La lotta contro il surriscaldamento è anche una lotta di piccoli gesti quotidiani
Piantare 60 milioni di alberi
La lotta contro la produzione di Co2 trova ancora resistenze negli egoismi di grandi potenze i cui leader continuano a voler far credere nella inesauribilità delle risorse naturali. Ciò non deve scoraggiare le nazioni minori, perché la salvezza è nelle mani di tutti, anche della nazioni piccole e della grandi e piccole città e del nostro quartiere e del nostro singolo comportamento quotidiano. Ridurre le emissioni non è facile perché una tecnologia, troppo spesso rivolta ai benefici immediati ed al guadagno, necessita forti e costosissimi piani di riconversioni. Ma se i piani di riduzione delle emissioni necessitano di molto tempo e di ingenti capitali si può subito cominciare a mettere in atto pratiche virtuose per ridurre la CO2. Non è un’idea nuova ma nuova è la proposta in Italia che riprendo dal servizio di divulgazione della Federazione Rinascita Forestale Ambientale (FeRFA) che si sta battendo a tutti i livelli per ricostituire il Corpo delle Guardie Forestali abolito dallo scellerato provvedimento del Ministro Madia. Il progetto è semplice ed è quello di mettere a dimora oltre 60 milioni di alberi autoctoni nelle cinture urbane dei maggiori comuni italiani. Un albero per ciascun cittadino italiano da piantare nei prossimi anni nei centri abitati soffocati da smog, traffico e rumore. Creare tante piccole foreste urbane nelle zone degradate e nelle aree rimaste libere delle nostre città. Il tutto per una superficie forestale aggiuntiva di oltre 60.000 ettari. Per intenderci, si tratta di realizzare nuovi boschi urbani per una superficie equivalente a 100.000 campi di calcio. L’idea è venuta allo scienziato/scrittore Stefano Mancuso, al Presidente di Slow Food Carlo Petrini e al Vescovo di Rieti Domenico Pompili. Il progetto è stato ripreso dal mondo scientifico, universitario e istituzionale operante nel settore forestale (SISEF, CREA, CONAF, UNCEM...) e ha avuto il patrocinio, il supporto e l’adesione totale della Direzione generale delle foreste del Mipaaf. Anche la FeRFA ha aderito in modo convinto a questo progetto visionario e bello. Fin qui tutto bene. Il problema nasce dal fatto che l’Italia non ha più a disposizione 60 milioni di piantine forestali autoctone e certificate da mettere a dimora. I vivai forestali del Corpo forestale dello Stato trasferiti anni fa alle Regioni e alle Comunità montane sono stati quasi tutti chiusi o abbandonati. I pochi vivai italiani funzionanti possono disporre tra qualche anno al massimo di 5 milioni di piantine forestali autoctone. E questo non è l’unico problema. Non mancano soltanto gli alberi e i vivai forestali. Con la soppressione del Corpo forestale dello Stato stanno venendo meno anche le competenze professionali e le strutture tecniche necessarie per progettare e realizzare in tutta Italia questo importante cantiere verde nonché per gestire bene questo futuro patrimonio forestale. Il più importante, pulito e sostenibile cantiere pubblico che l’Italia potrebbe mettere in piedi nei prossimi anni rischia di non vedere mai la luce, perché il Paese e il popolo italiani hanno perso il loro servizio forestale nazionale, per essere questo stato soppresso oltre tre anni fa e trasformato in una Forza armata con prevalenti compiti di repressione e di polizia. Ci si sta accorgendo che questi nuovi cantieri verdi potrebbero essere aperti già nei prossimi mesi soltanto nelle 5 Regioni a statuto speciale. Ossia, in quelle regioni che sono state escluse dalla riforma Madia e che, per fortuna, hanno mantenuto i propri Corpi forestali, con i loro vivai, mezzi tecnici, strutture dedicate e personale civile specializzato. Ma nelle altre 15 regioni a statuto ordinario il problema è serio. L’Italia non ha più un servizio forestale nazionale. La Forestale non esiste più e i Carabinieri per loro vocazione, cultura, addestramento e formazione professionale non sono forestali né potrebbero mai esserlo. Forse è arrivato il momento di rivedere in chiave critica la riforma Madia e cercare di ripristinare il Corpo forestale dello Stato o istituire una nuova struttura operativa specializzata molto simile alla Forestale che 60 milioni di italiani erano abituati a vedere operare nei nostri boschi. Ma bisogna fare presto, prima che i forestali formatisi nell’ex Corpo forestale dello Stato vadano in pensione o che i forestali più giovani arruolati nel Corpo forestale poco prima della sua soppressione dimentichino quel poco che avevano fatto in tempo a imparare. Il principio è sempre lo stesso, ognuno deve fare un picciolo gesto concreto ed è un gesto valido e concreto quello di aderire a questa iniziativa e con contribuire anche con il semplice personale convincimento alla ricostituzione di una “entità” competente e dedicata che torni a protegge il verde del nostro Paese.
Qualcosa si sta muovendo a livello legislativo, forse presto di potranno correggere i danni che la riforma Madia ha fatto alla natura di questo Paese, ma ci vorrà tempo prima di potere disporre di un Corpo dedicato a difendere uno dei beni essenziali della sopravvivenza: la natura.
