I danni ambientali che stiamo vivendo sulla Terra sono il risultato di anni di uso improprio delle risorse del Pianeta e della cattiva gestione dei propri rifiuti
Dove andiamo con questo inquinamento di mare e cielo
Navigando in internet talvolta si ha la fortuna di imbattersi in foto che nella propria semplicità racchiudono tutto: un mondo, un concetto, una problematica. È quanto mi è capitato di pensare vedendo le foto scattate da Andrea Gualandi. Andrea conosce bene il mare ed ama tutta la natura. Durante l’estate gestisce uno stabilimento balneare ad Anzio Lavinio dal nome Il Faraone, dove riveste anche la funzione di bagnino, e durante l’inverno spesso va a pescare per passione.
Il 7 novembre scorso, mentre era a pesca sottocosta con la sua piccola barca a circa 600 metri dalla riva, si imbatte in una scena che cattura la sua attenzione. Un piccolo gruppo di pesci pilota si stanno riparando sotto un vaso di plastica che galleggia. I pesci pilota si trovano in tutte le acque costiere dei mari tropicali e temperati compreso il nostro Mediterraneo, e sono soliti accompagnarsi ad altri pesci molto più grandi di loro con i quali instaurano una specie di convivenza simbiotica.
Quando sono molto piccoli si riparano sotto l’ombrello delle meduse e quando sono adulti si accompagnano a tartarughe o a squali, a mante ma anche ad imbarcazioni, come se dessero la rotta, da questo il nome pilota, sfruttando la scia del grande pesce che accompagnano, contribuendo alla sua pulizia in cambio della possibilità di cibo. È molto raro vedere questi pesci quando si va a pesca, proprio per queste loro abitudini. Sicuramente i piccoli pesci pilota incontrati da Andrea hanno scambiato il vecchio vaso di plastica per una medusa.
Ma che conseguenze può avere tutto ciò? Oltre alla innaturale ed inquinante presenza della plastica nelle sue varie forme e dimensioni nel mare con conseguenze dannose per gli animali e per l’ecosistema, vi è anche, come in questo caso, l’innaturale comportamento di una materia inanimata priva di volontà direzionale, che si lascia andare alla deriva e che porterà alla deriva con sé anche i pesci che hanno cercato protezione in lei. Una medusa, una tartaruga marina od uno squalo tornerebbero invece nella profondità del mare, seguendo un percorso logico di sopravvivenza all’interno dell’equilibrio dell’ecosistema. Andrea decide di fotografare i pesci incontrati non per la loro rarità ma perché la situazione rappresenta la problematica dell’inquinamento della plastica in mare e ciò che stiamo facendo al Pianeta. Questo scatto fotografico è emblematico del mondo che ci stiamo costruendo.
Un mondo dove la natura spesso viene mortificata, dove l’essere umano imperversa prepotente su ciò che lo circonda lasciando lungo il proprio cammino danni ambientali, diventando di fatto un parassita per il proprio Pianeta Terra che è un gioiello in tutto l’Universo.
I danni ambientali che stiamo vivendo sulla Terra sono il risultato di anni di uso improprio delle risorse del Pianeta e dei mezzi che l’essere umano si è creato e di una cattiva gestione dei propri rifiuti. Quando il progresso tecnologico si evolve ad una velocità troppo superiore al progresso civile, mentale e sociale umano, si hanno inevitabilmente problemi. Ma allora la soluzione quale è, smettere di progredire tecnologicamente? No. La cosa più sensata sarebbe di progredire maggiormente a livello di civiltà nella società globale, come mentalità, comportamenti, e soprattutto come gestione delle risorse e dei materiali sul Pianeta. Fortunatamente da anni oramai si fa attenzione alla problematica dell’inquinamento. Sono state fatte Leggi al riguardo per contrastarlo e campagne di sensibilizzazione in diversi ambiti della società. Ma l’uomo continua a sbagliare in alcuni suoi comportamenti e le sue azioni si ripercuotono nell’ambiente in termini di inquinamento.
