Domenica 9 Febbraio 2025 - ore 16.00
IL CERVELLO HA
POTERI SPECIALI?
3 Incontri con Franco Concari
3° Incontro (1hr ca)
IL FUNZIONAMENTO DEL CERVELLO UMANO
L’oggetto più complesso dell’Universo.
Come influenza la nostra vita e quali poteri speciali ha.
PREMESSA
Come esperto di Project Management mi sono spesso domandato come accrescere le mie capacità di comunicazione per motivare i collaboratori verso il successo del progetto. Quindi, approfondendo argomenti relativi alle scienze comportamentali sono stato condotto a studiare come funziona il cervello umano. Ed ho capito che alla base di qualunque interazione umana c’è la percezione che ciascuno di noi ha di se stesso, degli altri e della realtà che lo circonda. Perché sono queste percezioni che ci spingono a decidere
quali azioni fare.
Capire il funzionamento del cervello ci può aiutare a capire e migliorare
NOI STESSI, GLI ALTRI E LA REALTÀ.
Questi studi mi hanno fatto anche comprendere che l’Intelligenza, una delle funzioni superiori del cervello, è presente non solo nell’Uomo, ma anche negli animali e nelle piante, ovviamente a livelli diversi dall’Uomo.
Dovremo anche considerare, oggi ed in futuro, l’intelligenza degli apparati elettronici: l’Intelligenza Artificiale.
Ne è emerso un percorso di studi e conoscenze che intendo condividere attraverso i seguenti titoli:
Il cervello ha poteri speciali? è il tema delle 3 sessioni
(per le sessioni precedenti vedi Il Litorale N. 1 e N. 2)
- L’Intelligenza umana: come si manifesta
- L’Intelligenza degli alberi: esiste?
- L’Intelligenza Artificiale: supererà quella umana?
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Vicende dell'italiano
Fra profeti di sventura e permissivisti
di Giancarlo Marchesini
Il vaso di Pandora. Cominciamo con un aneddoto, Nel 2021, la venerabile Accademia della Crusca sancì che costrutti del tipo “esco il cane” e “scendo la spazzatura” possono essere usati in “situazioni contestualizzate, per lo più domestiche, non di certo in ambito educativo o formale”. Ma chi ci garantisce che un assiduo bloggista non si serva di tali costrutti in ambito formale dicendo a sé stesso: “L’ha scritto la Crusca”? Pensate a Pandora e al suo temibile vaso! Nessuno è padrone della lingua, nessuno è singolarmente responsabile dei suoi sviluppi. È piuttosto la comunità dei parlanti che decide dell’abolizione o introduzione di regole e costrutti. Quella che Saussure definiva la “massa parlante”, esprime il proprio giudizio unicamente in base a criteri di immediatezza, sinteticità e, perché no, di affinità?
Le pietre dello scandalo. Due sono le tematiche sugli sviluppi della lingua che ricorrono nei media radiotelevisivi, nella stampa e su internet. Il linguaggio inclusivo e l’invasione delle parole straniere. Questi sono i temi di attualità, anche se a ben guardare altri argomenti di discussione sarebbero più promettenti e proficui (analisi diastratica e diamesica – un giorno se avrete pazienza, li potremo affrontare).
Inclusivo o sovraesteso? Nel campo del linguaggio si fronteggiano due schieramenti: i sovraestesisti (questo termine è di mia invenzione) che affermano che il maschile sovraesteso, valido cioè per entrambi i sessi (i bambini = maschi e femmine, gli studenti = maschi e femmine) sia in fondo un caso neutro (ma quando mai? Il neutro in italiano non esiste). Gli inclusivisti, invece tacciano i primi di sessismo linguistico e sopruso sociale. Né l’uno né altro avrà partita vinta perché per finire sarà la comunità dei parlanti a decidere se accettare architetta, avvocata, assessora o stagnina. Entrambi i campi dovranno però tener conto di particolarità sociolinguistiche: matematica non è necessariamente una donna che ha studiato questa scienza. Lo stesso vale per fisica, chimica, ecc.
