SIMPOSIO
LA MEMORIA DEI "GRANDI": NON SOLO DANTE
Gli anniversari ci consentono di riappropriarci del nostro importante passato e i settecento anni dalla morte del sommo Poeta ci ricordano la grandiosità di un’opera che ci rende eredi orgogliosi. A duecento anni dalla nascita di Dostoevskij la memoria ci impone di ampliare il nostro sguardo oltre i confini e ci aiuta a comprendere che i geni appartengono all'umanità intera.
Di Dante stiamo celebrando un intero anno di ricordi e commemorazioni, in un'esplosione di eventi ed incontri.
Di Dostoevskij, grandissimo scrittore che ha appassionato lettori di tutte le età e di tutto il mondo, si è parlato solo l'11 novembre scorso, nel giorno della sua nascita (Mosca, 1821).
Dostoevskij non ci ha lasciato solo preziosi romanzi, ma delle vere e proprie analisi dell’animo umano in tutta la sua terribile e meravigliosa grandezza. Un’analisi resa possibile dalle esperienze traumatiche di una vita che sperimentò il buio del “sottosuolo” della mente umana.
E poi anniversari più recenti e più vicini geograficamente, ma che quasi sfuggono: nel novembre 1921 nasceva Mario Rigoni Stern. Giuliana
MARIO RIGONI STERN
Ma tornando a noi, nel piccolo comune italiano di Asiago, terra di confine verso l’Austria, il 1° novembre di cento anni fa nasceva Mario Rigoni Stern.
L’Altopiano è una terra di prati e foreste avvolto da cime innevate, una terra contesa con l’Austria che vide sacrificati migliaia di giovani ragazzi. Egli stesso, inviato in Russia a combattere nella terra del Don, ha sperimentato la sofferenza di quei giovani soldati costretti a combattere contro altri giovani uguali a loro. Ritornato dagli orrori della guerra si dedicò a testimoniarne la memoria, attraverso il racconto. Ci parlò della vita dei semplici, della natura fantastica delle piante, degli animali e dell’essere umano che condivide con loro l’inarrestabile “necessità” della vita. Nella semplicità del suo narrare è racchiusa la profondità del suo insegnamento.
21 novembre giorno dedicato agli alberi
ALBERI
TESTIMONI DELLA STORIA
di fratellanza, di amore e di odio,
una storia di bellezza
Nel nord dell’Italia, i nostri confini non sono alti muri, non sono reticolati. I nostri confini, sono comestrette di mano con i nostri vicini incoronati dalle stesse maestose cime che, purtroppo, a pocoa poco, stanno denudandosi sotto un sole diventato troppo caldo.
Il Cirmolo, la forza della resistenza
Ai piedi dei vecchi ghiacciai ridotti a detriti e sassaie sporche, la vita resiste nonostante tutto. Contorti dalle sferzate gelide, dal peso della neve e dall’impietoso sole, una specie robusta resiste abbarbicata alle rocce, spingendo le proprie radicitra le crepe in cerca di un umido sollievo per la sopravvivenza. «Il suo ceppo iniziale era sul bordo e fu distrutto da un fulmine. Allora la radice ha ributtato in fuori, sopra il vuoto, un ramo orizzontale. […] Se ne sta a quota 2200, con gli ultimi tronchi che azzardano l’altezza, poggiati sbiechi su versanti scoscesi offrendo angolo retto al cielo». (Erri de Luca)
Pini, abeti, laricisentinelle contro il vento
Poi, scendendo di quota, maestose corone di foreste sempreverdi che vento e pioggia faticano a piegare. Qualche albero più alto degli altri cede, spezzato da un fulmine o rovesciato da una raffica troppo forte.
Un inaspettato privilegio per gli alberigiovani che possono così irrobustirsi alla luce ritrovata.
Faggi, querce, frassini per dare respiro all’estate
Ancora più in basso, iboschi recidui, che alla fine di ogni inverno, compiono il miracolo, si rinnovano dei colori della vita e al ritorno del freddo si spogliano dei mille colori della morte.È la storia di ogni essere vivente che respira la stessa aria per poter sopravvivere.
Ulivi, cipressi, mistici richiami dello spirito
In collina, gli uliveti sono nuvole d’argento e qualche cipresso spicca tra ghirlande di vigneti.In pianura, più rari, alberi ancora, sparsi qua e là o in file ordinate. Magnolie, abeti sempreverdi in boschetti per proteggere fattorie e animali. Lungo le strade i platani confortano dal torrido sole estivoe nelle campagne incontriamo pioppi, betulle, gelsi tra le vigne, salici che si rispecchiano nelle acque dei laghi,cipressi nei luoghi santi. Molteplici specie diverse,eleganti, insolite, snelle o maestose.Variegate forme naturali che ingentiliscono di spontanea bellezza l’opprimente caotica costruzione dell’informe mondo umano.