L’inquinamento, nelle sue diverse forme, da quello acustico, elettromagnetico, luminoso, chimico, da plastica, ed altro, avvolge ormai tutta la Terra. Deriva fondamentalmente dalla incapacità dell’essere umano di gestire ciò che produce, che diventa in automatico poi rifiuto. Anche l’utilizzo eccessivo di ciò che l’uomo produce senza necessariamente creare un rifiuto può creare un danno, come l’inquinamento luminoso, che delle volte ha un impatto sulla natura e sugli animali molto più dannoso di ciò che ci possiamo immaginare. È emblematico al riguardo il fenomeno che coinvolge le piccole di tartaruga marina appena nate sulla spiaggia, programmate dalla natura per essere attirate anche dal riflesso della Luna sulla superficie dell’acqua e raggiungere così più facilmente l’acqua, che appena nate si dirigono invece in massa verso l’abitato umano che si trova appena oltre la spiaggia, attirate dalla luce e forse anche dal rumore, ma verso la morte certa.
Che ci vorrebbe in quel periodo a predisporre educatamente la chiusura delle illuminazioni notturne e gli inutili schiamazzi di un uomo che talvolta è solo capace di divertirsi senza saper guardare oltre la punta del proprio naso? Che cosa è la civiltà? L’uomo si dovrebbe interrogare maggiormente anche su questa domanda. E sicuramente, in una civiltà progredita, ci sta il giusto rispetto della natura, dell’ambiente, e degli animali. E qui si potrebbe allargare il discorso anche al termine empatia, che racchiude molto di ciò che ci permette il collegamento sensitivo con il resto del mondo e dell’Universo, ma che è al tempo stesso troppo assente nella sensibilità sociale. Proseguendo una veloce e ristretta panoramica sull’inquinamento possiamo ricordare che la Terra ormai è avvolta da una infinità di rifiuti spaziali che le orbitano intorno, derivanti fondamentalmente da satelliti in disuso e residui di lanci di razzi. Ormai sono talmente tanti che costituiscono un pericolo per i nuovi lanci. Siamo riusciti ad inquinare anche l’orbita terrestre! Tornando sulla Terra c’è ancora molto da dire sull’inquinamento da plastica. La plastica è difatti un materiale non biodegradabile che ci mette da un minimo ad un massimo di 10-1000 anni a degradarsi, in base allo spessore ed al tipo di materiale, ed al luogo. Un sacchetto di plastica non biodegradabile in mare ci mette dai 10 fino ai 30 anni a degradarsi. Una bottiglia in plastica dai 100 ai 1000 anni. Anche il polistirolo ci mette 1000 anni a degradarsi. La plastica costituisce la maggior parte degli oggetti che ci circondano. Un suo errato smaltimento o comunque una sua innaturale diffusione nell’ambiente porta ad uno squilibrio e a notevoli danni ambientali. Sul suolo l’impatto della plastica è più diffuso di ciò che si pensa e come assorbimento da parte delle piante e degli animali. Uno studio pubblicato su Environmental Scienze e Technology condotto da scienziati dell’Anglia Ruskin University, Regno Unito, dimostra che un terreno contaminato da microplastiche danneggia i lombrichi, con il conseguente ulteriore impoverimento del terreno (già precedentemente inquinato). Anche le piante possono assorbire le microplastiche, lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Nanotecnology condotto da un team di ricercatori cinesi sia dell’università di Shandong e sia dell’Università del Massachusetts.
