In ricordo dell’amico Tommaso Martufi, detto Cavicchi, appassionato di boxe scomparso la scora settimana
Le comitive e le feste da ballo durante i favolosi anni ‘60
Il clima era questo: “Dopo il gioco dei palloncini, chi era addetto al giradischi, mise sul piatto Il cielo in una stanza, di Mina. «Ti va di ballare?». Le ragazze difficilmente dicevano di no, anche se ognuna cercava il proprio partner. La sala era piena e chi ballava doveva stare attento a dove mettere i piedi”. Tommaso Martufi, detto Cavicchi, per la sua passione per la boxe e per il campione Francesco Cavicchi, detto Franco, di Pieve di Cento, nella provincia di Bologna, faceva parte della comitiva. Tutti avevano più o meno un lavoro. ma la domenica era sacrosanta, tutti a ballare. Infatti, per i ragazzi, i giorni della settimana che contavano, era solo la domenica. Un momento di felicità interiore, vedere il braccetto con la puntina sul disco e ascoltare i grandi successi degli anni ’60. Ci si muoveva velocemente verso le ragazze e poi a ballare un lento, come What a sky di Nico Fidenco, oppure Nessuno al mondo di Peppino di Capri. “Mai più nessuno al mondo, t’amerà così, per te nessuno al mondo, soffrirà così, nessuno mai saprà cosa sei per me, ma forse il tuo cuore sa che vivo per te…”. Si ballava di tutto, cha-cha-cha, rumba, rock & roll, twist, i dischi erano scelti tra i cantanti più prestigiosi: Paul Anka con Diane e You are my destiny; Neil Sedaka con Oh! Carol e Stupid Cupid; I Platters con Only you e Smoke gets in your eyes; Elvis Presley con Are you lonesome tonight e Tutti Frutti; Little Richard con Lucille e Good Golly Miss Lolly; Frankie Avalon con Venus, e poi c’erano i nostri. Mina col già citato Il cielo in una stanza; Adriano Celentano con Il tuo bacio è come il rock; Tony Dallara con Come prima e Ti dirò e Caterina Valente con Till e Non dimenticar le mie parole, insomma erano canzoni intramontabili che si fanno ascoltare ancora oggi.
C’è di più, durante i balli, si faceva una colletta, ognuno dava 100 o 200 lire, per comprare, alla bottega Vini e Oli, di Mario Fiorilli, in piazza del Mercato, un boccione di Marsala o Vermouth chinato con i biscotti. A Natale, dopo il ballo e rimasti soli i ragazzi, giocavano a carte, intense partite a briscola e tresette, ramino e poker. Chi perdeva pagava un pacchetto di caramelle Charms, ma si giocava anche con i soldi sul tavolo. Pochi soldi a dire la verità. A volte ci si fermava a dormire nella stessa casa dove i ragazzi avevano ballato e giocato a carte.
Di questi episodi, negli ultimi tempi, parlavamo con Tommaso, quando c’incontravamo da Paolo Caprice, che ha la tipografia vicino la casa di Tommaso, il quale, dei tempi passati, ricordava tutto. Mi sorprese un giorno quando mi raccontò che mi aveva visto lavorare quando murai i cavi telefonici, sulla parete esterna del suo appartamento. Nel ’59-’60, lavoravo con un’impresa di Roma, appaltatrice della compagnia telefonica della Teti. Non mi ricordavo di aver fatto quei lavori in quella zona, mi ricordo però che un paio di anni più tardi, nel 1963, venne con la macchina a prendermi a Castel Fusano, mentre frequentavo la Scuola Alberghiera. C’erano con lui, Isidoro Alessi, detto Schicchera, mio fratello Luciano e Enzo Ronci. Fummo fortunati perché quando vennero avevo lezioni teoriche e perciò dopo le quattro del pomeriggio ero libero. Salii in macchina e trascorsi la serata con loro a Nettuno, poi mi riaccompagnarono. All’epoca, per arrivare a Ostia e viceversa, c’erano soltanto un paio di corse della corriera: una di mattina e una di pomeriggio.
Tommaso conobbe Clara, la sua futura fidanzata e, successivamente, moglie, a Nettuno, al Caffè Roma, perché Clara era parente della «sora Lola», la proprietaria del bar. Quando andava a Roma per incontrarla, mi chiedeva spesso consigli sul galateo, il Bon Ton, sapendo che io avevo studiato questa materia. Tra i suoi cantanti preferiti c’erano Elvis Presley, e Joe Damiano, quello che cantava Forever. Quando uscì il disco It’s so easy to surrender di Tony Williams, mi chiese la traduzione in italiano, perché gli piaceva tantissimo.
Tutto questo preambolo, per dire che da qualche mese stava male e non usciva da casa, fino a venerdì scorso, 7 novembre. La sua scomparsa l’hanno annunciata la moglie Clara, nata Organtini e le figlie Alessandra e Paola, con un manifesto che, purtroppo ho letto domenica sera, quando le esequie si erano già svolte l’8, nella Chiesa di S. Giovanni. Non ho potuto perciò dargli l’ultimo saluto in chiesa e non so quanti degli amici del passato – quelli della comitiva degli anni ’60 – abbiano potuto partecipare, penso ben pochi però, perché molti l’hanno preceduto nell’ultimo viaggio.
Silvano Casaldi