Appuntamento con il recital di poesie e musica con i “Poeti Estinti”
8 marzo a Villa Sarsina
Sta per giungere l’8 marzo, giorno
dedicato alle donne alle quali,
proprio in quel giorno viene donato
il fiore della mimosa che
rappresenta bene l’energia, la forza
e la tenacia caratteristiche del
mondo femminile. La scelta di
questo fiore risale al 1946 quando
due donne, Rita Montagnana che
aveva preso parte alla lotta partigiana
e Teresa Mattei, militante
comunista, lo scelsero per omaggiare
le donne. La giornata internazionale
della donna è invece
nata negli USA nel 1908, quando
le donne socialiste si radunarono
per la prima volta nel Garden
Theater di Chicago. L’8 marzo è
una giornata speciale che ci rammenta
l’importanza della donna
nella nostra vita: madre, moglie,
compagna, amica, sorella, figlia.
Tante sfaccettature della personalità
di quest’essere che non ha
nulla da invidiare all’uomo in
ogni campo, affettivo, lavorativo,
sociale, ma che comunque sa affermarsi
grazie alla sua femminilità,
sa affrontare le problematiche
che ogni giorno la vita ci riserva.
Tutto queste tematiche e tante altre
verranno affrontate dai ‘Poeti
Estinti’ ad Anzio, a Villa Sarsina,
alle ore 17:30 dell’8 marzo con
ingresso libero. Grazie alla genialità
del regista Maurizio Stasi presenteranno
le loro opere in un Recital
di poesie e musica: Cristiana
Temperilli, Danila Marzia Venezia,
Lucia Catacci, Maria Grazia
Vasta, Maria Vittoria Catapano,
Paola Leoncini, Rita Cerasani,
Rossana Venturelli, Maria Grazia
Scordino. L’accompagnamento
musicale è del M° Concetta Acresti,
soprano Genny Bramato e le
allieve Azzurra Bianchi e Marta
Lopo.
I ‘Poeti Estinti’ vi aspettano numerosi.
Rita Cerasani
Rifiuti in via Ardeatina
Una discarica di rifiuti a cielo
aperto sorge a pochi passi dal mare
e dal centro della città, sulla via
Ardeatina, a poche centinaia di
metri dallo stabilimento balneare
“Rivazzurra”. L’ennesima, potremmo
dire, sul territorio della
neroniana, sul quale quotidianamente
si verifica lo sversamento
illegale di nettezza urbana e di rifiuti
speciali. Decine di sacchetti
contenenti materiale di risulta ricavato
da cantieri edili e non
smaltiti secondo le procedure di
legge ma anche buste con bottiglie
di plastica, residui di cibo e
addirittura giocattoli vengono abbandonati
nei vari quartieri periferici
e restano a “giacere” in loco
per diverse settimane.
“Ecco l’accoglienza che diamo -
scrivono alcuni cittadini su Facebook
- a pochi mesi dall’inizio
dell’estate, dove il turismo dovrebbe
essere la tutela di tutti”.
Il problema dei rifiuti non riguarda
esclusivamente un fattore di
benessere ambientale e fisico per
le migliaia di residenti e cittadini
che scelgono Anzio come meta
turistica per trascorrervi le vacanze
estive o anche solamente un
weekend, ben accolti dai più ben
noti ristoratori locali per specialità
culinarie vista mare.
Il degrado ambientale accompagna
sovente quello sociale. Una
cittadina in stato di incuria ambientale
rappresenta terreno fertile
per l’attecchimento di azioni
criminose. È facile per i malintenzionati
pensare che un luogo che
alla vista si presenta in stato di
abbandono e trascuratezza sia di
conseguenza un sito non attenzionato
e che dunque proprio lì si
possa agire fuori legge, perpetrando
reati come furti, rapine e scippi,
che non di rado contengono
anche l’uso della violenza e della
minaccia. Tali reati menzionati
sono ormai all’ordine del giorno
nella cittadina a sud del litorale
romano, insieme ad aggressioni e
risse che “animano” le serate del
fine settimana.
Viene da chiedersi se dopo lo
scioglimento del comune per condizionamento
della criminalità organizzata,
il porto di Anzio continui
ad essere solo una passerella
per i “grandi della politica” che
fanno visita alla bella neroniana o
se le problematiche che hanno
portato a ciò, siano davvero al
centro del dibattito politico - locale
e regionale - per il risanamento
di una democrazia a tutela del cittadino,
ormai “macchiata” da tanta
corruzione e gestione inefficace.
