Per comattere la produzione della sua stessa plastica
PET primo robot palombaro
Il 21 gennaio 2020 l’istituto “Giacomo Matteotti” di Aprilia, il ricercatore prof. Guadagnuolo ha lanciato il primo robot palombaro di nome PET per combattere la produzione della sua stessa plastica. Guadagnuolo l’ha chiamato PET perché è il simbolo della plastica maggiormente utilizzata nel confezionamento dell’acqua minerale e delle bibite ed è il materiale ad altissima intensità d’inquinamento dei nostri mari.
PET è stato realizzato da un suo allievo Davide Bracci, ed è stato progettato per preservare il mare dall’inquinamento da plastica.
PET ha una missione che si affianca con l’altro robot CO2 già presentato. PET lavora nel mare mentre CO2 lavora sulla Terra contro i gas serra, entrambi sono per la preservazione del nostro pianeta Terra, dove noi tutti viviamo, perché è la nostra unica casa.
La sua missione
PET è stato pensato per individuare i rifiuti di plastica sui fondali marini specie le micro-plastiche che sono difficili da individuare. PET è nato appunto per contrastare le plastiche che giungono da più parti, dal declassamento degli oggetti di plastica sottoposti al processo dei principi atmosferici o generati dalle industrie. PET è il palombaro che riesce ad andare in grandi profondità, quando individua la micro-plastica dà degli input elettronici a dei computer collegati con lui su navi da ricerca che vengono registrate dagli scienziati e codificati per l’esatta individuazione, per poi essere raccolta da navi attrezzate per il recupero di questo materiale che inquina i nostri mari.
Robotica Educativa in classe
L’introduzione della Robotica Educativa in classe è un’evoluzione che va creata e calcolata in tutte le sue prospettive, per rivelarsi invitante e interessante ai ragazzi, per divenire così latore di acquisizioni trasversali e disciplinari, l’invenzione di PET e CO2 sono tutto questo.
La scultura del professor Francesco Guadagnuolo in merito al virus cinese
L’arte e il coronavirus
È iniziata l’epidemia dalla città di Wuhan, e attualmente rischia di divenire un’emergenza mondiale. Coronavirus, il Virus di struttura sferoidale, svela una compagine morfologica nCoV. La denominazione “Coronavirus” scaturisce dalle caratteristiche a punta che accerchiano l’integrale particella virale.
Il Coronavirus, che si manifesta come contagio dalle vie respiratorie e di cui tuttora non si possiede terapia, sta accendendo particolari apprensioni.
Può fare qualcosa l’arte per la scienza? Ci prova l’artista Francesco Guadagnuolo.
L’artista, già in passato, si è sentito interessato alla scienza e alla tecnologia realizzando mostre come “I Luoghi del Corpo viaggio nelle patologie della creatività”. Proprio per questa tipologia di mostre di nuove opere, sin dal 1995 il critico e storico dell’arte Antonio Gasbarrini ha scelto la definizione di Transrealismo. Tali opere sono interpretate come simbolo di ciò che non è visibile dall’esterno ma dall’interno del corpo.
L’arte si sa, sin dai tempi di Leonardo Da Vinci si è interessata di scienze, Guadagnuolo, lavorando con scienziati, in questa sua indagine culturale neo-umanista, produce un’arte contemporanea che coopera e dispone il sistema con cui discerniamo il creato.
L’opera “Il Coronavirus” di Guadagnuolo è una scultura, un cranio coronato di particolari forme a punta che circondano le particelle virali. Così anche, i virus, i batteri possono diventare forme d’arte.
Guadagnuolo vuole dirci in maniera accorata: “Uniamoci in una sfida per scoprire al più presto un vaccino per combattere il Coronavirus”.