Venerdì 5 giugno è andata online la diretta Facebook con l’intervento di quattro relatrici che hanno trattato un tema specifico
Donne sull’orlo di una crisi pandemica
Si è svolta lo scorso venerdì, 5 giugno, la diretta Facebook “Donne sull’orlo di una crisi pandemica”.
Sono intervenute quattro relatrici, ognuna trattando un tema specifico:
Valentina Mangiò, del centro Donna Lisa di Roma (facente parte della Rete D.I.Re, donne in rete contro la violenza) ha messo in luce come se da una parte fosse prevedibile un aumento della violenza domestica per la drammatica situazione dovuta alla pandemia, occorre specificare che il lockdown e il conseguente isolamento sono solo situazioni di rischio che si aggiungono a delle situazioni precedenti.
Nella prima fase del lockdown c’è stata una diminuzione delle richieste d’aiuto in quanto le donne erano impossibilitate a chiedere aiuto, rimanendo sempre sotto il controllo del partner violento, ma non è diminuita affatto la violenza, anzi, ma le notizie dei femminicidi sono finiti nei trafiletti dei giornali.
Nella seconda fase del lockdown, grazie anche alla campagna per far sapere che l’attività dei centri antiviolenza non si era fermata, i contatti sono aumentati addirittura del 74% rispetto allo stesso periodo del 2018 (ultimo censimento disponibile).
Eliana Como, dell’area sindacale di opposizione Cgil “Riconquistiamo tutto!” ci ha raccontato di come i servizi essenziali che non si sono fermati durante il lockdown, siano quelli ad altissima presenza di donne, perché se si può fermare la produzione per un mese o due, non si può fermare il lavoro di riproduzione sociale nemmeno per un giorno e, al di là della retorica, peraltro machista, sugli eroi (e mai sulle “eroine”) il peso di questa crisi si è scaricato per lo più sulle lavoratrici che hanno lavorato in condizioni estreme, di turni massacranti e in una situazione drammatica, temendo per la propria salute e per quella della propria famiglia che avrebbero potuto contagiare in ogni momento, se pensiamo ad esempio, alle infermiere. Tutto questo in un contesto in cui Confindustria continua a sferrare attacchi, chiedendo “sacrifici” ai lavoratori e alle lavoratrici per non rinunciare ai propri profitti.
Il decreto Rilancia Italia mette le risorse sulle imprese, quando invece andrebbero finanziati tutti quei settori essenziali, a cominciare dalla scuola e dalla sanità. Quest’ultima sarà ancor più svantaggiata dai tagli dell’Irap, che è il principale introito che finanzia il Servizio Sanitario Nazionale.
Alla domanda sullo smart working, Eliana ha messo in guardia da come questo scarichi i costi sulle lavoratrici e i lavoratori (compresa connessione e dispositivi tecnologici, magari da dividere coi figli per la Didattica a Distanza), ponendo un pericoloso precedente su una possibile “conciliazione” per le donne tra famiglie e lavoro. Ma c’è anche un altro aspetto molto importante che è stato ribadito, e cioè che lo smartworking nasconde in verità un telelavoro senza nessuna regola e nessun diritto, senza i “lacci e lacciuoli”, come li chiamano le imprese.
Maria Giuseppina Izzo, insegnante in un liceo di Napoli, ha focalizzato l’attenzione su come la Didattica a Distanza vada ad ampliare le diseguaglianze. Dal punto di vista di chi lavora, in particolare per le donne, si pone un problema poi di distinzione di tempo di lavoro, di tempo di lavoro domestico e di tempo di riposo, che rimane praticamente annullato. Un aumento del carico di lavoro a fronte di risultati molto dubbi per quanto riguarda questo settore, in quanto, ad esempio, le valutazioni degli studenti sono tutt’altro che di facile applicazione. Inoltre, c’è stata una grande riduzione degli spazi democratici in quanto le direttive arrivano dall’alto e senza possibilità di confronto o di contrattazione.
