si scurisce un poco. All’orizzonte la quinta di Tor Caldara
separa il mare dal cielo. Un cielo coperto, denso
ma luminoso che riflette la sua chiarità nell’acqua.
La nota dominante è data dalla vegetazione e dalle
rocce del promontorio: terra di Siena, ocra e giallo per i
toni caldi; blu oltremare e bruno per quelli freddi. Ora si
deve calibrare attentamente il più e il meno. L’ocra
schiarita in lontananza avanzerà verso di me allargandosi
abbondantemente su tutta l’arena scurendosi in primo
piano.
Il grigio del mare chiuso all’orizzonte si spalancherà in
un il cielo chiarissimo.
G.B
LA COMPLESSA STORIA
DELLA RUSSIA/14
di Francesco Bonanni
Nel 1740 la Zarina Anna, poco prima di morire, designò
suo erede al Trono il neonato nipote della sorella Caterina,
Ivan VI, sotto la Reggenza del suo Favorito, il baltico
Biron. Ma Biron dopo solo tre settimane venne rovesciato
dalla Guardia Imperiale che proclamò Reggente
la madre di Ivan, Anna Leopoldovna, col tedesco Munich
come Ministro che a sua volta nel 1741 viene soppiantato
da Osterman.
Ma la Guardia Imperiale era stanca di vedere il Paese in
balia di quelle contese tra stranieri per cui insieme agli
Ambasciatori di Francia e di Svezia organizzò un Colpo
di Stato a favore di una vera russa: Elisabetta, figlia di
Pietro il Grande.
Nella notte del 6 dicembre del 1741 alla testa dei Granatieri
Elisabetta arrestò Ivan ed Anna e salì al Trono.
Elisabetta, seconda figlia di Pietro il Grande e di Caterina
I, nacque quando il Matrimonio dei genitori era ancora
segreto e per la sua educazione fu affidata a Governanti
francesi, italiane e lettoni per cui ebbe una perfetta
padronanza della lingua francese, di quella tedesca, di
quella italiana, di quella svedese e di quella finlandese.
Dal padre ereditò un forte temperamento sensuale: tra
l’altro ebbe come amante un Sergente e una relazione
con un giovane Cosacco che forse sposò.
Fu amante dei divertimenti e portò a Corte la lingua
francese e la sua Cultura e, malgrado alcuni aspetti del
suo carattere, fu molto popolare.
Seppe scegliere per i vari compiti di Stato persone capaci
e apparve una vera russa, di gran lunga migliore dei
suoi predecessori con i loro amanti stranieri.
Inoltre Elisabetta favorì la Classe Nobiliare che l’aveva
portata al potere. Con lei si rafforzò l’Istituzione Monarchica
che fu sostenuta e rafforzata dalla Classe di
Proprietari Fondiari e finalmente il suo Regno, durato
vent’anni, non ebbe grandi scosse né ammutinamenti e
repressioni. Infatti ebbe il gran merito di aver ristabilito
l’ordine interno dopo tanti Colpi di Stato e di aver ripulito
la Corte dai vari intriganti Principi stranieri presenti
a San Pietroburgo, soprattutto il pericoloso e malvagio
Biren, amante di Anna Ivanovna.
Fu abolita la Pena di Morte e la Chiesa riacquistò il suo
Potere. La Sovrana, inoltre, concesse alla Nobiltà il privilegio
di detenere terre popolate, impedendo a chiunque
altro di acquistarne.
Sotto il suo Regno la Russia conseguì importanti vittorie
militari contro la Svezia e la Prussia di Federico II
assumendo così una posizione di rilievo tra le Potenze
Mondiali e si ebbe inoltre un notevole sviluppo del
Commercio e dell’Industria.
Elisabetta si dimostrò degna erede di suo padre.
Proseguendo la linea riformatrice di Pietro il Grande
proseguì nella politica di colonizzazione della Siberia
con l’intento di estendere il più possibile l’influenza
russa su quelle regioni.
Inoltre risanò con sagge riforme amministrative il Bilancio
dello Stato che e si trovava in gravi condizioni.
Pietro Suvalov, consigliere della Regina, grande autore
di Piani Economici e possessore egli stesso di Monopoli
e Fattorie (luoghi di pesca nel Mar Bianco, di caccia alle
foche nel Caspio, Miniere nell’Ural) ispirò numerose
misure progressiste come l’abolizione delle Dogane Interne,
la fondazione di Banche e la preparazione di un
nuovo Codice. Elisabetta, pur persona di scarsa cultura,
ebbe meriti anche in Campo Culturale.
Sulla spinta del Circolo Illuminista presente a Corte, nel
1755 fondò l’Università Statale di Mosca, la più antica
della Russia ed aprì quella di San Pietroburgo, attirando
Intellettuali ed Artisti da tutta Europa tra i quali l’Architetto
italiano Bartolomeo Rastrelli che sviluppò uno stile
particolare, una corrente del barocco russo, chiamato
“Barocco Elisabettiano” dal nome della Sovrana russa e
che può essere considerata un’espressione del Tardo Barocco
europeo. Elisabetta, figura carismatica amata sia
dal Popolo che dall’Aristocrazia che ebbe il merito di
consentire alla Russia di riconquistare il ruolo di Grande
Potenza, morì il 5 gennaio del 1762.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
La nostra vita per perifrasi
di Giancarlo Marchesini
Lo stato dell’arte
Uno degli assunti della traduttologia è che la traduzione
è sempre possibile, indipendentemente dal patrimonio
lessicale della lingua d’arrivo (Jakobson, On Translation
1959). Difatti, se la nostra lingua non dispone del
termine esatto per tradurre il messaggio della lingua
straniera (inopia verborum = assenza di parole), potremo
ricorrere a una perifrasi, cioè descrivere la nozione
con altre parole. Jakobson afferma, a ragione, che ogni
lingua ha la capacità di descrivere se stessa (il dizionario
ne è un esempio) e quindi di esprimere con altre parole
un contenuto per il quale non possiede il corrispondente
esatto.