Sergio Franchi
Si torna a parlare di telecamere per multare gli incivili
Un tentativo inutile
Si torna a parlare dell’installazione di telecamere nel Comune di Anzio e, con un tempismo encomiabile, lo si è fatto proprio quando l’emergenza estiva rifiuti si stava esaurendo. Queste sono le telecamere targate Ranucci ed io mi domando “che fine hanno fatto quelle targate Placidi?”. Quelle con cui l’assessore promise che avrebbe stroncato gli “zozzoni”. Chi sa quanti zozzoni ha castigato? So per certo quali sono stati gli effetti sul territorio: nessuno se abbiamo passata un’altra estate invasi dalla monnezza. Non so perché coloro che amministrano il nostro Comune non vogliano decidere di adottare i provvedimenti necessari a risolvere i problemi o che almeno offrano qualche seria probabilità di riuscirvi! La produzione dei rifiuti avviene nelle abitazioni e negli esercizi produttivi e commerciali, essi vanno raccolti nel modo appropriato e selezionato proprio li dove vengono prodotti; ove ciò non avvenga il servizio non ha successo; ove ciò avvenga nelle modalità drammatiche vissute nei quartieri di Anzio, il servizio ha fallito. Il manager professionalmente preparato che fa? Cerca le ragioni per cui la raccolta non avviene alla fonte e cerca di rimuovere gli ostacoli che lo impediscono; il manager incapace che fa? Accetta che i rifiuti vengano gettati in quantità industriali nelle strade dei quartieri di Anzio e, a valle del problema, cerca di multare lo 0,0001% degli incivili con la speranza che almeno qualcuno di essi paghi la multa. E magari va in giro a raccontare che sta risolvendo il problema della raccolta dei rifiuti con “tolleranza zero!”.
Lascio la conclusione ad ogni persona dotata di un numero anche modesto di neuroni. Da un’indagine empirica condotta, due anni fa, dagli amici del Comitato per Lavinio si rileva che il 95% di coloro che non pagano la TARI, e non posseggono nemmeno i mastelli di raccolta, abbandonano i rifiuti in strada. Allora perché non andare a trovare quelli che non pagano la TARI che sono oltre la metà dei cittadini di Anzio? Perché non fare ingiunzioni di pagamento ai conduttori di quegli immobili? Perché non andare a trovare gli immobili non censiti e chiedere al loro conduttore se paga la TARI? Ed ancora, piu semplicemente: perché non emettere ingiunzioni esecutive a tutti coloro che sono morosi da anni? Perché dare a bere ai cittadini che pagano i tributi regolarmente che si sta facendo la guerra ai furbetti sporcaccioni? Ma ve lo immaginate l’incivile incallito, che in casa non ha nemmeno il secchio delle immondizie, che esce di casa col suo saccone nero e poi arriva in quell’area che rappresenta lo 0,000001% del territorio periferico dove è stata piazzata una telecamera che, cito dalle istruzioni del Garante “Importante è anche la sua visibilità in ogni condizione di luce. Un’informativa sulla privacy non tempestiva oppure poco visibile a causa del formato del cartello o per il suo posizionamento, espone al rischio di segnalazioni al Garante, con conseguenti sanzioni penali” e lo zozzone incallito che fa? Prende il suo saccone nero e lo riporta in casa. Ma in che mondo vive chi avvalora eventualità cosi cretine? E, poi, se nell’ipotesi remotissima che un incivile, che già ha una lista di bollette non pagate, venga multato , ve lo immaginate andare, il giorno dopo, alla posta a pagare la multa? Io vorrei che i dirigenti che prendono decisioni di questo genere si confrontassero con coloro che quelle decisioni sono costretti “ob torto collo” a finanziare e spiegassero quello che intendono fare e gli obiettivi che intendono raggiungere e, poi, se quegli obiettivi non vengono raggiunti, gli stessi dirigenti vengano invitati a fare un altro lavoro. Non vorrei essere frainteso: le telecamere sono molto utili ai giorni nostri nel campo del controllo della sicurezza e, in casi limitati, anche come strumento di dissuasione contro coloro che abbandonano rifiuti in una determinata zona, con la conseguenza scontata e dimostrata, che il tasso di abbandono aumenta a macchia d’olio nei dintorni del luogo controllato.
Esistono cento modi per liberarsi dei rifiuti senza correre nemmeno il piu labile rischio di essere fotografati. Si verificano casi in cui la presenza di telecamere funge da incentivo per l’incivile furbo ad abbandonare i suoi sacchi abusivi. Se non si ha coraggio di disturbare la lista di coloro che accumulano debito nei confronti dell’Amministrazione che, se ben ricordo, un paio d’anni fa includeva anche alcuni consiglieri comunali, allora si eviti di raccontare baggianate ai cittadini di Anzio; si eviti di raccontare che l’aspirina curerà il Covid19, si cerchi di essere intellettualmente onesti da capire che la gestione dei rifiuti non si fa contro i cittadini civili e nemmeno contro gli incivili. Perché con i cittadini civili si lavora insieme e con gli incivili? E’ compito del responsabile del servizio quello di civilizzarli con le buone o con le cattive. Se il responsabile del servizio non è capace ...se ne cerchi uno capace. Il resto è noia e spreco di danaro pubblico. Ne abbiamo parlato con l’Assessore Ranucci, che è forse il migliore di quelli che si sono avvicendati nel suo incarico di recente e che mi ha chiamato tempo fa per dirmi che le telecamere stanno provocando tante multe. Ho cercato, forse invano, di fargli capire che, anche se ciò fosse vero e anche se le multe verranno pagate non è cosi che si risolve il problema perché se la gente non partecipa, se non paga la TARI, se ha dovuto pagare una multa, non diventerà collaborativa e ligia alle regole. L’approccio repressivo nella gestione di un servizio del genere non serve e non paga. MAI.
Sergio Franchi