Le parole straniere. Per quanto riguarda l’invasione dei termini stranieri è in fondo una battaglia perduta in partenza. L’inglese è la lingua delle scienze e della ricerca anche nei territori in cui si parlano altri idiomi (il mio ortopedico, eminente chirurgo di lingua francese, pubblica regolarmente le sue ricerche in inglese).
Parole acclimatate. La presenza di parole straniere in italiano è di fatto inevitabile. Ma questo fenomeno è meno recente di quanto si potrebbe immaginare: bar, folklore, film e computer non sono più sentite come parole inglesi: sono in effetti acclimatate (così si dice in linguistica) e quindi in grado di produrre derivazioni italianissime (barista, folcloristico, filmico e computerizzato, ad esempio). Ciò significa che l’italiano è in grado di arricchire il proprio lessico, servendosi di termini di provenienza straniera. Che c’è di male?
Tanti anni fa. Immaginiamo di trovarci a metà degli anni ‘50 e di dover tradurre parole come computer, hardware e software. La prima tentazione sarebbe ovviamente quella di trovare dei corrispondenti italiani (elaboratore, componenti fisiche, componenti di programmazione). Ma nel frattempo le parole inglesi, sulla spinta della pubblicità e del commercio, si sono ormai attestate e nel giro di pochi anni sono divenute realtà, scelte definitive.
Un italiano che si rinnova. Nella contesa fra profeti di sventura e permissivisti emerge un italiano che si sa rinnovare, duttile, che ha abolito forme desuete come egli / ella o, ancor peggio, il loro come plurale del lei. Abbiamo perduto qualcosa? O abbiamo guadagnato in incisività? Questo processo di modernizzazione è in parte dovuto alla forzata convivenza con le lingue straniere. Un nuovo modo di dire appare su internet. Occorre tradurlo immediatamente perché gli utenti italiani esigono di essere al corrente. Per la fretta, il cronista propone il termine inglese. Ma presto o tardi la comunità dei parlanti deciderà. Forse entrerà a far parte del nostro lessico. Forse verrà sostituito da una parola più propriamente italiana. In barba ai profeti di sventura e ai permissivisti!
RAPPORTI TRA
PAPATO E IMPERO
DAL IV AL XIX SECOLO
con Francesco Bonanni
LA CONTESA TRA LO
SCETTRO
E IL
PASTORALE
Nei Manuali scolastici, nel contesto delle aspre vicende legate alle cosiddette “Lotte per le Investiture”, abbiamo studiato i rapporti conflittuali tra il Papa Gregorio VII e l’Imperatore Enrico IV.
Cioè della disputa relativa al diritto legittimo della Nomina dei Vescovi tra le due massime Autorità del Medioevo.
Essendo i Vescovi incaricati di funzioni pubbliche conferite dall’imperatore (i noti Vescovi Conti) la loro nomina secondo Enrico IV era di indiscutibile spettanza imperiale.
Ma i Vescovi appartenendo al Clero la loro nomina era fermamente rivendicata da Gregorio VII.
Però fermarsi ad esaminare solamente questa “querelle”, ignorando il contesto storico nella quale si è sviluppata, si rischia di non comprendere la sua effettiva portata che va ben oltre. Si tratta di una annosa e irrisolta questione: stabilire in modo chiaro la posizione gerarchica delle due massime Autorità del Medioevo.
Ci troviamo all’inizio del Secondo Millennio ed esattamente nell’XI secolo quando ormai, finite le invasioni barbariche, è terminato il periodo di grande instabilità politica per cui il Papato si è potuto riscattare dalla pesante egemonia dell’Imperatore. emonia che risaliva al tempo di Costantino il quale col suo Editto di Tolleranza usò il Cristianesimo per giustificare il Potere Imperiale che fino allora non era affatto legittimato da alcun diritto legato ad una successione dinastica.
A ciò c’è da aggiungere il notevole spessore di Ildebrando di Soana, il Papa Gregorio VII, personaggio che oltre ad essere dotato da una forte personalità aveva una profonda preparazione culturale soprattutto in campo giuridico. Quindi questo Pontefice per la prima volta nei rapporti tra Potere Laico e quello Religioso volle ribaltare l’ordine gerarchico. Non più la Chiesa soggetta allo Stato ma era il Potere Religioso che doveva prevalere su quello Politico, in quanto il Pontefice rivendicava di essere l’unico rappresentante di Cristo sulla terra.
