Complessità nella cultura. Possiamo dire altrettanto per la cultura in generale? Certamente: un’opera monumentale come la Divina Commedia, con tutti i suoi insegnamenti storici, politici, morali (e soltanto in ultima analisi religiosi) non si è certamente arrestata alla soluzione più facile ed evidente. Altrimenti Dante sarebbe rimasto al Dolce Stil Novo.
Shakespeare, Bach,Verdi. E le opere di Shakespeare sono profonde proprio perché vanno oltre i puri fatti di sangue del teatro elisabettiano. Macbeth è stato paragonato (JanKott) a una talpa che lotta ed uccide per raggiungere la superficie. Ma giunta alla fine del suo viaggio, alza lo sguardo verso il cielo notturno, vede le stelle e si rende conto della sua profonda inanità.
Lo spettacolare intreccio a tre voci delle partiture di Bach va ben oltre il basso continuo della musica medievale.
E Verdi, per conto suo, fa solo finta di essere un “sempliciotto”: il classico zum papa del tempo tre quarti viene declinato in mille maniere, dalla canzonaccia del Duca di Mantova alla “Pira” e a “Libiamo” (in realtà 3/8). Dopo questa divagazione (lascio a voi decidere se pertinente), torniamo alla nostra analisi: la locuzione tedesca comporta (è il mio parere) un salto logico: usa un paradosso per sostenere il contrario di quanto verrebbe in mente a un lettore superficiale e poco attento.
Il significato delle parole. Qual è l’effettivo legame fra una parola (segno grafico e acustico) e la realtà cui essa allude? Certo, la classica distinzione fra significante e significato (Saussure) resta intatta ma, sotto il profilo della filosofia del linguaggio, termini come “semplice” e “complicato” possono assumere significati diversi, a seconda della persona che li pronuncia, delle sue intenzioni e del contesto.
In linguistica si parla di referente (la realtà rappresentata da una parola) ma, come vediamo nell’esempio del modo di dire tedesco, il referente è un paradosso, che in realtà vuole farci capire che le soluzioni semplici e lineari non sono sempre l’opzione ottimale.
“Semplice” e “complicato” sono termini astratti, flatus vocis, li avrebbe definiti il nominalista Roscellino da Compiègne (1050 – 1120) ed essi si incarnano nella realtà secondo le intenzioni di chi parla o scrive.
Nomina nuda tenemus, sostiene Umberto Eco nella pagina finale de Il nome della Rosa: Adso, il novizio benedettino allievo di Guglielmo da Baskerville (un vero mastino dell’investigazione, come fa capire l’allusione a Conan Doyle) non sa neppure come si chiami la giovinetta che ha conosciuta carnalmente. Non può che chiamarla Rosa, un sogno, un’emozione. Un nome che non ha attinenza con la realtà. Per concludere con le parole di Shakespeare, “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni” (La Tempesta, Atto IV). Se questo è vero, una soluzione semplice può essere sognata in modo complicato, in barba al significato dei dizionari.
SCRITTURA
AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
IL RINASCIMENTO:
Donne colte, Poetesse e Cortigiane/2
di Ivana Moser
Primo esempio di apertura alla scrittura femminile nella cultura italiana, se si esclude il gruppo molto ristretto delle poetesse marchigiane del 1300, la poesia femminile del Cinquecento è un movimento storico intenso ma di breve durata. Nel tardo Cinquecento si perdono le condizioni per questa libertà intellettuale femminile, che si ritroverà poi nel tardo Settecento. La circostanza favorevole a che le donne si appropriassero di una certa autonomia espressiva fu la presenza di modelli letterari da imitare, in particolare Petrarca, che stimola la curiosità di tentare una scrittura in proprio e la preminenza del concetto di amore nella codificazione della lingua volgare. Con questa importante fioritura poetica femminile del Cinquecento, all’interno della più ampia produzione petrarchista sviluppatasi sulle indicazioni di Pietro Bembo, la donna cessa di essere esclusivamente oggetto di poesia.
La produzione poetica femminile dell’età rinascimentale è un fenomeno nuovo, sia per qualità che per quantità, sono tante le poetesse che si distinguono per passione letteraria, intensità d’espressione, sensibilità artistica in un intreccio spesso profondo tra biografia e scrittura. Questo intreccio fa sì che i Canzonieri delle poetesse del Cinquecento costituiscano una sorta di diario sentimentale, con un’intensa presenza autobiografica.
In effetti il petrarchismo per le poetesse è una sorta di lasciapassare, un modello al maschile in un ambiente poetico pressoché esclusivo dei poeti, un modello che esse sviluppano in modo originale, trascendendo spesso le formule del petrarchismo canonico, dando voce alla loro identità più profonda e al loro disagio.
Le poetesse del Cinquecento furono tutte donne di cultura, sia le poetesse colte che "le cortigiane oneste o meno". “Cortigiane” assume nell'Italia del Cinquecento un significato tutto particolare, non sono più le dame di compagnia, addette alla corte dei principi, sono le prostitute di alto rango. Sono giovani donne di grande bellezza, intelligenza e di vasta cultura, donne di costumi liberi che conducono uno stile di vita talvolta assai lussuosa, ricevono nobili e artisti in salotti raffinati ed elegantemente licenziosi, stabiliscono relazioni con le personalità più in vista.
Nella grande stagione di fioritura della poesia femminile, nel 1559, viene pubblicato il volume “Rime diverse d’alcune nobilissime et virtuosissime donne”. L’elenco delle poetesse conta ben cinquantatré presenze, fra i nomi spiccano quelli di Vittoria Colonna, Gaspara Stampa, Isabella di Morra e Veronica Gambara. Per la prima volta compare sulla scena editoriale un’antologia di liriche femminili che documenta il livello poetico raggiunto dall’intelletto “donnesco”.
UN DONO PER TUTTI VOI
Con Silvia e i suoi Fleurs
Cari Amici del Simposio e de Il Litorale,
la giovane pianista e musicologa anziate Silvia D’Augello, ha realizzato per la IUC Istituzione Universitaria dei Concerti de La Sapienza Università di Roma, “FLEURS” un ciclo di 6 lezioni concerto.
Gli incontri prevedono l’esecuzione di brani di Robert Schumann, Johann Sebastian Bach, Johannes Brahms, Fryderyk Chopin, Georg Friedrich Haendel e Franz Liszt, ognuno preceduto da una introduzione musicologica con lo scopo di favorire e facilitare l’ascolto delle musiche in programma.
Potrete ascoltare gratuitamente le sei puntate di “FLEURS” sul sito della IUC https://www.concertiiuc.it/fleurs/ e se saranno di vostro gradimento condividete con tutti i vostri amici e i vostri cari, favorirete così in prima persona, la diffusione della cultura musicale, facendo loro un bel regalo di Natale.
Nella speranza che la musica e la cultura possano essere una potente arma di pace in un momento così difficile, tanti auguri a tutti!