SIMPOSIO
LA PAROLA
è protagonista assoluta dei nostri tempi. La sentiamo pur non volendola ascoltare e noi stessi contribuiamo a diffonderla. Oggi la parola s’è fatta drammatica, politica, retorica, strumento di propaganda intorno al dramma della guerra che si sta consumando tragicamente alle nostre spalle. Parola, fino a ieri così silenziosa sui conflitti che durano da anni nel resto del mondo, che all’improvviso ritrova la sua essenza umana e caritatevole. Quei profughi, gente buona e sfortunata, ora chiediamo di accogliere, di ospitare nelle nostre case. Che contrasto con la cautela usata verso quelli che vengono dal mare e dal lontano oriente. Da più di due anni siamo stati sommersi da parole martellanti, ossessive contro un virus maledetto, a sostituzione temporanea di narrazioni sempre più dettagliate di cronache raccapriccianti.
Annunci, notizie dell’ultimo minuto. Dettagli sugli avvenimenti in tempo reale, una clessidra di parole che scorre inesorabile. E nel nostro quotidiano, la parola molto spesso è sprecata, usata a vanvera, inflazionata, banalizzata dall’eccessiva dialogica che trasmette a intermittenza messaggi di ogni genere. Parole che raramente entrano nella nostra coscienza e più spesso si sciolgono nel nulla, non sedimentano per essere pensate al di là dell’immediato. Parole istintive di slanci affettivi, d’improvvisi malumori che non trovano il tempo di essere razionalizzati, di dissapori o di odio gratuito impunibile dall’anonimato.
La parola è di tutti: la usiamo senza limiti e non lascia spazio alla riflessione prima di essere pronunciata. Scompare istantaneamente con un click o abbassando un ricevitore senza esserci domandati se fosse davvero utile e necessaria o passibile di equivoci e malintesi. “Prima di rispondere conta fino a dieci” dice il saggio, perché dietro la gratuità del tempo, all’impulso immediato, agisce molto spesso l’istintività incontrollata a danno della ragione.
Ma… oggi, la parola GUERRA incombe e ci preoccupa, e deve preoccupare. La parola deve essere più che mai responsabile e consapevole della sua potenzialità di persuasione per ricomporre l’equilibrio che il conflitto ha sbilanciato. Parola per dialogare. La parola deve riacquistare la sua originaria valenza, anche simbolica. Quella forza che spinse l’essere umano ancora selvaggio ad avvicinarsi e poi a unirsi ai suoi compagni. In principio era la “parola”, il “logos”, la manifestazione del pensiero che iniziava la nostra Storia.
Giuliana
I RACCONTI DAL FARO
BREZZA DI PRIMAVERA
Ho portato con me, in questo scoglio sull’Oceano, un poco di terra dal Continente. Un po’ di terra in quattro piccoli vasi di argilla, per conservare almeno il profumo e qualcosa del verde giardino che avevo lasciato. In questi primi giorni di Primavera, li espongo al mattino in direzione del Mezzogiorno, in fila sui gradini del Faro, a seguire il lento arco del Sole nel cielo. E aspetto che dal terriccio spuntino, puntualmente, le aguzze foglie e poi il giallo fiore dei profumati Narcisi (alle Scilly Islands li chiamiamo Daffodils). Seduto accanto ai miei quattro amici, le mani scaldate dal calore della pipa, inizio la giornata ascoltando il respiro profondo del mare e il suo grido. Spira una brezza leggera tra i capelli. “Tutto ciclicamente ritorna”, penso. E ripenso ad un dono.
Il bulbo
Che ti lasciai
Poni nella zolla
Del giardino.
Da te
Ogni Primavera
Il giovine fiore
Mi porterà ancora.
Mi dicesti.