C’è un limite ovviamente: quando il termine da tradurre
viene usato con una valenza inusitata (in poesia o in letteratura,
ma anche in pubblicità o nei blog degli influencer)
perché l’uso di una parola specifica, in un contesto
specifico e con assonanze specifiche si pone come
espressione artistica. In questo caso la perifrasi perde il
suo valore comunicativo, non ha più lo stesso impatto
dell’originale, lo stesso spessore semantico.
Jakobson conclude la sua argomentazione
con questo aforisma: “Le lingue non si distinguono per
quello che possono esprimere ma per quello che devono
esprimere”. E proprio questa frase mi spinge a parlare a
ruota libera del fenomeno della lingua.
Intraducibile?
C’è un termine tedesco che indica quei bambini che fissano
una persona, che a loro sembra strana, in modo insistente
e spudorato: Glotzkind. il verbo glotzen viene
usato soprattutto con un’accezione negativa. I dizionari
non ci aiutano: suggeriscono “guardare a occhi aperti,
essere sbalorditi”... Il tedesco DEVE, come dice Jakobson,
(e lo fa con una certa cattiveria), esprimere una nozione
che l’italiano non ritiene sia necessario esprimere
in questo modo. Al massimo dal punto di vista situazionale
potremmo pensare, per riprodurre la forza del termine
tedesco, a una madre che rivolge al figlioletto questo
rimprovero: “Non stare lì a guardare come un cretino”.
Ma un Glotzkind non è necessariamente un cretino,
è un bambino che guarda a bocca aperta, in modo irriguardoso
e insistente: irriguardoso e insistente: ecco la
nostra perifrasi.
Spesso ci serviamo di perifrasi per mitigare l’impatto
di alcune affermazioni: si è spento, è passato a miglior
vita, ci ha lasciati invece di un puro e semplice è morto.
Dobbiamo concludere che la perifrasi sia la punta di
diamante dell’ipocrisia? Non necessariamente; la perifrasi
è una ricchezza della lingua.
La Bibbia, il libro dei libri
Nel racconto biblico Adamo ed Eva parlavano una lingua
perfetta e in questa lingua avevano dato il nome alle
cose e agli animali. Dare il nome in una lingua perfetta
significa essere il padrone di esseri animati o inanimati.
La lingua perfetta è uno strumento di dominio. Con il
peccato originale i nostri progenitori persero questa capacità
di indirizzarsi all’essenza delle cose, alla loro natura
intima e cominciarono ad esprimersi per perifrasi,
descrivendo le cose anziché possederne il nucleo originario.
La Torre di Babele fece il resto e da un’unica lingua
descrittiva nacquero tutte le lingue che noi oggi definiamo
naturali.
Non credo che abbiamo perso molto descrivendo per
perifrasi il mondo che ci circonda. La perifrasi è uno
strumento della letteratura e della poesia: La bocca sollevò
dal fiero pasto è una frase molto più pregnante che
non l’affermazione che il Conte Ugolino stia rodendo il
teschio dell’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini. L’albero
cui tendevi la pargoletta mano è una perifrasi (per
indicare il melograno) commista ad un sovvertimentologico
(metonimia): non è la mano che è pargoletta ma il
figlio di Carducci.
La perifrasi, insieme con la metafora ed altre figure retoriche
è il sale della lingua, il dominio dell’inventiva.
La perifrasi è infinitamente più duttile del linguaggio di
un computer, esprime un multiverso immaginifico che
non è accessibile a chi ragioni in termini analogici (l’intelligenza
artificiale).
Mi sono divertito a far tradurre a Google un passaggio
di un rito esorcistico latino: la roboante frase finale con
cui il maligno viene fatto indietreggiare e costretto ad
uscire dal corpo del posseduto, et exercitusfuroristuifestinusdiscedas
è stata tradotta con TE NE VAI, alla faccia
delle perifrasi, delle metafore e del furoreggiante
climax della lingua ecclesiale!
YOUNG SOPHIA
Il pensiero dei giovani
LA MIA PASSIONE
PER LA CHITARRA CLASSICA
di Roberto Cardinali
(ex allievo L. M. Chris Cappell College)
La Storia dell'omaggio musicale/1
Nel corso della storia della musica, i compositori hanno
creato nuove composizioni attingendo alla musica del
passato, un dilemma continuo tra due estremi: tradizione
e innovazione. Da una parte un compositore può
imitare la musica esistente in maniera troppo ravvicinata,
ma questo atteggiamento potrebbe essere considerato
noioso, o peggio ancora, un plagio; d'altra, se un compositore
cerca di innovare drasticamente, il pubblico potrebbe
non capire o accettare il nuovo lavoro. Alcuni
compositori cercano di creare un equilibrio tra questi
estremi, prendendo in prestito dalla musica del passato
e creando musica che appartiene chiaramente al presente.
Prendere in prestito da altri compositori e da tempo
parte della cultura musicale occidentale