Le piante cresciute su un tipo di terreno contaminato da microplastiche hanno avuto un accrescimento inferiore rispetto a piante cresciute su un terreno non contaminato, mostrando anche un assorbimento delle micro particelle. Servono comunque ulteriori studi di approfondimento relativi alla contaminazione ed assorbimento da parte degli organismi vegetali della plastica. Se si pensa ai terreni agricoli, alle discariche abusive, all’inquinamento derivate dalla presenza involontaria di microplastiche portate dal vento dato che ne sono state trovate tracce in posti disabitati dei Pirenei e anche nell’Artico, e se si pensa anche al compost non di qualità che può contenere tracce di microplastiche come evidenzia uno studio tedesco pubblicato su Science Advances, si capisce come la problematica sia allargata. Nel mare la situazione è ancora peggiore perché l’inquinamento che sta nella terra, sia esso chimico o sia da plastica, attraverso i canali ed i fiumi finisce in mare. Ad oggi sono presenti negli Oceani delle Isole di plastica galleggiante formatesi con il gioco delle correnti. La superficie dell’isola in plastica che si trova nel Oceano Pacifico è stimata tra i 700.000 km2 ed i 10.000.000 di km2. Un’altra Isola simile è presente sull’Oceano Atlantico, ma ve ne sono altre, ed una sesta potrebbe essere informazione nel Mare di Barents. A parte l’inquietante presenza delle mega isole di plastica galleggianti sulla superficie degli oceani e non solo che supera i film horror e che stimola i conati di vomito, anche la presenza delle microplastiche nel mare è un serio problema.
I pesci le ingeriscono involontariamente e involontariamente di conseguenza le ingeriamo anche noi attraverso il cibo, senza contare che un mare più inquinato, rende più cagionevole la salute degli animali favorendo lo sviluppo di malattie. Anche la presenza di singoli rifiuti di plastica sparsi costituiscono un pericolo per gli animali. Molte tartarughe marine perdono la vita ogni anno perché ingoiano pezzi di plastica e buste che scambiano per loro cibo o meduse. La stessa sorte capita a delfini e ad altri pesci. Inoltre rifiuti in plastica e pezzi di rete possono ridurre la mobilità dell’animale marino che, se non diventa preda, finisce agonizzante sulla spiaggia. Ma sul nostro litorale la situazione come è? Andrea è un uomo che vive il mare tutto l’anno e sicuramente ha la percezione della salute dell’ambiente che lo circonda. Decido quindi di chiedere a lui impressioni sulla salute del mare locale di Anzio e del litorale nel corso del tempo, anche perché rifletto che dovrebbe esserci stato un miglioramento nei mari in generale da quando sono state vietate le buste di plastica.
Andrea nota che la limpidezza del mare è migliorata moltissimo e che anche di buste di plastica adesso se ne trovano pochissime, ma vede un peggioramento per quanto riguarda altri oggetti come tappi, cartucce di cacciatori, barattoli. Spiega che quando piove molto forte i fiumi in piena come il Tevere riversano in mare di tutto e quando il mare si muove e ci sono le mareggiate questo tutto poi finisce sulle spiagge e anche la situazione dei fossi presenti sul territorio contribuisce a ciò che viene riversato in mare e sulle spiagge locali, e si domanda quando ci sarà una politica ambientale finalizzata a mantenere puliti ed in ordine i fossi ed i fiumi, a cominciare dal Tevere. Le riflessioni di Andrea sono molto interessanti. Certamente una politica ambientale su tutto il Pianeta finalizzata alla pulizia degli argini, al monitoraggio delle acque, al controllo degli scarichi abusivi, alla repressione delle discariche abusive nei pressi dei fossi e dei fiumi, può contribuire a cambiare qualcosa a favore della salute del mare. Oramai i rifiuti in plastica si trovano ovunque, anche nei posti più impensabili del suolo e del fondale sia marino e sia oceanico. E mentre la Terra sta letteralmente affogando nei propri rifiuti e nella plastica … c’è qualcuno che pensa di andare su Marte! … Come a dire: distrutto un Pianeta avanti il prossimo! … Ma prima di cercare di costruire basi su Marte o sulla Luna non sarebbe il caso di cercare di costruire un uomo Migliore? Educazione, Leggi, organizzazione possono fare molto. Del resto la società è un insieme organizzato di persone che interagiscono tra di loro in base a leggi regole e consuetudini ben precise. Magari cercare di eliminare la corruzione e la cattiveria, entrambe molto presenti sulla faccia della Terra e nel genere umano. Avremo anche meno Inquinamento! … Anche su Marte!
Angela Ambrosi