(GdF, 2019 – in Atlantico)
Il Guardiano del Faro
L'ESPERIENZA MUSICALE
A SCUOLA
di Silvia D’Augello
Iniziare fin da piccoli
Si dibatte da tempo sulle varie questioni che riguardano la musica come disciplina scolastica. Ci si interroga sull’esigenza di un’educazione musicale affidata a personale qualificato nella scuola dell’infanzia e primaria, sulle modalità in cui viene insegnata la musica nella scuola secondaria di primo grado, sulla necessità di una prosecuzione degli studi musicali in tutte le scuole secondarie di secondo grado (e non solo al Liceo Musicale e Coreutico). Nonostante la tematica sia conosciuta e dibattuta ampiamente, queste istanze necessitano di un’attenzione continua al fine di sortire un effetto concreto. Nel momento in cui la musica si modella per assumere i connotati di disciplina scolastica si rende necessario enfatizzarne gli aspetti educativi e le potenzialità come fattore di aggregazione sociale. Tale enfatizzazione andrebbe operata in maniera sensata e orientata verso l’accensione di un interesse autentico, appassionato, verso la musica.
Fare musica per conoscersi meglio
L’esperienza musicale con le sue funzioni formative rappresenta un arricchimento per il singolo e per la società, permette un accrescimento delle facoltà cognitive ed emotive dei ragazzi, consente una chiave di lettura del mondo più consapevole, profonda. È possibile educare, condurre alla musica facendo incontrare e conoscere ai ragazzi (e bambini) opere musicali di alto spessore formale ed estetico. L’incontro con i capolavori della musica non è da rimandare a tempi più maturi, così come non è da rimandare l’incontro con musiche “difficili” come la Nuova Musica. Tali incontri andrebbero coadiuvati attraverso attività di composizione e analisi di base (vide esperienze di ricerca e ricercAzione di Boris Porena e di Emanuele Pappalardo) a partire da riflessioni su ascolti di repertorio, analisi e comparazioni e l’esperienza della scrittura come attività concreta in cui lo studente si cimenta nella produzione di un’oggetto di indagine frutto di un Pensiero, di un’elaborazione formale ed estetica. Questa modalità di fare musica a scuola ha già ottenuto risultati positivi nelle esperienze effettuate poiché attraverso un’attività pratica e riflessiva si coinvolge in maniera attiva e totale lo studente nel processo di apprendimento e dunque potrebbe essere adottata in tutte le scuole.
Avere confidenza con la Nuova Musica
Un approccio di tal genere può inoltre avvicinare i ragazzi alla musica d’avanguardia, a quella musica che anche gli adulti ancora oggi considerano ostica e incomprensibile. La Nuova Musica può essere proposta e accolta dai più piccoli se presentata come un qualcosa che è vicino, familiare e che ricalca istanze, pensieri, atmosfere emotive che ci riguardano. L’aspetto ludico che caratterizza alcune esperienze della musica sperimentale potrebbe rappresentare un elemento di comunanza con il mondo infantile; lo stridore delle dissonanze potrebbe ben attagliarsi all’universo emotivo di un adolescente così come il ricorso al rumore, all’inatteso e agli strumenti elettronici. È importante preparare l’incontro con la Nuova Musica creando reti di connessione per favorire il pensiero simbolico e critico coinvolgendo gli studenti in prima persona, incoraggiando ipotesi, riflessioni, percezioni.
Imparare ad ascoltarsi e ad ascoltare
È solo attraverso un incontro in cui anche lo studente sia soggetto e non ricevente passivo dell’ascolto che si mette in atto quel processo virtuoso e proficuo di ascolto, comprensione e interesse. Prima di tutto è necessario dare agli studenti gli strumenti per accogliere la musica, accogliere l’ascolto. Tale attività può essere tradotta su un altro piano e tramutata in educazione all’accoglienza, all’ascolto e alla comprensione dell’altro, dell’alterità. La musica come disciplina scolastica è anche questo: un mezzo per sensibilizzare, per favorire l’espressione di sé ma anche l’ascolto e l’espressione dell’altro. Inoltre lo spirito di condivisione e cooperazione del fare musica insieme si giustappone alla capacità empatica di comunicare attraverso altri linguaggi oltre a quello verbale e quindi saper leggere e decodificare l’altro anche nei silenzi.