In tale prospettiva Gregorio VII emanò il DICTATUS PAPAE, una raccolta di 27 affermazioni categoriche del Primato Papale dirette a rivendicare la superiorità del Sacerdozio sull’Impero che a sua volta comportava anche il potere del Papa di poter deporre gli Imperatori.
Cadde così il Principio alto-medievale del bilanciamento tra Potere Religioso e Potere Politico, espresso nel simbolo delle “Due spade”, (quella spirituale e quella temporale) e quindi venne meno l’equilibrio tra la POTESTAS (il potere politico dell’Impero) e l’AUCTORITAS (l’autorità spirituale della Chiesa) che aveva retto l’Europa Occidentale sin dai tempi dei Merovingi.
L’obiettivo di Papa Gregorio era quello realizzare una Società Teocratica, tendenza di tutte e tre le Religioni Abramitiche.
Il Pontefice si dotò in tal modo di un gran Potere su tutta la Comunità Cristiana, sia Ecclesiastica che Civile che si concretizzava in due Istituti di Diritto Canonico: la Scomunica e l’Interdetto.
Nel Medioevo la Scomunica fu un provvedimento di carattere religioso ma con una notevole rilevanza politica, spesso usata dai Pontefici contro gli Imperatori, che comportava lo scioglimento dell’obbligo di fedeltà dei sudditi nei confronti del Sovrano.
L’interdetto invece fu un Istituto di Diritto Canonico usato fino al XVIII secolo dai Pontefici nei confronti delle città con le quali entravano in conflitto. In effetti fu uno strumento politico che, sotto la forma di un provvedimento di carattere puramente religioso, comportava tra l’altro anche pesanti conseguenze economiche tra le quali la possibilità riconosciuta a qualsiasi individuo di potersi impossessare dei beni posseduti all’Estero dagli abitanti delle città colpite dall’Interdetto.
Ma nei secoli successivi alcuni Sovrani si avvalsero di uno strumento di interferenza nei confronti della Chiesa: lo Jus Exclusivae.
Era una sorta di Diritto-consuetudinario che si attribuirono i Re Cattolici di Spagna, di Francia e d’Austria nei secoli dell’Assolutismo. Tale Diritto veniva espletato dal “Cardinale della Corona”, che aveva il ruolo di proteggere gli interessi del proprio Sovrano attraverso l’esercizio del Veto nelle decisioni del Collegio Cardinalizio durante il Conclave.
Lo Jus Exclusivae fu esercitato per l’ultima volta nel Conclave del 1903 quando l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, attraverso il suo Cardinale, pose il veto nei confronti del Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, in quanto ritenuto troppo filofrancese, per cui al soglio Pontificio salì Giuseppe Sarto che prese il nome di Pio X e che il 20 gennaio del 1904 con la Costituzione Apostolica COMMISSUM NOBIS vietò in modo categorico la possibilità di esercitare tale interferenza.
SOVRANITÀ
nascita di un termine giuridico
Sovranità è un termine ricorrente nel nostro linguaggio sia storico che politico e giuridico. Attualmente lo si usa con vari significati: Sovranità dello Stato, Sovranità del Popolo, Sovranità Monetaria ed addirittura Sovranità del Consumatore.
Ma questo termine ha lontane origini.
Risale all’inizio del Basso Medioevo e precisamente all’epoca degli aspri contrasti tra il Papa Gregorio VII e l’Imperatore Enrico IV quando le due massime Autorità dell’epoca si disputavano il Primato sulla Società Cristiana.
Chi dei due poteva legittimamente considerarsi “SUPERIORE”?
Nel tardo Medioevo ormai la lingua latina aveva subito una certa trasformazione per cui il comparativo non veniva più espresso col termine SUPERIOR ma con quello di SUPERANUS.
E quando le due Scuole di Pensiero formate da insigni Giuristi, una a favore del Papa ed un’altra a favore dell’Imperatore, formularono dotte argomentazioni su chi dei due fosse superiore usarono proprio il termine Superanus, da cui è derivato quello di Sovranità attualmente usato nelle sue varie accezioni.