Gli esemplari più antichi, verimonumenti centenari,hanno assistito allenostrestorie, di amicizie, d’incontri, di violenze. Un faggio esemplare o una quercia centenaria hanno dato ombra e conforto a soste romantiche, ma anche a processi sommari per frettolose esecuzioni.Hanno assistito a guerre e a strette di mano. Ogni tanto un gesto nobile e pietoso ne testimonia la storia con una targa, una foto, una data… per non dimenticare.
Non è l’aria che si è mossa, è un qualche cosa che fa fremere l’erba, che fa fremere le fronde se ci sono alberi intorno, l’aria stessa, ed è un brivido che percorre anche la tua pelle. E per conto mio è proprio il brivido della creazione, che il sole ci porta ogni mattina. Mario Rigoni Stern
14 novembre su Skype
IMPATTO COSMICO
La storia è da riscrivere?
di Alfredo Bacchelli
La Scuola ci ha insegnato che …
Stando ai testi scolastici, nei primi millenni della vita dell'Homo Sapiens sulla Terra (età paleolitica, da un tempo indefinito e fino a circa 10.000 anni fa) gli uomini, riuniti in grandi famiglie, vivevano in rifugi occasionali, in maniera per alcuni aspetti simile a quella di altri primati, e si nutrivano della raccolta di cibo vegetale e di cacciagione. Erano quindi cacciatori-raccoglitori non stanziali.
Poi, nell'età Mesolitica, da 10.000 a 8.000 anni fa, iniziò la costruzione di capanne, in genere raggruppate a formare villaggi, e la coltivazione intenzionale di piante eduli. E qualche tempo dopo cominciò anche l'allevamento di alcuni animali, dai quali avere carne, latte e uova. La lavorazione più efficace della pietra portò a realizzare abitazioni più evolute e più resistenti sia alle intemperie che all'attacco di esseri ostili, anche col contributo di mura protettive attorno al villaggio.
Tra 8.000 a 6.000 anni fa, nel Neolitico, l'uomo cominciò a lavorare i metalli (nell'ordine, rame, bronzo e ferro). Così, verso la fine del Neolitico e con l'uso della scrittura, nacque la "Storia".
I resti delle costruzioni in pietra lavorata (o in mattoni) di quel periodo, i primi oggetti di metallo e le prime "cronache scritte" ne sono testimonianza.
Ma siamo certi che sia andata così?
Una scoperta sconvolgente
Circa 18.000 anni BP (Before Present), buona parte della parte Nord del continente americano era coperta da una coltre di ghiaccio spessa fino a 3 km, costituita da due ghiacciai: quello della Cordigliera a Ovest e quello Laurenziano centro-Orientale.
Secondo gli accademici, il disgelo di questa enorme area è avvenuto molto lentamente, in circa 16.000 anni. Ma nel secolo scorso (i1 '900) si scoprì che verso il 12800 BP erano avvenuti sul Continente Americano alcuni eventi catastrofici: il rapido dissolvimento dei ghiacciai continentali, con colossali inondazioni, l'inizio di una mini-glaciazione che fu chiamata Younger Dryas (YD) e l'estinzione degli animali terrestri di massa superiore ai 15-20 kg e dei Clovis, una comunità umana che viveva poco più a Sud dei ghiacciai, con uno stile di vita simile a quello degli "indiani d'America" del XVII-XVIII Secolo.
Opinioni contrastanti
La coincidenza temporale di questi fenomeni fu quasi del tutto ignorata dall'ambiente accademico (nel quale prevalevano gli scienziati Gradualisti). Secondo loro, gli animali si erano estinti per la caccia eccessiva da parte dei Clovis, mentre il periodo freddo che aveva fatto estinguere i Clovis, rimasti anche a corto del cibo più nutriente, era dovuto ad anomalie delle correnti oceaniche.
Secondo i Catastrofisti, invece, era stato l'impatto di una cometa sui ghiacciai a causare quei fenomeni, come spiegato nei due libri pubblicati nel 2006 e 2007 da Richard Firestone e Allen West in collaborazione con numerosi altri scienziati.
Sempre nel 2007, Rex Dalton (scienziato di ottima reputazione) pubblicò sulla rivista Nature un articolo a sostegno dell'ipotesi che lo Younger Dryas fosse stato causato dall'impatto di un grosso asteroide sul ghiacciaio Laurenziano.
La reazione dei Gradualisti a queste pubblicazioni, che demolivano le teorie sulle quali molti di loro avevano costruito le proprie carriere, fu molto dura e continua ancora oggi.
Ma ormai le prove accumulate negli ultimi 14 anni di ricerche hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che l'impatto è realmente avvenuto e il cataclisma che ne è derivato ha non solo sconvolto il continente americano ma ha anche prodotto effetti significativi su tutto l'emisfero Nord della Terra.
Le indagini (ora supportate da alcune università americane e della NASA) proseguono ed è molto probabile che la verità finirà per prevalere. A quel punto, la storia della Terra dovrà essere riscritta.