Terapia della mente e dello spirito
La musica come disciplina scolastica è anche conoscenza del proprio universo emotivo attraverso la scoperta che un determinato suono o passaggio musicale può destare emozioni e può mutare il nostro umore. Tale scoperta andrebbe supportata da un’analisi di livello estetico, percettivo e corroborata con riflessioni e approfondimenti sul rapporto tra musica e chi l’ascolta (facendo diventare i ragazzi stessi, insieme con la musica, l’oggetto di riflessione). L’ascolto seguìto dall’analisi poietica (seppur di base) così come la pratica musicale attiva (suonare o comporre) contribuiscono alla conoscenza di sé. Oggi uno dei problemi più diffusi tra i giovani (e alla base di altre problematiche per cui la maggior parte dei ragazzi necessita di supporto psicologico) è la scarsa conoscenza di sé, cui consegue l’errata gestione delle proprie potenzialità e dei propri limiti. In questo senso la musica è una soluzione al disagio dato dal mancato riconoscimento dell’Io e contribuisce alla creazione dell’identità dell’individuo.
Incominciare ad organizzarsi
L’esecuzione in pubblico, la preparazione dei concerti con l’annessa cooperazione per la gestione logistica degli spazi, delle postazioni, del comportamento da mantenere sul palco sono tutte attività che favoriscono il processo di responsabilizzazione e quindi la crescita dell’individuo in una società. L’esperienza musicale è forse l’esperienza formativa più vicina agli interessi dei bambini e dei ragazzi e che potrebbe, con facilità, aiutarli a crescere con maggiore consapevolezza di sé, predisposizione all’ascolto, spirito critico, empatia nei confronti dell’altro. Si tratta di un’esperienza che potrebbe fornire ai giovani strumenti di conoscenza (come abilità concreta di una pratica, di un saper fare che implica un coinvolgimento della sfera emotiva e della sfera cognitiva e come conoscenza speculativa, ascolto e comprensione delle opere del passato e del presente per poterne fruire ad un concerto, per comprendere l’evoluzione del Pensiero umano...per crescere umanamente, culturalmente e con gioia.
CURIOSITÀ NELLA POESIA/15
di Sergio Bedeschi
Nell’anno appena andato abbiamo celebrato la scomparsa del Sommo Poeta. E, così com’era giusto, ce lo siamo girato e rigirato, ammirato, lodato, amato. Com’era giusto. Cantore insuperabile, filosofo, scienziato, virtuoso rimatore, conoscitore attento della Storia, ironico quando occorre, moralista, critico oltre ogni dire (un po’ pettegolo magari), fervente religioso naturalmente, disobbediente civile per quel che è possibile, e tante altre belle cose. Ci credereste che c’è qualcuno che non la pensa così?
L’ANTI-DANTE
Qualcuno che ritiene che Dante le abbia sparate troppo grosse. E che poi (ci fa sapere costui), passi per accettare l’idea che il Dante sia un poeta, un umanista al massimo, ma uno scienziato o un naturalista, per favore, lasciamo perdere, questo mai. No e poi no! Dante uomo di Scienza? Non scherziamo, per favore. Piuttosto (è sempre quel qualcuno che parla) direi che Dante è uno che racconta “balle”, che s’inventa tutto quello che si può inventare con quelle facezie dell’Inferno e del Paradiso, uno che favoleggia, che canta, anzi starnazza, anzi gracida al modo delle rane cose vane. Se fosse vissuto ai tempi nostri questo grande contestatore di Dante avrebbe di sicuro catalogato la Divina Commedia nello scaffale di Fantasy o Fantascienza. Sapete chi era costui? Si chiamava Francesco Stabili, meglio conosciuto come Cecco d’Ascoli! Poeta pure lui, neanche a dirlo, avversò Dante per tutta la vita. D’altronde a quel tempo ce se le mandava a dire a suon di versi di poesia. Ed è proprio con un vero poema