rimasero incantati e non pochi studiosi espressero, fin da subito, seri dubbi sulla provenienza e sulla paternità di tale prodigio.
FORMULE PRODIGIOSE E BELLE
Come tante altre, quella formula fu definita anche bella, anzi bellissima, ma questo è un altro lato del discorso relativo all’Estetica nella Matematica e nel Pensiero astratto del quale, magari, parleremo un'altra volta. Vero è che, il più delle volte, di quelle stravaganti e inarrivabili formule, mancava la dimostrazione. Ramanujan sosteneva che le formule gli arrivavano, così com’erano, letteralmente pitturate sulla lingua della dea Namagiri, divinità protettrice della sua famiglia, la quale era solita apparirgli. Mettetela giù come volete. Quel che è vero è che, per molte delle sue miracolistiche trovate, gli stessi studiosi del Trinity (i professori Hardy e Littlewood in testa) individuarono nei tempi successivi alcune delle pretese dimostrazioni. Di come siano andate realmente le cose nessuno sa e nessuno saprà mai. Qualcuno, di fronte a tali scoperte alcune delle quali inseguite da secoli dai più grandi matematici, ebbe maliziosamente a sostenere che, in realtà, quelle dimostrazioni lui doveva pur averle fatte, ma che poi le taceva per rispetto alla sua divinità. Altre aeree alle quali si dedicò furono le Frazioni Continue e le Serie Infinite. Ovvio che mi piacerebbe tanto parlarvene. In fondo ho dedicato molte ore (anni?) di studio per comprenderle (in parte) e per restarne ammaliato.
COSA MAI COMBINANO GLI DEI?
Quel che so è che gli Dei dovrebbero proteggere anime di tal fatta. Invece le cose non vanno così: a Cambridge si ammalò. Così tornò al suo paese nel Tamil Nadu, stato meridionale dell’India. Ritrovò la giovanissima moglie che aveva lasciato per varcare i mari del mondo, ma poco dopo morì. La sua faccia pacioccona, il suo triste sorriso e i suoi occhi intelligenti sono diventati per me un’icòna che mi accompagnerà per sempre nelle mie ore matematiche. “Muore giovane chi è caro agli Dei”, lo disse qualcuno tanto tempo fa. Frase solenne che però non mi ha mai consolato.