La minorenne potrà tornare a vivere con i nonni paterni
La storia di Giada
La storia di Giada (nome di fantasia) commuove il Parlamento e a breve la minorenne potrà tornare a vivere con i nonni. Il caso di Giada era finito all’attenzione del Parlamento attraverso l’interrogazione parlamentare del deputato del gruppo misto Lorenzo Cesa, che chiedeva al Ministro della Giustizia di conoscere le iniziative poste in essere dal Governo per rendere possibile a Giada il ricongiungimento con i nonni paterni, tenendo conto della volontà della minore, valorizzando l’adozione intra-familiare come l’ambito più naturale ed adeguato a garantire al minore stabilità negli affetti e nel contesto socio-scolastico.
A Giada, come specificato all’interno dell’interrogazione parlamentare, veniva impedito da anni di vedere i nonni con la frequenza che desiderava e soprattutto non le veniva consentito di vivere con loro, dopo che le violenze ripetute da parte del padre a partire dal 30 novembre 2020 avevano reso necessario l’allontanamento suo e di sua madre. Per un periodo le due hanno vissuto insieme presso una casa famiglia, poi il 3 giugno 2021 la direzione della struttura le ha allontanate, dopo che alla donna è stato diagnosticato un grave disturbo borderline.
Nonostante il desiderio ripetutamente espresso da Giada di tornare a vivere dai nonni, la curatrice speciale nominata dal 26 aprile 2023 aveva attivato un processo di adozione etero-familiare, che avrebbe sottratto definitivamente la bambina alla tutela dei nonni. La risposta del Ministero della giustizia Carlo Nordio non si è fatta attendere: presto Giada potrà riabbracciare i nonni.
“La competente articolazione ministeriale - si legge nella risposta del Ministro - è stata prontamente incaricata di compiere tutti gli opportuni accertamenti sulla vicenda portata all’attenzione dall’interrogante. È stata, quindi, acquisita una dettagliata relazione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Roma, delle cui risultanze si dà conto nei limiti di quanto ostensibile, in ragione della delicatezza del caso e del rilievo degli interessi coinvolti. Ebbene, nei limiti di quanto ostensibile per la delicatezza del caso, dalla relazione risulta che dei fatti menzionati nell’atto di sindacato ispettivo l’autorità giudiziaria è stata compiutamente investita. Nell’ambito del procedimento in discussione è stata svolta un’accurata istruttoria all’esito della quale sono stati assunti provvedimenti che hanno tenuto nella debita considerazione la volontà espressa dalla minore in sede di ascolto, tanto che la stessa risulta ora avviata a un percorso di collocamento presso l’abitazione dei nonni, con le doverose cautele disposte dall’autorità giudiziaria, a tutela delle sue condizione fisio-psichiche.
Quanto all’auspicato intervento normativo, si rappresenta che la disciplina vigente, nei diversi ambiti richiamati dall’interrogante, già tutela adeguatamente il diritto del minore a essere ascoltato e a crescere nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psico-fisico, individuando la dichiarazione di adottabilità – preludio all’adozione extra-familiare del minore – come soluzione del tutto estrema.
Invero, l’articolo 1 della legge n. 183 del 1984, come novellata dalla legge n. 149/2001, sancisce la preminenza del diritto del minore a vivere e crescere nella sua famiglia di origine, quale corollario del principio fondamentale del superiore interesse del minore.
Tale diritto viene garantito, oltre che mediante la predisposizione di interventi diretti a rimuovere, ove possibile, situazioni di difficoltà e di disagio familiare, attraverso il diritto all’ascolto, uniformemente ai principi sanciti, sul piano internazionale, dall’articolo 12 della convenzione di New York del 1989 e dagli articoli 3 e 6 della convenzione di Strasburgo del 1965 e, in ambito europeo, dalle prescrizioni dell’articolo 24, comma 1°, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2006 e dal regolamento CE n. 2201/2003.
In conclusione, la normativa vigente preclude pronunce di adottabilità extrafamiliare in assenza di una preventiva e compiuta verifica, da attuarsi anche mediante l’ascolto del minore, della possibilità di recupero della funzione genitoriale”.
Francesca Cavallin
SANITA’ - La Regione Lazio ha stanziato 17 milioni di euro
Abbattere le liste di attesa
La Giunta regionale ha stanziato 17 milioni di euro per garantire alle Aziende sanitarie di erogare 400mila prestazioni “fuori soglia”. Si tratta degli esami e delle visite che a oggi superano i tempi di garanzia previsti per le liste di attesa dalla normativa vigente.