L.P.
La mimosa come simbolo della celebrazione
Festa della donna
Tutti la conoscono comunemente
come “Festa della donna”, ma in
pochi sanno perché la Giornata
internazionale della donna (questo
il nome ufficiale della ricorrenza)
si festeggi l’8 marzo di
ogni anno.
La celebrazione è nata per ricordare
sia le conquiste sociali e politiche
delle donne, sia le discriminazioni
e le violenze che le
donne subiscono tuttora nel mondo.
Le sue origini, tuttavia, sono
lontane e risalgono ai primi anni
del 900, l’8 marzo si ricorda la
morte di centinaia di operaie, uccise
nel rogo di una fabbrica di
Cottons divampato a New York
nel 1908.
La scelta della mimosa come fiore
simbolo della celebrazione, risale
all’8 marzo 1946, quando,
con la fine della guerra, l’8 marzo
venne festeggiato in tutta Italia.
Noi donne siamo ancora prigioniere
di stereotipi difficili da sradicare
nella nostra società.
Allo stato attuale, lo strumento
più importante è la Convenzione
di Istanbul, che prevede norme
giuridiche vincolanti per la prevenzione
della violenza sulle donne,
la protezione delle vittime e la
persecuzione dei perpetratori, ma
difficilmente viene applicata.
La violenza contro le donne è
profondamente radicata nelle diseguali
relazioni di potere tra uomini
e donne nelle società, inoltre
i pregiudizi, gli stereotipi di genere
e le pratiche dannose perpetuano
l’idea che le donne siano inferiori
agli uomini. Tutto ciò è aggravato
per molte donne che subiscono
discriminazioni intersezionali sulla
base, ad esempio, di razza, etnia,
casta, età, disabilità, identità
di genere, orientamento sessuale,
religione, stato civile e/o altre caratteristiche.
Contro queste convinzioni
dannose, la Convenzione
di Istanbul invia un messaggio
chiaro: non ci sono scuse per violenze
e abusi.
I governi dovrebbero mettere in
atto misure preventive per cambiare
gli atteggiamenti e smantellare
le norme di genere modellate
da stereotipi dannosi e modelli
culturali discriminatori che possono
a loro volta portare gli individui
e le società a perdonare o accettare
la violenza contro le donne.
Certo la donna si è emancipata,
ha trovato il coraggio di ribellarsi,
di parlare, ma purtroppo a non essersi
emancipato sono l’uomo e la
società stessa.
La stessa società e burocrazia non
protegge le donne dai carnefici e
permette loro di radicare il terrore
tra le mura domestiche.
L’evoluzione tecnologica è andata
avanti ma noi siamo ancora fermi
al Medioevo.
I numeri restano costanti e allarmanti
e il numero aumenta se si
considerano i suicidi e i tentati
omicidi riconducibili a questo tipo
di scenari. Le violenze sono
aumentate e non tutti i casi arrivano
all’autorità giudiziaria, spesso
le donne non hanno il coraggio di
denunciare.
L’uso estremo della violenza e
della forza si rivela anche un atto
di debolezza per gli uomini accecati
dalla gelosia e dal possesso,
sono uomini che non accettano la
fine di una relazione.
Il possesso e l’esasperato controllo
non hanno nulla a che vedere
con l’amore il femminicidio è un
delitto d’odio motivato da una
sorta di lesione alla sfera narcisistica
dell’uomo.
Un tempo si parlava di delitto
(delitto d’onore) passionale o d’amore,
che tendeva a giustificare il
fatto, oggi con il termine femminicidio
si vuole contraddistinguere
la gravità e il tipo di reato
nell’opinione pubblica.
La maggior parte di questo tipo di
omicidio si consuma quando la
coppia è nella fase terminale, perché
si tratta di soggetti che tentano
con ogni mezzo, prima attraverso
la violenza poi con atti persecutori
e in ultimo attraverso l’omicidio,
di ripristinare una condizione
di controllo assoluto sulla
vita della partner che diventa vittima.
Le modalità in cui si manifestano
le violenze non sono solo fisiche,
ma anche psicologiche, verbali e
non si svolgono all’interno delle
sole mura. I sintomi e gli atti di
maltrattamento sono spesso evidenti
campanelli d’allarme.
L’unica parola chiave è la
Prevenzione che nessuno
attua in modalità costante.
Evviva le Donne.
Anna Silvia Angelini