A settembre ci saranno una serie di problematiche che ricadranno sulle famiglie, in particolare quelle con alunni disabili o “BES” (Bisogni Educativi Speciali), che saranno quelle maggiormente toccate, e sulle donne che si dovranno far carico di un lavoro di cura di cui la scuola si farà meno carico, per le misure pensate dalla ministra.
Elena Majorana, (Donne di classe e Sinistra Anticapitalista Sicilia) ha affrontato il tema delle donne che vivono in condizioni di precarietà lavorativa e al di fuori dei contratti nazionali e del lavoro formale e ha riportato come la pandemia sia intervenuta pesantemente su una “normalità” che ha veramente poco di normale, fatta di precarietà e forti difficoltà economiche, di isolamento, di ricatto, di lavoro minorile, di estremo sfruttamento, anche sessuale, per le donne, ad esempio, che lavorano in agricoltura, dove c’è una forte presenza femminile, spesso migrante che subisce così oltre allo sfruttamento e alla molestie, anche una buona dose di razzismo.
Le relatrici sono state coordinate da Giovanna Russo (Donne di classe e Sinistra Anticapitalista) che aveva partecipato lo scorso 29 febbraio presso l’Ex-Mattatoio di Aprilia all’iniziativa di lancio delle mobilitazioni e dello sciopero dell’8 e 9 marzo come relatrice.
Nelle sue conclusioni Giovanna ha ribadito come “la classe dirigente stia approfittando della crisi sanitaria per ricreare le migliori condizioni economico-sociali di cui ha bisogno per superare una vasta crisi economica che non è stata provocata dal Coronavirus, ma che era già in itinere prima. E la subordinazione delle donne così straordinariamente totale è funzionale ad un progetto complessivo di riordino della società dove ciascuno deve stare al suo posto per non infastidire la prosecuzione tranquilla della produzione dei profitti.”. “Come mi sembra melensa e reazionaria la propaganda martellante di questi mesi che dice “uniti, ce la faremo” – ha continuato poi nelle sue conclusioni - Ma quale unità ci può essere tra chi subisce violenza e il suo aguzzino?, come diceva Valentina e, hanno detto le altre compagne, quale unità può esserci tra chi lavora e chi intasca profitti sfruttando questo lavoro? Stiamo parlando di una violenza che appartiene ad un ordine sociale fondato sulla gerarchia di ruoli e di poteri.
Noi l’unità vogliamo farla con le donne che subiscono questa realtà e con tutti gli sfruttati, e gli oppressi, penso anche agli studenti in questo momento che non vogliono rinunciare ad avere una relazione formativa in classe, alle madri e a volte ai padri che non vogliono e non possono supplire alle carenze della scuola da casa; ai lavoratori che sono coinvolti in questi progetti.
Nel percorso specifico che ci riguarda come donne, come compagne, ci impegniamo a sostenere e a rafforzare le resistenze collettive, le forme di mobilitazioni delle donne che stanno emergendo, ci sono segnali un po’ dappertutto, non solo in Italia, che sono centrali per rilanciare la nostra iniziativa futura. Vorrei cogliere l’occasione per ribadire anche la validità dello sciopero femminista internazionale dell’8 marzo. “Se le nostre vite non valgono, ci fermiamo”, dice lo slogan. E’ un auspicio di lotta che quest’anno, con il pretesto della pandemia ci è stato impedito, ma che certo riprenderemo.
Giovanna, inoltre, ha ricordato come un primo passaggio di lotta sarà lo sciopero della scuola dell’ 8 giugno.
Per chi volesse riguardare la diretta o per chi l’avesse persa, può trovarla a uno dei seguenti link:
Dalla pagina di Sinistra Anticapitalista:
https://www.facebook.com/Anticapitalista.org/videos/686620308820056/UzpfSTExMDY5MTUwNzIwMzc4NToxNDMyMjg2NDA2MTY3Mzg/?modal=admin_todo_tour
Dal canale Youtube di Donne di Classe – Aprilia:
https://youtu.be/ERpp2AegIGs.