Lo prevede la delibera approvata oggi pomeriggio dalla Giunta regionale, su proposta del presidente Francesco Rocca, che consentirà di riportare nei termini previsti dalla normativa tutte le prestazioni urgenti (da effettuare entro 72 ore), brevi (da garantire entro 10 giorni), differite (da erogare entro 30 giorni per le visite ed entro 60 giorni per gli accertamenti specialistici) e programmabili (da assicurare entro 120 giorni).
“Sono particolarmente orgoglioso del lavoro che stiamo portando avanti sulla riduzione delle liste d’attesa. Si tratta di un tema di giustizia e di qualità della vita dei pazienti: lo stanziamento di 17 milioni di euro alle Aziende Sanitarie per garantire 400mila prestazioni “fuori soglia” è un ulteriore passo avanti verso una gestione pienamente virtuosa ed efficiente delle prenotazioni sanitarie nel Lazio - il nostro obiettivo finale - secondo le linee-guida del Ministero della Salute. Tutto questo è stato possibile grazie a un lavoro di pianificazione strategica senza precedenti, territorio per territorio” ha dichiarato Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio.
“Questo risultato, per il quale ci siamo impegnati fin dal primo giorno, non l’avremmo conseguito senza il lavoro appassionato e generoso del direttore della Direzione Salute e Integrazione sociosanitaria, Andrea Urbani, dei dirigenti regionali e di tanti collaboratori. A loro va la mia gratitudine: insieme stiamo cambiando il volto del nostro Servizio sanitario regionale, restituendo dignità ed orgoglio tanto agli operatori quanto ai cittadini laziali” ha sottolineato il presidente Francesco Rocca.
Le aziende sanitarie devono predisporre, entro 20 giorni, un Piano per l’abbattimento delle liste di attesa (nel rispetto dei tempi appropriati per ogni singola prestazione e necessità di cura); ed entro i successivi 60 giorni dare attuazione alle misure stabilite.
Il provvedimento, volto al superamento della piaga degli esami e delle visite “fuori soglia”, è il frutto di un percorso intrapreso dall’Amministrazione regionale, partendo dall’informatizzazione della gestione delle liste di attesa e dall’integrazione delle agende pubbliche con quelle delle singole strutture private accreditate nel Recup, che è diventato l’unico punto di accesso dal primo gennaio 2024. Si tratta di un’altra misura parte integrante della riforma organica del Recup, introdotta sin dall’insediamento dal presidente Francesco Rocca e dal direttore della direzione Salute e Integrazione sociosanitaria Andrea Urbani: dal mese di settembre, l’Amministrazione regionale è, infatti, in grado di monitorare quotidianamente le prestazioni di specialistica ambulatoriale che superano i tempi di garanzia previsti per le liste di attesa.
Oggi la Regione Lazio ha una fotografia nitida delle prestazioni “bucate”, a differenza del passato, e continua a investire nella cosiddetta “spesa buona”, attingendo dai fondi accantonati con l’obiettivo di abbattere le liste d’attesa.
Principalmente le prestazioni “fuori soglia” dovranno essere superate tenendo conto dell’ordine cronologico delle richieste di prenotazione di ciascuna classe di priorità e di quelle ritenute maggiormente critiche. In questo senso, le Aziende dovranno attuare le seguenti modalità: l’utilizzo delle prestazioni aggiuntive in via prioritaria e principale; l’attività libero-professionale intramuraria in via subordinata; da ultimo, il ricorso al privato accreditato con le strutture presenti sul territorio, motivando la mancata attivazione delle misure interne. In tal caso, le Aziende dovranno procedere all’assegnazione di un budget aggiuntivo e alla sottoscrizione di un accordo contrattuale.
Al tempo stesso, ogni Azienda dovrà attivare un sistema di monitoraggio per verificare l’attuazione delle misure previste. Di seguito, la suddivisione delle prestazioni “fuori soglia” per ogni Azienda sanitaria, insieme con il valore economico e il finanziamento stanziato: Asl Roma 1, le prestazioni fuori soglia sono 94.141 per 3,7 milioni di euro; Asl Roma 2, le prestazioni fuori soglia sono 98.770 per 4,5 milioni di euro; Asl Roma 3, le prestazioni fuori soglia sono 35.772 per 1,5 milioni di euro; Asl Roma 4, le prestazioni fuori soglia sono 21.753 per oltre 796mila euro; Asl Roma 5, le prestazioni fuori soglia sono 22.539 per un milione di euro; Asl Roma 6, le prestazioni fuori soglia sono 28.761 per 1,2 milioni di euro;Asl di Latina, le prestazioni fuori soglia sono 28.171 per 1,3 milioni di euro; Asl di Frosinone, le prestazioni fuori soglia sono 27.120 per un milione di euro; Asl di Viterbo, le prestazioni fuori soglia sono 24.783 per 990mila euro; Asl di Rieti, le prestazioni fuori soglia sono 17.698 per 840mila euro.
P.N.